Sei un runner?

Sei un runner?

Sei un runner amatore o professionista che presenta un dolore laterale di ginocchio? Potrebbe essere la bandelletta.

Molto spesso runners e amanti della bicicletta soffrono di una condizione clinica caratterizzata da dolore nella porzione laterale del ginocchio o leggermente inferiore ad esso denominata sindrome della bandelletta ileotibiale o ginocchio del corridore; questa è una lesione da overuse/sovraccarico caratterizzata da dolore al ginocchio nella parte laterale, principalmente nella regione del condilo femorale che si manifesta soprattutto dopo movimenti ripetuti del ginocchio, tendenzialmente durante la corsa o in altri sport come ad esempio nel ciclismo che prevedono un gesto ripetuto in flesso/estensione di ginocchio.
Negli ultimi anni è stato riscontrato un aumento di questa problematica che si potrebbe associare al numero crescente di corridori in tutto il mondo anche perché la corsa è una forma economica di attività fisica che può essere svolta liberamente, ovunque e in qualsiasi momento della giornata.
La bandelletta ileo-tibiale è un ispessimento laterale del muscolo tensore della fascia lata della coscia. Prossimamente si divide in strati superficiali e profondi, è ancorata alla cresta iliaca e riceve le fibre dal tensore della fascia lata e dal grande gluteo. La bandelletta ileotibiale è generalmente vista come una banda di tessuto connettivo fibroso denso che passa sopra l’epicondilo femorale laterale e s’inserisce sul tubercolo di Gerdy nell’aspetto anterolaterale della tibia.

Dal punto di vista EPIDEMIOLOGICO la sindrome della bandelletta ileotibiale rappresenta la causa più comune di dolore laterale al ginocchio nei runners e nei ciclisti, ma occorre sottolineare che può anche presentarsi in atleti che praticano ad altri sport come ad esempio il tennis, il calcio, lo sci e il sollevamento pesi.

Dal punto di vista d’incidenza oscilla tra l’1,6% e il 12% nei corridori e in altri sport in cui vi è un reclutamento elevato del ginocchio. Nel ciclismo la percentuale è leggermente maggiore, circa il 15%. Alcuni autori affermano che la sindrome della bandelletta ileotibiale comprende il 20% di tutte le lesioni agli arti inferiori. 
Le donne sono colpite maggiormente rispetto agli uomini con un rapporto di 2:1. Raramente si verifica nella popolazione non attiva.

L’EZIOLOGIA della sindrome della bandelletta ileotibiale è fonte di discussione da diverso tempo ed è probabilmente di tipo multifattoriale. Per anni la letteratura ci convinse della teoria secondo cui alla base del disturbo ci fosse uno scivolamento ripetitivo della bandelletta ileotibiale contro l’epicondilo femorale laterale, durante i movimenti di flesso/estensione del ginocchio (ad esempio durante la corsa), che causava l’infiammazione dell’area di contatto in seguito all’attrito tra bandelletta e osso. Questo contatto tra la bandelletta e l’epicondilo laterale avverrebbe a 30 gradi di flessione del ginocchio; 
tuttavia, sono stati eseguiti vari studi anatomici i quali non hanno supportato questo movimento di scorrimento sull’epicondilo laterale in quanto la bandelletta ileotibiale risulta essere saldamente ancorata distalmente al femore, escludendone quindi una sua traslazione antero-posteriore ma piuttosto è stato osservato che i ripetuti movimenti di flesso estensione provocano un aumento di pressone a livello del cuscinetto adiposo che separa appunto il tendine dall’epicondilo femorale laterale; questo cuscinetto è stato scoperto da esami istologici che hanno evidenziato la presenza di un cuscinetto adiposo altamente innervato e vascolarizzato situato proprio tra la bandelletta e l’epicondilo e quindi la sua compressione durante il movimento potrebbe essere la causa del dolore laterale al ginocchio caratteristico di questo disturbo.
È possibile concludere affermando che non è la frizione tra la bandelletta e l’osso che genera l’infiammazione della bandelletta e di conseguenza il dolore laterale al ginocchio, bensì è l’irritazione del cuscinetto adiposo dovuta alla sua compressione che causa il dolore caratteristico di questa patologia.

 

Essendo di fronte ad una problematica multifattoriale, i FATTORI DI RISCHIO sono molteplici e inerenti diverse strutture:

  • Deficit muscolare dei flesso-estensori
  • Debolezza extrarotatori d’anca
  • Pronazione del piede aumentata
  • Rigidità della bandelletta ileotibiale
  • Corsa su superficie inclinata e/o in discesa
  • Variazione dell’allenamento/superfici

 

Tra i fattori biomeccanici sarebbe logico correlare la presenza di abduttori dell’anca deboli con la sindrome di frizione di banda ileotibiale, poiché gli abduttori deboli potrebbero portare ad una maggiore adduzione dell’anca durante la fase statica dell’andatura con un conseguente aumento della tensione della banda ileotibiale e una maggiore tendenza a comprimerla i tessuti sottostanti. Alcuni autori hanno riferito che i pazienti affetti da ITBFS presentavano una debolezza degli abduttori o una maggiore adduzione dell’anca durante la fase di appoggio dell’andatura, un risultato che poteva essere interpretato come dovuto alla debolezza dell’abduttore. Quindi, potrebbe esserci una correlazione tra la sindrome di frizione di banda ileotibiale e la debolezza degli abduttori d’anca o con problemi del timing e dell’ampiezza dell’attivazione degli abduttori d’anca durante il ciclo del passo e la quantità di adduzione dell’anca che si verifica durante il fase di marcia.

Potrebbe anche logico collegare la tensione dell’ITB alla sindrome da frizione di banda ileotibiale, poiché presumibilmente una banda più tesa porterebbe a una maggiore compressione dei tessuti sottostanti con ciascun ciclo del passo.

Alcuni autori hanno riscontrato una maggiore incidenza di ITBFS negli atleti che hanno un’iperpronazione del retropiede mentre altri autori hanno raggiunto la conclusione opposta ossia che i corridori con ITFS avevano una riduzione della pronazione del retropiede rispetto ai controlli

Altri fattori biomeccanici che sono stati associati alla sindrome da frizione di banda ileotibiale includono: aumento delle forze di atterraggio, aumento della rotazione interna del ginocchio, ridotta forza degli ischiocrurali rispetto alla forza del quadricipite sullo stesso lato e genu recurvatum.

 

Come si presenta un paziente con questo disturbo? Si guarisce?

 

La DIAGNOSI è prettamente clinica e raramente e necessita di ulteriori studi ed esami strumentali come possono essere un ecografia (che può segnalare un ispessimento anormale nella zona distale della bandelletta ileotibiale) o una risonanza magnetica (utili soprattutto per escludere altre problematiche).
Il paziente riferisce dolore laterale al ginocchio localizzato nell’area tra il tubercolo di Gerdy e l’epicondilo laterale e solitamente racconta di un recente cambiamento nelle attività come può essere un aumento del livello dell’intensità sportiva ecc; difficilmente si ha una storia di trauma. Dal punto di vista clinico nelle fasi iniziali il dolore si presenta al termine dell’attività sportiva mentre nelle fasi successive il paziente potrebbe riferire dolore anche a riposo, durante e dopo l’attività associato a fitte improvvise, in particolare in discesa nella fase di decelerazione quando il piede entra in contatto con il suolo.
Nell’esecuzione dell’esame fisico, non si osserva alcun gonfiore del ginocchio ma il paziente riferisce dolore acuto e bruciante alla palpazione della bandelletta ileotibiale sul condilo femorale laterale durante l’esecuzione della flesso/estensione del ginocchio. 
Come test clinici utilizzati dal fisioterapista vi è il test di Ober, test che in passato, veniva utilizzato per valutare la flessibilità della bandelletta ileotibiale ma ad oggi si è dimostrato avere scarsa affidabilità.

Dal punto di vista PROGNOSTICO quasi tutti i pazienti risolvono la loro condizione clinica in seguito ad un trattamento conservativo della durata di 2 mesi circa. l’intervento chirurgico non viene quasi mai preso in considerazione a meno che non ci sia un fallimento della terapia conservativa dopo 6/12 mesi di gestione.

 

In cosa consiste il trattamento riabilitativo?

 

Non esiste ad oggi un GOLD STANDARD di trattamento, vi sono diverse strategie di gestione ma tutte con prove limitate.

Il trattamento accettato della sindrome da frizione di banda ileotibiale segue la linea comune al trattamento di molte lesioni del tessuto connettivo, iniziando con il trattamento della risposta infiammatoria acuta e progredendo attraverso una fase di trattamento correttivo e in un ritorno all’attività regolare.

  • Allungamento della bandelletta ileotibiale e strutture correlate

Lo stretching della bandelletta ileotibiale, medio gluteo e altri muscoli è spesso raccomandato come parte del piano di trattamento per questo disturbo. È stata suggerita una varietà di protocolli di stretching ma Falvey ha rilevato che l’allungamento ottimale variava considerevolmente da individuo a individuo e  nessuno studio documenta un legame tra la distensione a breve termine della banda ileotibiale, come durante una routine di stretching, e cambiamenti a più lungo termine nella risposta meccanica del tessuto e nel miglioramento della meccanica di corsa. Inoltre, alla luce  di quanto detto sopra sul ruolo discutibile della frizione della  bandelletta ileotibiale sull’eziologia della malattia, ci può essere una ragione per mettere in discussione il tentativo di allungare la bandelletta.

 

  • Manipolazione del tessuto connettivo

Anche le tecniche di terapia manuale per rilasciare le restrizioni miofasciali nella bandelletta iliotibiale e le strutture correlate come i muscoli glutei e in tutte le altre aree che si trovano nella zona dell’anca, della coscia o degli arti inferiori. Fredericson concorda sul fatto che il trattamento dei punti trigger nella banda può aiutare in modo significativo

 

  • Rafforzamento degli abduttori dell’anca

È raccomandato il rinforzo dei muscoli abduttori d’anca ed il miglioramento della coordinazione neuromuscolare

 

NB: Una cosa certa è che i pazienti sottoposti a trattamenti conservativi riportano una percentuale di risposta positiva elevata.

 

  • Trattamento globale come miglior strategia?

Sicuramente il trattamento conservativo più corrette prevede un trattamento globale incentrato sulla gestione/risoluzione di tutti i fattori di rischio correlati a questa condizione clinica.

Attività aerobica

Attività aerobica

Efficacia dell’attività aerobica in pazienti con dolore cervicale

 

Il dolore cervicale aspecifico è un disturbo muscolo scheletrico diffuso nella popolazione generale con un tasso di incidenza nel corso della vita  del 12% – 70%, con prevalenza e disabilità notevolmente aumentata negli ultimi 25 anni.

Uno studio osservazionale ha dimostrato che le persone che svolgono regolarmente attività aerobica hanno meno probabilità di sviluppare dolore cervicale, come altri studi di alta qualità dimostrano una forte evidenza che l’esercizio fisico conferisca sollievo nel medio termine in pazienti con dolore cervicale aspecifico.

Vale la pena precisare che l’esercizio aerobico è in grado di apportare dei benefici non solo nel chronic low back pain (mal di schiena) ma anche in altri disordini funzionale, come la fatica cronica, la fibromialgia e molte altre patologie.

Tuttavia, al momento, non c’è molta evidenza che dimostri come l’attività aerobica possa rappresentare un intervento efficace nella gestione del dolore cervicale.  Pertanto, lo scopo di questo studio era di verificare l’ipotesi che la combinazione attività aerobica più specifici esercizi cervicali rappresentino un trattamento più efficace per diminuire il dolore cervicale e la disabilità comparato al solo programma di esercizi cervicali.

 

Un totale di 139 pazienti, con dolore cervicale da almeno 4 settimane,  sono stati reclutati in questi studio, in cui due tipologie di intervento terapeutico sono stati messi a confronto. I pazienti sono stati randomizzati in due gruppi, un gruppo in cui in 6 settimane dovevano praticare, per due volte a settimana ed in clinica,  attività aerobica in aggiunta a specifici esercizi cervicali (gruppo sperimentale) ed un gruppo invece dove per lo stesso tempo dovevano eseguire solo esercizi specifici cervicali supervisionati (gruppo controllo).

I pazienti del gruppo sperimentale, oltre agli esercizi, hanno eseguito una moderata attività aerobica sulla cyclette ( 60% della massima frequenza cardiaca) per 20 minuti durante la prima settimana, 30 durante la seconda settimana e 45 minuti nelle restanti settimane, con intensità, durata e frequenza stabilite secondo le linee guida dell’American College of Sports Medicine.

Inoltre, durante le sei settimana di intervento, entrambi i gruppi sono stati istruiti ad eseguire esercizi specifici cervicali a casa per almeno 2 giorni a settimana, mentre al gruppo di controllo è stato chiesto di eseguire, due volte a settimana, almeno 30 minuti di attività aerobica di moderata intensità, secondo le preferenze del paziente ( cyclette o camminata).

Per aumentare la compliance, i pazienti di entrambi i gruppi hanno ricevuto, alla fine di ogni seduta, cinque minuti di leggero massaggio come terapia sham.

Alla fine delle 6 settimane di intervento, entrambi i gruppi sono stati istruiti ad eseguire gli stessi esercizi per la cervicale a casa per 3 volte a settimana, mentre ai pazienti del gruppo sperimentale è stato chiesto di continuare a praticare attività aerobica per almeno 30 minuti, con intensità moderata, per almeno 3 volte a settimana.

Tutti i pazienti sono stati sottoposti a valutazione funzionale ed hanno completato questionari all’inizio e al completamento dell’intervento a 6 settimane. Successivamente, per valutare gli effetti nel lungo termine, tutti i pazienti sono stati contattati telefonicamente a 3 e a 6 mesi di follow up.

 

I risultati hanno mostrato una riduzione dell’intensità del dolore alla scala VAS immediatamente dopo il completamento dell’intervento iniziale di 6 settimane in entrambi i gruppi, ma in misura significativa nel gruppo sperimentale, ed ulteriormente diminuita nel follow up a lungo termine. E’ stata inoltre osservata una riduzione significativa, in entrambi i gruppi, dell’assunzione di farmaci.

Come outcome secondario, dopo sei settimane di intervento, una riduzione dei punteggi medi nei questionari Fear Avoidance Beliefs Questionnaire (FABQ) e Neck disability index sono stati osservati in entrambi i gruppi, che indicano una riduzione del dolore, della disabilità e della paura del movimento. Tuttavia questa riduzione, era significativamente maggiore nel gruppo che eseguiva anche attività aerobica rispetto al gruppo di controllo.

Questo risultato potrebbe anche essere spiegato dal miglioramento delle condizioni fisiche del paziente , come la salute generale, il miglioramento dell’umore ed un miglioramento delle capacità di carico dei tessuti.

Una scoperta importante di questo studio è stata anche la significativa riduzione di cefalea cervicogenico e/o della frequenza di cefalea in entrambi i gruppi, ma in misura maggiore nel gruppo che eseguiva attività aerobica di moderata intensità.

In entrambi i gruppi è stato riscontrato un miglioramento significativo della resistenza dei flessori cervicali profondi, tuttavia in misura significativamente maggiore nel gruppo sperimentale, e questo potrebbe in parte spiegare la riduzione della frequenza di cefalea in entrambi i gruppi.

Nel gruppo sperimentale, il 90% pazienti che hanno ottenuto dei benefici a 6 settimane dall’intervento ha continuare a beneficiarne anche dopo i 6 mesi di follow-up, confermando la durabilità nel lungo termine, obiettivo principale del trattamento.

I risultati di questo studio, coerenti con le linee guida per il trattamento del dolore cervicale aspecifico, suggeriscono come non ci siano stati particolari differenze nei tassi di successo a 6 settimane dall’intervento, ma che queste differenze sono diventate evidenti nel corso dei mesi successivi, con percentuali di successo che erano significativamente più elevate nel gruppo sperimentale rispetto al gruppo controllo a 3 ed a 6 mesi di follow up. Inoltre, è stata osservata una significativa correlazione positiva tra risultati positivi e durata dell’esercizio aerobico.

E’ interessante notare che, sebbene uno dei criteri di inclusione per la partecipazione allo studio fosse un dolore cervicale della durata di almeno 4 settimane, tutti i pazienti reclutati manifestavano dolore cervicale da oltre 3 mesi.  Pertanto, il risultato di questo studio potrebbe essere anche rilevante per i pazienti con dolore cronico cervicale.

Poco si sa sul meccanismo con cui l’esercizio aerobico è efficace nella riduzione del dolore cervicale, di conseguenza future ricerche si rendono necessarie.  Ciononostante, la principale implicazione di questi risultati è che nella pratica clinica si possa e si debba consigliare di svolgere attività aerobica non solo ai pazienti con dolore cervicale, ma anche ai pazienti con cefalea. Pertanto entrambi dovrebbero essere incoraggiati ad inserire attività aerobica di intensità moderata nell’attività di vita quotidiana.

 

 

A cura di

GIONATA PROSPERI FT, SPT, SM, cert. VRS          

  • Fisioterapista Sportivo  e Scienze Motorie
  • OMPT Student – SUPSI Switzerland
  • Fisioterapista esperto in Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare
  • Fisioterapista dei Disturbi Vestibolari
  • Fisioterapista specializzato nella Spalla dolorosa

 

TENNIS E CARTILAGINE TRIANGOLARE

TENNIS E CARTILAGINE TRIANGOLARE

TENNIS E CARTILAGINE TRIANGOLARE

Sport che richiedono ripetuti movimenti di prono-supinazione e deviazione radiale ed ulnare della mano sono strettamente collegati con un insieme di patologie responsabili di un dolore a livello della regione ulnare del polso. Le lesioni del TFCC sono comuni nei tennisti, che spesso portano l’atleta alla sospensione dell’attività agonistica.

Gli infortuni del TFCC possono anche essere il risultato di infortuni da overuse, in particolare nei giocatori di tennis con impugnature western e che prediligono il top spin durante il diritto od il servizio.

Microtrauma ripetitivi del polso, come quello che si verifica nel tennista, con il polso in estensione, deviazione ulnare e supinazione, possono creare lesioni TFCC, specialmente in presenza di una variante ulnare positiva.

La relazione tra lesioni TFCC e l’uso di impugnature wester o semi western è stata attribuita all’aumento del carico delle strutture del polso ulnare. 

 

 

Catena cinetica nel tennis e cartilagine triangolare

Come abbiamo già citato in un precedente articolo, la catena cinetica svolge un ruolo fondamentale nel trasferire in maniera efficace l’energia prodotto dagli arti inferiori e dal tronco.  È molto importante che il distretto superiore (spalla – gomito – polso – mano) sia principalmente nel gruppo del “trasferimento dell’energia”, anziché “generatori di energia”.

Per comprendere appieno la stabilità dell’articolazione radio ulnare distale (DRUJ) e la funzione del legamento triangolare è importante la conoscenza dell’anatomia e della biomeccanica dell’articolazione stessa.

A causa della mancanza di vincoli ossei (solo il 20%) la stabilità dell’articolazione radio ulnare distale (DRUJ) è principalmente offerto dai tessuti molli. Gli stabilizzatori statici forniscono stabilità primaria e comprendono il legamento radio ulnare palmare e dorsale. Questo legamento è composto da una porzione superficiale e da una profonda che si inserisce sull’ulna a livello della fovea (Fig. 3). La porzione volare di questo legamento si continua distalmente con i legamenti ulnocarpici che conferiscono stabilità al complesso omonimo (Fig. 2).

Questi legamenti si tendono durante i movimenti di prono – supinazione per prevenire l’instabilità durante i movimenti estremi.  La capsula DRUJ, il legamento ulno – piramidale (UTL) e legamento ulno – lunato, membrana interosseo e complesso triangolare di fibrocartilagine (TFCC)  forniscono una stabilizzazione statica aggiuntiva del DRUJ. Gli stabilizzatori dinamici  comprendono il pronatore quadrato ed il tendine dell’estensore ulnare del carpo (ECU).

 

Il movimento della radio ulnare distale avviene per rotazione del radio attorno all’ulna (pronazione e supinazione): durante questo movimento il radio trasla in senso prossimo-distale lasciando durante la pronazione, ad esempio, la testa dell’ulna in posizione più distale e lievemente dorsale.

 

 

Le lesioni del complesso triangolare di fibrocartilagine (TFCC), sia acute che croniche, portano ad una compromissione della funzione per via del dolore e ad una riduzione della forza di presa.  Il TFCC è composto da otto componenti: disco triangolare di fibrocartilagine, legamenti radio ulnare volare e dorsale, il menisco omologo, il legamento collaterale ulno – carpale, il legamento ulno – lunato, il legamento ulno – piramidale e la parte inferiore del tendine dell’estensore ulnare del carpo.

All’esame, la palpazione del TFCC è migliore con il polso in pronazione. Si può palpare  tra il flessore ulnare del carpo, lo stiloide ulnare ed il pisiforme. Numerosi test possono suggerire la diagnosi di lesioni TFCC. Questi includono:

 

  • Test di compressione TFCC: l’avambraccio in posizione neutra con deviazione ulnare riproduce i sintomi;
  • Test di stress TFCC: l’applicazione di una forza sull’ulna con il polso in deviazione ulnare riproduce i sintomi;
  • Press test: il paziente si solleva da una sedia usando i polsi in una posizione estesa. Il dolore indica un test positivo;
  • Supination test: il paziente afferra la parte inferiore di un tavolo con gli avambracci supinati; questo provoca un carico sul TFCC e un conflitto dorsale, che causerà dolore in caso di lesione dorsale periferica;
  • Grind test: comprimere il radio e l’ulna a far ruotare l’avambraccio dal paziente. Il dolore potrebbe indicare un processo degenerativo
  • Test della farfalla: Il movimento veloce delle mani in senso antero-posteriore produce una perdita di controllo e di difesa della instabilità radio-ulnare distale provocando la comparsa di dolore al polso nella sede ulnare.

 

Le radiografie dovrebbero essere effettuate per escludere patologie ossee e sono spesso negativi se non accompagnati da una frattura dell’ulna stiloide. In caso di una sospetta lesione del TFCC, una RMN può essere effettuata per valutare il lato ulnare del polso e valutare una patologia concomitante. La specificità e la sensibilità della risonanza magnetica per la diagnosi della patologia del polso ulnare è del 76 e 44% rispettivamente. L’artro RMN  aumenta la sensibilità e specificità rispettivamente all’84 e all’85%.

In particolare, l’interpretazione delle risonanze magnetiche del polso di 103 pazienti asintomatici ha rilevato anomalie del TFCC nel 37% dei casi, evidenziando come tale strumento diagnostico debba essere utilizzato per confermare ciò che emerge dalla valutazione clinica.

 

La classificazione Palmer classifica gli infortuni del TFCC basato sulla base dell’ eziologia e della posizione anatomica.

  • La lesione di Classe 1 derivano da un’eziologia traumatica, come ad esempio una lesione rotazionale al polso o caduta sul polso pronato od iperesteso, sono ulteriormente sottoclassificati in quattro tipi: lesione centrale (tipo A), avulsione traumatica da inserzione ulnare (tipo B), avulsioni distali del TFCC (tipo C), o avulsione radiale di TFCC (tipo D);
  • La lesione di Classe 2 deriva da un’eziologia degenerativa, come la sindrome da impatto ulnare ed è suddivisa in cinque tipi: usura della parte centrale senza perforazione (tipo A), tipo A più condromalacia del lunato, della testa ulnare o di entrambe (tipo B), perforazione del TFCC (tipo C), rottura del legamento luno – piramidale come degradazione della testa ulnare e della cartilagine lunata (tipo D), e tipo D più artrosi ulocarpale (tipo E).

 

La gestione iniziale degli infortuni del TFCC comprende una serie delle modalità conservative, incluso l’utilizzo di un tutore o di uni splint del gomito per limitare la prono – supinazione, la modifica dell’attività, e iniezioni steoridee. In caso di fallimento di queste, l’artroscopia del polso rappresenta il gold standard per la diagnosi di patologia TFCC. L’afflusso di sangue di TFCC determina quali lesioni possono essere riparate o con debridement. La regione centrale del TFCC è avascolare e non guarirà nonostante la riparazione, mentre il la regione periferica del TFCC può essere riparata

 

Data la relativa avascolarità della regione centrale, queste lesioni sono spesso sbrigliate, mentre le lesioni più periferiche vascolarizzate sono suscettibili di trattamento artroscopici o chirurgico a cielo aperto.

Lesioni Ulno – Piramidali o Ulno – triquetrale

Possono presentarsi lesioni del legamento ulnotriquetrale o ulnopiramidale (UT) con dolore al polso ulnare. Ripetuti movimenti di prono – supinazione dell’avambraccio  predispongono questi atleti verso questo infortunio.

Il legamento UT è un ispessimento della capsula da polso ed è uno dei tre stabilizzatori primari del polso ulnare. Questo legamento origina dal legamento radioulnare palmare e stiloide ulnare e si inserisce sul triquetrum o piramidale,  tendendosi con il polso in estensione e deviazione radiale.  

 

La maggior parte dei pazienti con il legamento UT lesionato riferiscono un discreto evento traumatico con il polso iperesteso e l’avambraccio supinato. I pazienti riferiscono un dolore al polso ulnare che viene esacerbato con i movimenti di prono supinazione e la presa, con il movimento che generalmente è conservato ma con diminuzione della forza di presa, e con rilevante segno della fovea ulnare.

Spesso i pazienti lamentano un insidioso dolore al polso ulnare aggravato con l’avambraccio in pronazione e il polso in deviazione ulnare.

La presenza di instabilità della DRUJ ( articolazione radio ulnare distale) in associazione con la positività al segno della fovea ulnare è più consistente con una lesione della TFCC.

Le radiografie semplici sono spesso negative e con la risonanza magnetica che ha mostrato una sensibilità compresa tra 30 e 58%.

Il trattamento non chirurgico include l’utilizzo di uno splint sopra il gomito in posizione neutra per 6 settimane seguito da un adeguato programma riabilitativo.

Ciononostante, qualora tale approccio dovesse fallire, si raccomanda la riparazione artroscopica. 

 

Con i cambiamenti dei materiali della racchetta e delle impugnature e con l’aumento delle forze generate durante il colpo nel tennis, c’è un aumento dell’ incidenza delle lesioni a livello della mano e del polso negli atleti di tennis. Comprendere in maniera dettagliata le strutture anatomiche maggiormente a rischio può migliorare l’accuratezza e la tempestività della diagnosi di queste lesioni e il trattamento appropriato. Dividendo queste  condizioni nei disturbi radiali e ulnari, i giocatori, gli allenatori ed i praticanti potrebbero gestire in maniera tempestiva questi disturbi.

A cura di

GIONATA PROSPERI FT, SPT, SM, cert. VRS          

  • Fisioterapista Sportivo  e Scienze Motorie
  • OMPT Student – SUPSI switzerland
  • Fisioterapista esperto in Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare
  • Fisioterapista dei Disturbi Vestibolari
  • Fisioterapista specializzato nella Spalla dolorosa

Fisioterapista a casa

Fisioterapista a casa

Hai bisogno di fisioterapia ma non sai come muoverti ?

Tranquillo veniamo noi da te !

A tutti può capitare di dover fare Fisioterapia e trovare difficoltà ad andare per vari impedimenti, più o meno gravi.

 

Gli spostamenti da casa al luogo di fisioterapia la maggior parte delle volte necessita di utilizzo di auto o mezzi pubblici, e questo diventa difficile se siamo in presenza di persone molto anziane, ragazzi in assenza di auto o mezzi e/o in seguito a interventi chirurgici.

 Ci si ritrova per cui a chiedere a figli, genitori , nipoti o coniugi di farsi accompagnare in studio e, non sempre chi vi dovrebbe accompagnare può per tempo o impegni vari; insomma talvolta e per alcune situazione diventa difficile o quasi impossibile

Oltretutto ci ritroviamo ad oggi in un periodo storico particolare, il virus ci limita in tantissime situazioni. Gli anziani, coloro che hanno basse difese immunitarie o problemi di salute grave sono più a rischio.

 Ecco perché sempre più spesso si opta per il servizio di fisioterapia a domicilio: è una soluzione confortevole e comoda, risolve al paziente parecchi problemi e offre tutti i vantaggi nel poter usufruire di un servizio di fisioterapia professionale direttamente a casa.

 Ma quali sono i vantaggi della Fisioterapia a domicilio?

  • Un fisioterapista a domicilio è un fisioterapista qualificato e competente che si recherà a casa tua in orario comodo per te;
  • Il fisioterapista si recherà a casa tua con lettino portatile eventuali macchinari e strumentazioni necessarie per la terapia.
  • Se hai avuto un intervento chirurgico ti verranno dati, fin da subito, tutti i consigli per riuscire a muoverti per casa, usare le scale ( quando possibile ) se in assenza di ascensore.
  • In questo periodo il fisioterapista che si recherà a casa tua sarà munito di tutti i dispositivi di protezione quali: guanti, mascherine, camici, occhiali; non correrai alcun rischio !
  • Verrà effettuata una prima visita così come in studio e dopo di che, insieme al paziente, verrà programma un ciclo di terapie più idoneo e personalizzato per il paziente stesso .

 La fisioterapia a domicilio è quindi una soluzione confortevole: in questo modo il soggetto ha la possibilità di fruire di trattamenti personalizzati praticati in un ambiente familiare e, pertanto, più rilassante e rassicurante e soprattutto senza il disagio di doversi muovere e farsi accompagnare.

Esistono terapie che non impongono l’uso di nessuna strumentazione

 Tra cui:

  • Terapia Manuale
  • Riabilitazione post- operatoria
  • Rieducazione posturale
  • Rieducazione alla deambulazione e consigli su come muoversi a casa.

 Tuttavia l’evoluzione tecnologica oggi consente l’impiego di apparecchiature portatili, in modo da poter usufruire della massima indipendenza possibile

 In questo momento così difficile il gruppo fisioterapico che comprende Physiotherapy, Fisioterapia Forte dei marmi e Fisiorehab 360, ha ideato questo nuovo progetto nominato appunto FISIOTERAPISTA A CASA.

I tre centri insieme coprono una vasta zona che va da Carrara a Forte dei marmi permettendo in questo modo a tutti coloro che hanno bisogno di ricevere cure, di riceverle a casa propria con la massima professionalità e competenza. 

 

Tutti pronti per tornare a correre?

Tutti pronti per tornare a correre?

 

L’emergenza legata all’infezione da coronavirus ha imposto a tutta la popolazione , e quindi anche alle persone fisicamente attive, uno stop alle attività fisiche.

L’organizzazione mondiale della sanità  (OMS) , anche in tempi normali, consiglia di dedicare almeno 20 al giorno per l’attività fisica : le linee guida internazionali individuano infatti in 150-300 minuti a settimana la quantità di attività fisica ottimale per mantenere uno stile di vita sano e adeguato.

Un’attività fisica ottimale migliora la nostra salute in quanto ci aiuta a  :

  • ad allenare il nostro sistema cardiocircolatorio
  • migliorare la forza
  • prevenire malattie croniche

e inoltre:

  • aumentare le difese immunitarie dell’organismo e di conseguenza a diminuire la probabilità di contrare virus e malattie
  • ridurre lo stress e l’ansia che in un periodo come quello che stiamo vivendo sono sicuramente aumentati
  • migliorare la qualità de sonno e di conseguenza il nostro benessere psicofisico.

 

In questi ultimi mesi le raccomandazioni proposte hanno comportato restrizioni negli spostamenti e per la pratica di attività fisica all’aperto, riducendo inevitabilmente la quantità di esercizio fisico svolto e aumentando la sedentarietà ; la maggior parte delle persone ha provato ad allenarsi in casa o in giardino seguendo le indicazioni dei professionisti via telematica oppure tramite il social, adesso con il nuovo decreto del governo dal 4 Maggio : “E’ consentito svolgere individualmente, ovvero con accompagnatore per minori o le persone non completamente autosufficienti, attività sportiva o attività motoria , purchè comunque nel rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno due metri per l’attività sportiva e di almeno un  metro per ogni altra attività “.

Cadono i limiti di prossimità all’abitazione ma si dovrà mantenere la distanza , non vi è ancora alcun riferimento specifico nell’uso della mascherina.

Quando    sarà    possibile    riprendere    l’attività    fisica    all’aperto    sarà    necessario    aumentare gradualmente la quantità di esercizio praticato quotidianamente fino a raggiungere le linee guida indicate, sarà fondamentale  che  dopo  un  periodo  di  ridotto  esercizio  fisico  e  aumentata  sedentarietà  una  adeguata  attività  fisica,  finalizzata  alla  tutela  della  salute,  venga  praticata  con  le  dovute  cautele  e  in  condizioni  di  assoluta  sicurezza,  con  gradualità  e  periodicità  corrette. Atleti professionisti, sportivi amatoriali o anche coloro che svolgono attività lavorative usuranti e gravose non possono quindi riprendere le proprie attività senza tener conto degli effetti deleteri del detraining. Questo infatti esporrebbe a situazioni di affaticamento precoce per ridotte capacità aerobiche o a infortuni per alterata funzione dei muscoli, risultando controproducente per la salute. Nella ideazione e nello svolgimento delle sessioni di esercizio fisico sarà quindi importante attenersi a determinate indicazioni in termini di intensità, frequenza, volume e modalità di esercizio.

A questo proposito potrebbe risultare utile  una valutazione presso uno specialista  per un corretto inquadramento delle proprie condizioni di salute e delle effettive possibilità fisiche ,soprattutto in fase di prevenzione a possibili disfunzioni già citate in precedenza.

Le linee guida internazionali e italiane FMSI consigliano per l’elaborazione di un programma di ricondizionamento fisico le seguenti raccomandazioni:

Programmare in base alla :

  • Gradualità : si consiglia Una ripresa dell’attività fisica aumentando sia il volume che l’intensità modulando al meglio i tempi di recupero.Il ricondizionamento fisico dovrebbe prevedere inizialmente esercizi per la mobilità articolare, core stability e per l’equilibrio, successivamente comprendere esercizi per il tono e trofismo muscolare e contemporaneamente esercizi per la capacità aerobica per poi in fase finale passare ai gesti sport specifici.
  • Quantità : regola inziale è quella del “poco ma costante nel tempo”  quella già citata dell’OMS  20/30 minuti giornalieri per compiere un totale di 150/300 minuti settimanali,  in combinazione con esercizi per la forza e flessibilità .
  • Intensità: L’intensità del lavoro deve variare a seconda delle condizioni fisiche individuali e dell’età, nonché delle condizioni climatiche, possibilmente aumentandola gradualmente nel tempo. E’ consigliata un attività fisica a intensità  moderata controllata in base alla frequenza cardiaca (FCmax = 208 – 0.7 X età) al 70/80 % della max oppure attraverso la percezione della fatica.
  • Frequenza : Si consiglia di praticare esercizio fisico nella maggior parte dei giorni della settimana, associando attività aerobiche di moderata intensità in combinazione con esercizi di rafforzamento muscolare e flessibilità almeno  due volte a settimana, importante è includere i giorni di riposo o recupero , per far si che il corpo metabolizzi al meglio l’allenamento svolto.
  • Modalità: I programmi variano a seconda se l’attività fisica viene svolta indoor (a casa) o all’aperto (al momento della ripresa autorizzata). Il programma di attività fisica dovrebbe comunque comprendere sia attività per la  forza  muscolare sia attività aerobica. Si raccomanda sempre di porre ad inizio allenamento un programma di riscaldamento e al termine di defaticamento/ recupero attivo accompagnando allo stretching .

 

 

Tabella 1. Prescrizione di esercizio aerobico per individui sedentari, moderatamente attivi e allenati.

 

Tabella 2. Prescrizione dell’attività di rafforzamento muscolare per individui con diversi livelli di forza

Nelle fasi iniziali sarà estremamente importante attenersi alle precauzioni suggerite a tutela della salute di tutti.

Sarà quindi consigliabile:

  • Praticare attività fisica a livello individuale, rispettando l’eventualeindicazione all’utilizzo di una mascherina chirurgica per coprirsi naso e bocca.
  • Mantenersi a  distanza  da  altre  persone.  Considerato  che  l’attività  fisica  aumenta  la  frequenza  e  la  profondità  degli  atti  respiratori  e  di  conseguenza  lo  spazio  percorso  dalle goccioline  di  saliva  presenti  nel  nostro  respiro,  sarà  necessario  aumentare  la  distanza  di  sicurezza portandola ad almeno 5 metri durante cammino, corsa e altre attività aerobiche come yoga e pilates e ad almeno 20 metri nel caso del ciclismo.
  • Evitare di lasciare in luoghi condivisi con altri gli indumenti indossati per l’attività fisica, ma riporli in  zaini  o  borse  personali  e,  una  volta  rientrato  a  casa,  lavarli  separatamente  dagli  altri indumenti.
  • Appena possibile, dopo l’attività fisica, lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone per almeno 20 secondi, sciacquandole ed asciugandole con una salvietta monouso. Se non si  ha  accesso  ad  acqua  corrente  è  possibile  ricorrere,  se  sono  disponibili,  a  prodotti  di  disinfezione
  • Bere sempre da bicchieri monouso o bottiglie personalizzate.
  • Buttare subito  in  appositi  contenitori  i  fazzolettini  di  carta  o  altri  materiali  usati  come  cerotti, bende, ecc., (ben sigillati).
  • Non toccarsi gli occhi, il naso o la bocca con le mani non lavate.
  • Coprirsi la  bocca e  il  naso  con  l’incavo  del  gomito  o  con  un  fazzoletto,  preferibilmente  monouso, ma non con la mano, qualora si tossisca o starnutisca

 

Federazione Medico Sportiva Italiana _ Raccomandazioni per la ripresa dell’attività fisica post CO VID-19 www.fmsi.it

 Questo  periodo di quarantena  ha messo e continua  a mettere a dura prova la nostra tenuta psicofisica e per molti ha rappresentato un problema di efficienza funzionale del nostro organismo ma seguendo le indicazioni di professionisti è possibile uscirne fuori , l’importante è seguire le normative e il rispetto delle regole e del prossimo.

La forza nel running

La forza nel running

Perché includere un allenamento della forza nel runner?

 L’allenamento simultaneo di forza e resistenza (CSE) si riferisce a programmi combinati di allenamento di forza e di resistenza cardio respiratoria

 Nello specifico questo programma utilizza programmi di esercizi di resistenza utilizzando il proprio peso, le macchine dei pesi e l’allenamento pliometrico.

 Negli ultimi tempi, un numero di revisioni hanno esaminato l’effetto di questo programma di training in termini di performance nel runner.

 La conclusione collettiva è che il CSE (allenamento simultaneo di forza e resistenza) migliori sia la performance e sia l’economia della corsa rispetto al solo allenamento della resistenza, dimostrando un migliore risultato nelle distanze che vanno dai 400 m ai 10 km

 

Nonostante i benefici ben consolidati dell’allenamento CSE per questi atleti, c’è un evidenza scientifica limitata che chiarisca i meccanismi che stanno alla base di questi adattamenti.

 

Di conseguenza lo scopo di questo articolo non è quello di riesaminare gli effetti dell’allenamento simultaneo  della forza e della resistenza sulla distanza di performance della corsa, ma bensì di valutare come le variabili biomeccaniche e neuromuscolari possano cambiare a seguito dell’allenamento CSE.

 L’allenamento CSE è in grado di migliorare la performance della corsa attraverso due principali adattamenti: il miglioramento della velocità ed una migliore economia di corsa.

 Questi adattamenti consentirebbero agli atleti di sostenere una corsa più veloce e di conservare energie di riserva per le fasi decisive della gara.

 I miglioramenti della performance della corsa a seguito di un allenamento CSE sono spesso riportati in assenza di cambiamenti significativi della massima capacità aerobica (VO2max), della massa corporea o dell’ipertrofia muscolare.

Questo suggerisce che I miglioramento ottenuti non sono facilitati dai cambiamenti della fitness cardio-respiratoria.

 L’allenamento CSE è stato proposto per migliorare la prestazione della corsa attraverso variabili biomeccaniche e neuromuscolari che permettano all’atleta di generare rapidamente alte forze durante la corsa di resistenza prolungata.

 Questo articolo rileva che esistano prove molto limitate a sostegno di tali affermazione, principalmente dovuto alla scarsità di ricerca che misuri direttamente queste variabili. 

  • Ci sono forti evidenze che l’allenamento simultaneo di forza e resistenza possa migliorare la forza durante la flessione del ginocchio, la flessione plantare e lo squat rispetto al solo allenamento della resistenza. Tuttavia, forti evidenze suggeriscono come l’allenamento CSE non cambi l’altezza del salto nel runner di distanza. 

I risultati attuali suggeriscono come l’allenamento simultaneo della forza e della resistenza non cambiano il rapporto tra lunghezza e frequenza del passo quando il runner corre a velocità submassimali costanti. 

  • E’ stato riscontrati che l’allenamento CSE produce un effetto significativo e moderato che favorisce un miglioramento sulla forza plantare della caviglia. 

L’allenamento della forza con target sul tricipite surale potrebbe influire sulla potenza della flessione plantare durante la corsa, incrementando la propulsione del centro di massa e facilitando una maggiore lunghezza del passo, motivo per cui un’ allenamento pliometrico, che sfrutta l’azione rapida e ciclica del ciclo di stiramento – accorciamento (SSC), ovvero cicli che comportano una fase eccentrica ad alta intensità immediatamente seguita da una rapida contrazione concentrica,  può essere utilizzato per migliorare la capacità di generare forza eccentrica. 

L’allenamento simultanea  di forza e resistenza sembrerebbe produrre un effetto moderato in termini di incremento della forza durante la flessione e l’estensione del ginocchio e della forza durante lo squat negli atleti di endurance, rispetto al solo allenamento della resistenza. 

  • Un incremento della forza dei muscolo dell’anca e del ginocchio potrebbe facilitare i miglioramenti della velocità della corsa consentendo un’accelerazione più rapida della gamba durante la fase di oscillazione (SWING). 

L’allenamento CSE sembrerebbe aumentare la forza dei muscoli biarticolari dei muscoli responsabili dell’accelerazione rapida del ginocchio e dell’anca durante la corsa. Si è riscontrata una migliore forza nello squat durante una ripetizione massimale (1RM) ed una migliore forza reattiva (RSI) durante il drop jump,  impiegato spesso  per quantificare la performance pliometrica o SSC ed usata per valutare la leg stiffness. 

Tutto ciò potrebbe migliorare l’economia della corsa e la capacità di riservare energie riducendo così i costi metabolici a una certa velocità di corsa submassimale. 

  • Questo studio mostra inoltre moderate prove che l’allenamento CSE non aumenta in maniera significativa la stiffness del tendine d’achille durante la corsa, sebbene sia vicino a un cambiamento statisticamente significativo. 

Tuttavia, un incremento della rigidità  del tendine d’achille  potrebbe influenzare le prestazione della corsa influenzando la capacità di un’unità muscolo-tendinea di  immagazzinare e restituire energia elastica.

 

Conclusioni 

Questo è un articolo che ha esaminato i cambiamenti delle variabili biomeccaniche e neuromuscolare a seguito di un allenamento simultaneo di forza e resistenza nel runner. 

Questa tipologia di allenamento è in grado di migliorare la forza dei flessori di ginocchio, dei flessori plantari della caviglia, degli estensori di ginocchio e la forza in uno squat massimale rispetto al solo allenamento di resistenza, suggerendo come un incremento della capacità di sviluppo della forza (RFD), ovvero l’abilità del sistema neuro-muscolo scheletrico di produrre un alto tasso di aumento della forza muscolare per unità di tempo,  del tricipite surale, del quadricipite, dei flessori del ginocchio e dei muscoli del gluteo possa giocare un ruolo cruciale nella propulsione del centro di massa e nell’accelerazione della gamba durante la corsa, sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per stabilire se queste adattamenti si possano tradure in una maggiore lunghezza del passo o maggiore velocità di corsa.

A cura di:

GIONATA PROSPERI, FT, SPT, SM, VRS.

  • Certificazione In Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania;
  • Sport Physical Therapy;
  • Master in Terapia Manuale Osteopatica – Spagna
  • Student Master od Advanced Studies in Fisioterapia Muscolo Scheletrica Supsi – Svizzera
  • Certification in Spinal Manipulative Therapy Student – USA;
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare;
  • Fisioterapista dei Disturbi Vestibolari – American Muscoloskeletal Institute;
  • C.E.O. della Fisioterapia Vertebrale di Massa;