ARTROSI DELL’ANCA

ARTROSI DELL’ANCA

CENNI DI ANATOMIA DELL’ANCA

L’articolazione dell’anca è formata dall’unione tra le ossa pelviche e il femore. Nella porzione del femore che incontra il bacino, il femore ha la forma di una sfera che prende il nome di testa del femore. Questa sfera del femore si inserisce in un foro che esiste nel bacino, in modo tale da formare un ingranaggio perfetto che consente all’anca di muoversi in diverse direzioni.

Sia la testa del femore che la cavità acetabolare (il bacino) in cui è articolato sono ricoperti di cartilagine, che è il tessuto che facilita il movimento tra le ossa e impedisce loro di sfregare direttamente osso contro osso.

 

COS’E’ L’ARTROSI D’ANCA?

Nel corso degli anni, a causa della progressiva usura di questa cartilagine, essa perde spessore e consistenza e addirittura scompare.. Questo dà luogo alla perdita dell’ingranaggio corretto tra testa del femore e bacino, che è proprio ciò che produce i sintomi dell’artrosi dell’anca.

L’artrosi dell’anca è una patologia comune che comporta forme di disabilità e necessità di cure che influiscono sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, e in generale dell’intera società. 

Va considerato come tale patologia degenerativa articolare sia in aumento al crescere dell’aspettativa di vita e dei traumi muscoloscheletrici, quest’ultimi responsabili di forme secondarie di artrosi. 

L’artrosi dell’anca, chiamata anche coxartrosi, è una malattia dell’articolazione dell’anca. 

Il materiale cartilagineo protettivo si deteriora sia a livello della testa del femore e sia a livello della cavità acetabolare. Le conseguenze sono chiare, ovvero si manifestano inizialmente come lievi restrizioni di movimento, che possono successivamente peggiorare e causare forti dolori.

Le cause dell’artrosi dell’anca sono estremamente diverse e di solito sono dovute a una combinazione di diversi fattori . Tuttavia, il fattore comune è un disturbo metabolico nella cartilagine. I processi di degradazione della cartilagine predominano e portano gradualmente a un’esposizione dell’osso. Se un osso sfrega contro un altro, il corpo reagisce producendo materiale osseo per contrastare la rottura. Ciò causa deformità ossea e conseguenti limitazioni nella mobilità e dolore.

I seguenti fattori possono favorire lo sviluppo dell’artrosi dell’anca o sono la causa dell’artrosi dell’anca:

  • Predisposizione genetica
  • Usura legata all’età
  • Problemi di allineamento dell’anca
  • Malattie dell’anca
  • Obesità grave
  • Sforzo fisico pesante
  • Sport
  • Lesioni
  • Conflitto dell’anca

QUALI SONO I SINTOMI DELL’ARTROSI D’ANCA?

Nella maggior parte dei casi, l’artrosi dell’anca provoca dolore e limitazione nei movimenti,  con perdita graduale dell’intra-rotazione. Nelle prime fasi della malattia, tuttavia, potrebbero non esserci sintomi evidenti. Le persone colpite di solito sentono solo un leggero dolore quando camminano o si alzano da una posizione seduta. Questi disturbi spesso scompaiono da soli dopo poco tempo. Con il progredire della malattia, il dolore si diffonde, a volte fino alle ginocchia, e movimenti come piegarsi in avanti, allacciarsi le scarpe o semplicemente salire le scale diventano più difficili per via del dolore. 

L’artrosi dell’anca in rapida progressione significa che tutto il materiale cartilagineo si deteriorerà nel prossimo futuro. Le estremità ossee non protette si sfregheranno l’una contro l’altra. Questo di solito causa gravi limitazioni del movimento e forte dolore.

La rottura del materiale cartilagineo dovuta all’artrosi non può essere fermata. Tuttavia, la riduzione del peso corporeo ed il seguire uno stile di vita attivo può aiutare a rinforzare i muscoli ed evitare l’instaurarsi di ulteriori restrizioni di movimento.

I principali sintomi dell’artrosi d’anca sono:

  • Dolore inguinale;
  • Dolore che si irradia anteriormente alla coscia;
  • Dolore lateralmente all’anca, nella zona del gran trocantere;
  • Limitazione dei movimenti;
  • Difficoltà a flettere l’anca;
  • Dolore durante le attività;

QUAL’ È IL DECORSO DI QUESTA PATOLOGIA?

Particolare attenzione è rivolta alle dimensioni dello spazio articolare.

 Più piccolo è lo spazio articolare, più avanzata è l’artrosi dell’anca. Le radiografie possono anche rilevare una deformazione (osteofiti) nelle superfici articolari. In rari casi, per una diagnosi più precisa può essere utilizzata la TAC e la RMN.

Le analisi del sangue possono inoltre aiutare a distinguere tra artrosi ed artrite.

L’artrosi può essere classificata mediante esami diagnostici radiologici e suddivisa in 5 gradi secondo Kellgren e Lawrence.

Grado 0: nessun segno di artrosi

Grado 1: restringimento minore dello spazio articolare

Grado 2: minore restringimento dello spazio articolare e leggere irregolarità nella superficie articolare

Grado 3: restringimento pronunciato dello spazio articolare e irregolarità sostanziali nella superficie articolare

Grado 4: restringimento pronunciato dello spazio articolare e deformazione/necrosi (morte delle cellule ossee) nelle parti articolari.

 

IN CHE COSA CONSISTE IL TRATTAMENTO FISIOTERAPICO PER L’ARTROSI D’ANCA?

Inizialmente, il trattamento dell’artrosi dell’anca è solitamente di tipo conservativo, a seconda dello stadio della malattia. Questo trattamento conservativo prevede principalmente la fisioterapia e l’esercizio terapeutico per rinforzare i muscoli dell’articolazione dell’anca. Esercizi mirati possono anche migliorare la mobilità e l’equilibrio, e quindi rallentare il progresso dell’artrosi e alleviare il dolore. 

Il trattamento farmacologico con antidolorifici antinfiammatori può essere utilizzato anche per alleviare il dolore.

Gli sport non dovrebbero essere evitati per paura del deterioramento. L’attività fisica regolare favorisce la circolazione sanguigna e migliora la mobilità articolare, contribuendo così al miglioramento del paziente. Tuttavia, è necessario fare attenzione a scegliere gli sport che non espongano l’articolazione dell’anca a uno stress eccessivo. 

Tuttavia, se la quantità di cartilagine dell’articolazione dell’anca è già diminuita in modo significativo, l’ intervento chirurgico è un altro modo per rallentare la progressione dell’artrosi dell’anca e per contrastarne efficacemente i sintomi. L’ intervento di protesi d’anca  è una procedura seria e dovrebbe essere presa in considerazione solo se la terapia conservativa non ha avuto successo e il dolore è persistente e molto grave. Gli interventi chirurgici sotto forma di procedure minimamente invasive, come l’artroscopia dell’anca, possono aiutare a risolvere i sintomi già in una fase iniziale dell’artrosi dell’anca.

 

La terapia chirurgica con sostituzione protesica è, tuttavia, una scelta da condividere con il paziente basata sul dolore e sulla limitazione funzionale, tenendo sempre presente la migliore tecnologia e la possibilità di un accesso chirurgico meno invasivo.

Esercizi in caso di artrosi

Esercizi in caso di artrosi

L’esercizio attivo supervisionato rappresenta la migliore pratica per i pazienti con artrosi di anca e ginocchio

  1. Introduzione

Dolore articolare e disabilità funzionale sono sintomi cardinali dell’osteoartrosi di anca e di ginocchio (OA). Si pensa spesso che questi sintomi siano dovuti a danni strutturali, e che debbano essere “riparati” solo con la chirurgia.

Al contrario, le attuali evidenze dimostrano che l’artrosi, o meglio “osteoartrosi”, è una “condizione dell’intera persona”, in cui diversi fattori biopsicosociali, contestuali e comportamentali giocano un ruolo predominante nella modulazione del dolore e della disabilità.

Questo punto di vista evidenzia il ruolo chiave dei trattamenti attivi e non chirurgici nella gestione dell’artrosi. In molti, ma non in tutti, i sistemi sanitari, l’esercizio terapeutico viene solitamente fornita da fisioterapisti.

  1. La fisioterapia ed artrosi di anca e ginocchio

L’esercizio, l’ educazione del paziente e la perdita di peso rappresentano il trattamento di prima scelta raccomandato nelle linee guida per il trattamento dell’artrosi di anca e di ginocchio. Tuttavia, se l’educazione del paziente e l’esercizio terapeutico non riuscissero a migliorare il dolore e la funzione di queste articolazioni, il fisioterapista piò offrire trattamenti supplementari come la terapia manuale.  

La perdita di peso è raramente gestita dal fisioterapista e di conseguenza non verrà affrontata nel dettaglio in questo articolo. Tuttavia, va notato come anche una modesta perdita di peso del 5% possa comportare un miglioramento significativo della sintomatologia dolorosa.  Di conseguenza, la perdita di peso è una parte importante del piano di trattamento per il sovrappeso e soprattutto per gli obesi pazienti.

  1. Trattamento di prima linea

3.1 L’esercizio terapeutico

L’esercizio terapeutico è il trattamento non chirurgico più importante nella gestione dell’artrosi del ginocchio e dell’anca, non solo per l’effetto positivo sui sintomi articolari, ma anche perché una crescente evidenza scientifica dimostra come l’esercizio e l’attività fisica aiuti a prevenire almeno 35 condizioni croniche e migliorare i sintomi in altrettanti 26.

Fino a due pazienti su tre con artrosi a livello del ginocchio e dell’anca hanno una o più comorbidità, tra cui ipertensione, diabete di tipo 2 e depressione.  L’esercizio fisico per questi pazienti è cruciale per mantenere una buona salute generale.  

Negli ultimi 25 anni, sono stati segnalati più di 54 studi randomizzati controllati che valutano l’effetto dell’esercizio terapeutico nei pazienti con OA del ginocchio e più di 12 studi che valutano l’effetto dell’esercizio nei pazienti con OA dell’anca.

La conclusione è indiscutibile: il dolore e la funzione fisica sono migliorati in modo significativo a seguito di un programma di esercizi supervisionati in pazienti con osteoartrosi di anca e ginocchio.

Sulla base delle prove esistenti, l’esercizio terapeutico sembra produrre un maggior beneficio sia sul dolore che sulla funzione nei pazienti con artrosi di ginocchio rispetto ai pazienti con artrosi d’anca. Sebbene l’effetto del trattamento sia leggermente inferiore, l’esercizio svolto in acqua può rappresentare una valida alternativa, soprattutto se  il paziente non è in grado di eseguire gli esercizi a terra, a causa, ad esempio, di sintomi intollerabili dovuti al carico dell’articolazione e / o di grave obesità.

 

3.2 L’esercizio fisico: un vero antidolorifico nel paziente con artrosi, indipendentemente dalla gravità radiografica.

Gli effetti dell’esercizio terapeutico e della terapia fisica in generale non sono associati alla gravità radiografica dell’OA del ginocchio o al grado di dolore che i pazienti hanno sperimentato prima del trattamento.

La diagnosi moderna di osteoartrosi si basa su reperti clinici senza necessariamente includere prove radiografiche, e i reperti radiografici generalmente non modificano la gestione clinica iniziale del paziente.

Nei pazienti con artrosi di ginocchio o di anca da moderata a grave in attesa di sostituzione totale dell’articolazione (intervento di protesi), il 95% delle sessioni di esercizi sotto carico di un’ora due volte a settimana sono state eseguite con un  dolore niente più che accettabile.

Pertanto, il fisioterapista svolge un ruolo importante nello spiegare al paziente che la gravità dell’OA non ha alcun impatto clinico sul potenziale effetto che lui o lei può aspettarsi dal programma di esercizi.

I pazienti che si lamentano di un dolore intenso che impedisce loro di partecipare a un programma di esercizi possono beneficiare di farmaci analgesici, previa consultazione con il proprio medico di base. Una volta che i sintomi del paziente diminuiscono a seguito di un programma di esercizi, il paziente può interrompere o ridurre l’assunzione di analgesici farmacologici.

Nei pazienti con artrosi di ginocchio e di anca che iniziano ad allenarsi due volte alla settimana, le riacutizzazioni del dolore diminuiscono con il numero di sessioni di esercizio e scompaiono per la maggior parte dei pazienti dopo circa 5-6 settimane.

 

3.3 La supervisione e la dose sono importanti per aumentare gli effetti clinici dell’esercizio terapeutico.  

L’esercizio terapeutico supervisionato potrebbe aumentare ulteriormente gli effetti del trattamento, poiché un numero crescente di studi ha dimostrato che gli effetti di un programma di esercizi  possono variare notevolmente in base alle caratteristiche del singolo paziente.

La supervisione e la dose sono elementi essenziali e possono avere un grande impatto sull’effetto dell’esercizio terapeutico.

Un elemento a volte dimenticato è la necessità di progredire nel programma di esercizi. Quando i pazienti rispondono all’esercizio e migliorano la forza e la funzione muscolare, gli esercizi dovrebbero essere resi più difficili per garantire ulteriori guadagni nella funzione muscolare.

Questo è uno dei motivi per cui è necessaria la supervisione, poiché gli aggiustamenti individuali massimizzeranno i benefici del programma. Un altro tassello fondamentale è istruire e rassicurare il paziente se si verificano riacutizzazione del dolore. Il dolore durante l’esercizio e le riacutizzazioni del dolore indotte dall’esercizio fisico sono comuni, specialmente nella fase iniziale di un programma, tuttavia, un piano di esercizio personalizzato e progressivo è essenziale per massimizzare i risultati.

gli esercizi dovrebbero essere resi più difficili per garantire ulteriori guadagni nella funzione muscolare.

Inoltre, è importante considerare le preferenze del paziente per garantire la motivazione e l’aderenza a lungo termine.

Non è ancora possibile presentare raccomandazioni specifiche sulla dose di esercizio. Tuttavia, sembra che un minimo di 12 sedute supervisionate sia più efficace rispetto a meno di 12 sedute tra i pazienti con osteoartrosi di ginocchio.

Inoltre, gli studi sull’artrosi di ginocchio che seguono le raccomandazioni dell’American College of Sports Medicine (ACSM) sull’allenamento della forza forniscono risultati migliori rispetto ad un programma di esercizi che non segue queste raccomandazioni. Anche nell’OA dell’anca, il dolore e la funzione fisica sembrano migliorare di più se il programma di esercizi segue i criteri ACSM per l’allenamento della forza.

Sembra che un minimo di 12 sedute supervisionate sia più efficace rispetto a meno di 12 sedute tra i pazienti con osteoartrosi di ginocchio.

 

3.4 L’effetto combinato dell’esercizio terapeutico e di altre modalità di trattamento

L’esercizio terapeutico combinato con l’educazione del paziente sembra più efficace del solo programma di esercizi o della sola educazione del paziente nei pazienti con artrosi del ginocchio, ed il trattamento combinato è raccomandato anche per i pazienti con artrosi dell’anca sulla base dell’esistenti evidenze.

Un piano di trattamento combinato composto da esercizio e perdita di peso è anche più efficace nel migliorare il dolore e la funzione fisica nei pazienti con OA del ginocchio in sovrappeso rispetto all’esercizio e alla perdita di peso da soli.

L’esercizio terapeutico combinato con l’educazione del paziente sembra più efficace del solo programma di esercizi o della sola educazione del paziente nei pazienti con artrosi del ginocchio

Uno studio condotto su pazienti con OA di anca ha scoperto che un programma di esercizi combinato con l’ educazione del paziente potrebbe ridurre la sostituzione totale dell’anca del 44% rispetto a quei pazienti che hanno ricevuto solo l’educazione del paziente.

Sulla base delle evidenze presentate, l’esercizio combinato con altri trattamenti di tipo conservativo è efficace e può posticipare l’intervento chirurgico per un gran numero di pazienti con OA. Tuttavia, se un paziente alla fine decide di richiedere una sostituzione totale del ginocchio o dell’anca, il solo aver partecipato a un precedente programma di esercizi comporterà un recupero postoperatorio più rapido.

 

3.5Educazione del paziente

 L’effetto misurato immediatamente dopo un programma di esercizi sotto supervisione è favorevole, ma diminuisce nel tempo, per la scarsa aderenza al programma di esercizio e dai cambiamenti dello stile di vita.

La sola educazione del paziente può avere solo un piccolo effetto sul dolore e sulla funzione; tuttavia, l’educazione del paziente combinata con sessioni di follow-up dopo il completamento del programma, può essere la chiave per aumentare l’autoefficacia e mantenere la motivazione e l’adesione a un programma di esercizi e quindi mantenere i benefici nei pazienti con OA.

L’educazione del paziente dovrebbe includere informazioni su cause, fattori di rischio e meccanismi patologici, l’importanza dell’attività fisica e le conseguenze dell’inattività, trattamenti efficaci e inefficaci e strategie di coping.

Queste informazioni aiuteranno il paziente a comprendere come gestire il dolore e le riacutizzazioni del dolore indotte dall’esercizio e lo motiveranno all’esercizio e all’attività fisica per tutta la vita.

  1. Terapia utili nel paziente con artrosi

In accordo con le linee guida cliniche, i trattamenti supplementari non dovrebbero mai essere offerti come trattamenti autonomi, ma sempre combinati con un programma di esercizi, educazione del paziente e perdita di peso (se pertinente).

Il trattamento manuale sotto forma di mobilizzazione e manipolazione articolare sembra fornire un moderato beneficio per il dolore e la funzione nei pazienti con OA del ginocchio  e può essere considerato nel trattamento dell’OA dell’anca sulla base di studi precedenti.

I tutori di scarico per l’OA del ginocchio che spostano il carico dal compartimento mediale sembrano comportare miglioramenti da piccoli a moderati nel dolore e nella funzione nei pazienti con OA del ginocchio mediale.

Il trattamento manuale sotto forma di mobilizzazione e manipolazione articolare sembra fornire un moderato beneficio per il dolore e la funzione nei pazienti con OA del ginocchio  e può essere considerato nel trattamento dell’OA dell’anca sulla base di studi precedenti.

Tuttavia, la dimensione dell’effetto era piccola rispetto a un gruppo di controllo che utilizzava una ginocchiera neutra, una ginocchiera in neoprene o un rialzo nelle scarpe.  È importante sottolineare che la compliance variava dal 45% al ​​100% e fino al 25% dei pazienti ha riportato complicazioni con l’uso del tutore, tra cui scarsa vestibilità, gonfiore e irritazione della pelle, evidenziando l’importanza dell’adattamento individuale del tutore e della supervisione all’utilizzo, al fine di ottimizzare il potenziale di effetti clinici.

Un altro studio ha esaminato l’efficacia delle solette con un rialzo laterale nel trattamento del dolore mediale di ginocchio e non ha riscontrato alcun effetto significativo rispetto a una soletta neutra, probabilmente perché i plantari personalizzati richiedono aggiustamenti individuali o sono utili solo per alcuni sottogruppi di pazienti.

Altri approcci di trattamento passivo come il massaggio, la stimolazione elettrica neuromuscolare, la stimolazione elettrica transcutanea dei nervi (TENS), gli ultrasuoni e il laser non possono essere raccomandati come parte del piano di trattamento, sulla base dell’assenza di evidenze di supporto di alta qualità.

A Cura di:

GIONATA PROSPERI, FT, SPT, SM, VRS.

  • Certificazione In Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania;
  • Sport Physical Therapy;
  • Master in Terapia Manuale Osteopatica – Spagna
  • Student Master od Advanced Studies in Fisioterapia Muscolo Scheletrica Supsi – Svizzera
  • Certification in Spinal Manipulative Therapy Student – USA;
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare;
  • Fisioterapista dei Disturbi Vestibolari – American Muscoloskeletal Institute;
  • C.E.O. della Fisioterapia Vertebrale di Massa;

Pubalgia – Groin Pain

Con il termine Pubalgia si intende una sindrome dolorosa caratterizzata da dolore in sede inguinale e/o pubica e/o sulla faccia interna delle cosce. 

Il primo problema che si riscontra è l’utilizzo delle terminologie adeguate. Un recente studio ha evidenziato la presenza di ben 33 diversi termini (tra diagnosi singole e combinate) che potevano essere utilizzati per descrivere questi disturbi, alla fine  come termine comune oltre a Pubalgia ,oramai per molti  diventato obsoleto, si è giunti al termine di : GROIN PAIN, proprio perché risulta essere un termine puramente descrittivo e quindi non induce  a delle interpretazioni diagnostiche.

 

EPIDEMILOGIA

 

Dal punto di vista epidemiologico:

  • Negli sport agonistici la Pubalgia/GP è molto frequente e rappresenta il 2-5% del dolore legato allo sport, con un’incidenza di 5-18% nei giocatori di calcio e di tennis
  • All’interno dello stesso sport gli uomini hanno maggiore incidenza rispetto alle donne
  • È un problema in crescita anche nello sport amatoriale con un’incidenza di 3.1-5.6% degli infortuni legati allo sport
  • Gli sport che sono maggiormente interessati sono quelli che richiedono calci e torsioni durante la corsa, cambi di direzione bruschi e ricorrenti, come: Calcio, Hockey, Australian Football, Gaelic Football, Rugby, Atletica Leggera (per esempio la corsa ad ostacoli), Pallavolo, Sci, Tennis, Pattinaggio, Basket, Corsa

 

Dal punto di vista delle cause che possono portare ad una sospensione dell’allenamento/partita, la pubalgia  si piazza al 3° posto dopo fratture e ricostruzione del legamento crociato anteriore. Inoltre nel 68% dei casi è conseguente ad una problematica dei muscoli interni della coscia .( Adduttori)

 

FATTORI DI RISCHIO

 

Tra i fattori di rischio che ci possono far pensare ad un possibile sviluppo di Pubalgia (Groin Pain), ritroviamo:

 

  • FATTORI INTRISECI:
    • Precedente infortunio all’inguine: sembrano essere associati ad un rischio molto elevato di nuove lesioni o comunque nuovi disturbi legati all’inguine
    • Precedente infortunio all’inguine associato alla pubalgia , più severo.
    • Precedente infortunio in altri distretti (caviglia, ginocchio, coscia, spalla)
    • Ridotta forza () isometrica degli adduttori d’anca (assoluta e relativa rispetto agli abduttori).

 

  • FATTORI ESTRINSECI:
  • Un più alto LIVELLO DI GIOCO ()
  • Una riduzione del LIVELLO DI ALLENAMENTO SPORT-SPECIFICO ()

 

EZIOLOGIA

 

Ad oggi sappiamo che l’eziologia  è multifattoriale, e non è ancora totalmente definita. Alcuni studiosi hanno cercato di portare alla luce questi modelli eziologici, integrando i fattori di rischio intrinseci (legati alle caratteristiche del soggetto, che rendevano un atleta più o meno predisposto ad un possibile infortunio) con i fattori di rischio estrinseci (legati all’ambiente in cui l’atleta deve partecipare).

 

I fattori di rischio intrinseci portano un atleta ad essere PREDISPOSTO a sviluppare Pubalgia / Groin Pain.

L’esposizione ai fattori di rischio estrinseci portano invece un atleta ad essere SUSCETTIBILE allo sviluppo di Pubalgia/Groin Pain.

L’interazione fra fattori di rischio intrinseci ed estrinseci, sommato alla ciclica partecipazione agli allenamenti e alle partite, determina una possibile condizione, cioè può rendere un atleta suscettibile a possibile:

  • infortunio senza il recupero, che lo rimuove dalla partecipazione
  • infortunio con recupero, attraverso un programma riabilitativo che prevede il reinserimento dell’atleta all’interno del ciclo

 

INQUADRAMENTO DIAGNOSTICO

 

In base a quanto detto finora, la necessità era quindi quella di fornire un inquadramento pratico della Pubalgia/ Groin Pain. E’ stata fornita una classificazione che si basa sulla storia clinica e sugli esami clinici. Questo perché l’utilizzo del immagini diagnostiche  non è ancora utilizzato come procedura inziale nella diagnosi di Pubalgia/Groin Pain. Quindi viene proposta la classificazione in 3 sottogruppi:

  • Pubalgia/GP correlata a definite entità cliniche:
    • Legata agli adduttori
    • Legata al muscolo ileopsoas
    • Legata all’inguine e zona inguinale
    • Legata alla zona pubica
  • Relativo a disfunzioni dell’articolazione dell’anca

Altre cause .

Un’altra modalità di inquadramento  per la Pubalgia/Groin Pain è relativa alla stadiazione. In questo caso abbiamo una differenziazione correlata alla durata dei sintomi senza riferimento al meccanismo lesivo, fattori di rischio, eziologia, diagnosi:

  • Acuta : legato chiaramente ad un trauma
  • Cronica : recalcitrante la terapia e che dura da molto tempo

 

Una classificazione che ci è più utile è quella in base alla modalità di esordio della patologia:

  • DI ORIGINE TRAUMATICA: l’inizio della sintomatologia è dovuto/correlato ad un qualsiasi trauma/evento acuto.
  • DA SOVRACCARICO FUNZIONALE: comparsa insidiosa e progressiva dei sintomi senza un trauma acuto o una situazione in cui l’insorgenza dei sintomi possa essere attribuita con certezza.
  • CRONICO: insieme di sintomi continui e presenti da un lungo periodo di tempo (> 12 settimane) che è recalcitrante a qualsiasi terapia conservativa.

ESAMI STRUMENTALI

 

Quando sono necessari gli esami strumentali?

Ricordiamo che l’alta prevalenza di immagini positive in atleti asintomatici rende difficile l’utilizzo dell’imaging anche per fare diagnosi di Pubalgia/GP. Quindi ci riferiremo a questo tipo di indagine qualora sospettassimo una patologia seria che necessita di un controllo o nei casi in cui ci sono dei dubbi per fare diagnosi differenziali con patologie simili.

 

TRATTAMENTO

 

Il TRATTAMENTO CHIRURGICO è indicato per casi selezionati e dà buoni risultati.

 

Il TRATTAMENTO CONSERVATIVO FISIOTERAPICO e in particolare QUELLO ATTIVO dà buoni risultati in termini di dolore e Ritorno allo Sport (migliore se in APPROCCIO MULTIMODALE).

In particolare il TRATTAMENTO FISIOTERAPICO ATTIVO prevede un programma di esercizio terapeutico suddiviso per obiettivi e fasi, con possibilità di intervenire in modo parallelo e con durata minima di 8 settimane.

 

RETURN TO SPORT

 

RETURN TO PARTECIAPTION à RETURN TO SPORT à RETURN TO PERFORMANCE

 

I CRITERI di PROGRESSIONE alle FASI sono:

 

  • [CORSA LINEARE]
  • [CORSA DI SPRINT]

A cura di:

Luigi Lanfranchi

  • Fisioterapista
Trocanterite? Meglio definirla come sindrome dolorosa del gran trocantere

Trocanterite? Meglio definirla come sindrome dolorosa del gran trocantere

Trocanterite: definizione

La trocanterite è una patologia infiammatoria dell’anca che interessa quei tendini, con la rispettiva borsa sinoviale,  che si inseriscono sul gran trocantere, in particolare piccolo e medio gluteo, importanti muscoli stabilizzatori del bacino quando si è in appoggio monopodalico.

 

  • Si ipotizza che tale condizione, spesso definita con il termine di tendinopatia glutea, con o senza borsite, si verifica in seguito ad una compressione inserzionale di queste strutture sulla regione trocanterica.

 

  • Ad oggi viene messa in discussione il ruolo dell’infiammazione da alcune evidenze scientifiche, motivo per cui la definizione oggi ritenuta più corretta è quella del Greater Trochanter Pain Syndrome, GTPS, ovvero sindrome dolorosa del gran trocantere.

 

Questa sindrome si manifesta con un dolore nella regione del gran trocantere del femore, causata da una patologia a carico dei tendini del medio e del piccolo gluteo con associata borsa trocanterica.

E’ una condizione disabilitante e cronica, spesso presente in tutti i gruppi di età, dal più giovane al più anziano, sia nella popolazione attiva e sia in quella sedentaria.

  • Le donne hanno un maggior rischio di sviluppare la GTPS (trocanterite) e questo rischio sembrerebbe aumentare con lo sviluppo della menopausa;
  • La maggior prevalenza nelle donne è attribuibile alla morfologia scheletrica della pelvi (maggior larghezza del bacino), e alla presenza di una coxa vara, ovvero un angolo tra il complesso testa-collo del femore e il corpo del femore inferiore a 120 gradi, valore minimo considerato normale;
  • Un aumento della larghezza della tuberosità del gran trocantere, un aumento della massa grassa ed una riduzione degli ormone sessuali femminili sono considerati fattori di rischio per lo sviluppo della trocanterite (Greater Trochanteric pain syndrome).

 

Grande e piccolo gluteo: principali fattori di rischio

Molto  spesso i pazienti sintomatici presentano modelli funzionali degli arti inferiori compromessi, inclusi un’ alterato schema del passo, che risulta essere più lento e più corto, e difficoltà a salire e scendere le scale.

Queste disfunzioni di movimento sembrerebbero essere la conseguenza di una ridotta forza dei muscoli deputati all’abduzione dell’anca e di una mancanza di controllo pelvico.

Mentre i muscoli grande e piccolo gluteo sono implicati in questa sindrome dolorosa, anche il deficit del grande gluteo potrebbe avere un suo impatto sulla funzione di questa popolazione, avendo un ruolo nella stabilità pelvica, nel passo, nell’abduzione,  nell’estensione e nella rotazione esterna dell’anca.

Uno studio condotto a Victoria, in Australia,  ha identificato specifici cambiamenti (dimensione e qualità) dei muscoli del gluteo nelle donne che presentavano questa condizione clinica a livello del gran trocantere, rispetto ad una popolazione asintomatica.

  • Una maggior quantità di infiltrato adiposo era evidente a livello del grande gluteo e del piccolo gluteo, specie nella sua porzione posteriore.
  • La porzione anteriore del piccolo gluteo è maggiormente soggetta ad atrofia con l’avanzare dell’età.

Il grande gluteo, assieme al piccolo e medio gluteo sono importanti abduttori dell’articolazione dell’anca, come già accennato precedentemente, e sono responsabili del controllo pelvico controlaterale durante l’appoggio monopodalico (corsa o camminata che sia).

  • Una ridotta forza da parte di questi muscoli viene riportata da una popolazione con tendinopatia gluteo (e quindi trocanterite), la quale potrebbe essere il risultato di un aumento dell’atrofia muscolare e di un maggior infiltrato adiposo .

L’impatto di questa tendinopatia sulle attività di vita quotidiana è sostanziale. Il dolore è spesso presente durante la notte, specie se si dorme sul lato affetto ed è comunemente sperimentato durante la camminata, specialmente se si allunga il passo, e nel salire o scendere una rampa di scala.

  • Si ipotizza che un focus specifico sul ripristino della funzione muscolare degli abduttori dell’anca e l’evitare carichi di compressione sui tendini fornirà un approccio migliore per ottenere risultati efficaci di trattamento.

Trattamento

La realtà attuale è che il piccolo e grande gluteo sono spesso muscoli poco considerati nella pratica clinica. La loro funzione principale è quella di stabilizzare l’estremità inferiore nelle attività monopodaliche, come la corsa od un salto, o semplicemente una passeggiata.

Spesso gli ortopedici prescrivono esercizi di rinforzo del quadricipite per risolvere questa condizione, se non addirittura terapie passive, quali tecar o laser per risolvere uno stato infiammatorio di dubbia presenza.

  • Considerato il ruolo primario della debolezza di questi muscoli (in termini di atrofia e infiltrato adiposo) la gestione terapeutica della sindrome dolorosa del gran trocantere dovrebbe focalizzarsi sul rinforzo di questi muscoli (in primis grande e piccolo gluteo), per esempio con esercizi in appoggio monopodalico.

GIONATA PROSPERI FT, SPT, SM, cert. VRS          

  • Fisioterapista Sportivo  e Scienze Motorie
  • OMPT Student – SUPSI switzerland
  • Fisioterapista esperto In Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare
  • Fisioterapista dei Disturbi Vestibolari
  • Fisioterapista specializzato nella Spalla dolorosa

Protesi d’anca

Si  tratta di un intervento chirurgico di sostituzione dell’articolazione dell’anca con una protesi anatomica composta da materiali diversi . L’operazione  si rende necessaria quando l’articolazione, subisce un grave danno. In simili circostanze, l’applicazione della protesi mira a ristabilire la normale mobilità articolare, che sarebbe, altrimenti, irrimediabilmente compromessa.

Cenni anatomici

L’anca identifica sia la regione anatomica del corpo umano che collega il tronco agli arti inferiori, sia l’articolazione che risiede in questa posizione. E’composta da un’impalcatura scheletrica tenuta insieme da diversi muscoli e legamenti.

Le ossa, che formano l’articolazione dell’anca, sono:

    ll femore,  testa e collo sottostante

    L’acetabolo, una cavità dentro la quale si posiziona la testa del femore appartenente al bacino .

L’anca viene considerata una delle più grandi articolazioni del corpo umano , per le sue caratteristiche  anatomiche e biomeccaniche è definita enartrosi poiché possiede 3 assi e 3 gradi di libertà . Per ridurre le frizioni e gli urti da impatto, l’articolazione dell’anca è circondata da liquido sinoviale e da cartilagine.

I fattori di stabilità sono dati da :

  • potenti legamenti
  • muscoli
  • orientamento del collo del femore
  • capsula articolare
  • forza di gravità.

Questa  articolazione è fondamentale poiché è il punto dinamico di transizione tra i movimenti  del tronco e quelli degli arti inferiori  inoltre permette l’adattabilità alla caratteristiche della stazione  eretta , del cammino  e del piano di appoggio.

Come ogni articolazione, anche l’anca può subire dei danni. Quando ciò accade, la prima misura terapeutica consiste in un trattamento conservativo mirato alla riduzione del dolore e al mantenimento delle attività di vita quotidiana  con fisioterapia e terapia farmacologica se necessaria . Tuttavia, se l’entità del danno fosse notevole o ha natura cronica, andrebbe  presa in seria considerazione la possibilità di sottoporsi all’intervento chirurgico di sostituzione  d’anca. In questi casi, sono il dolore persistente e l’incapacità di svolgere le più facili attività quotidiane (stare in piedi, camminare, guidare ecc.) a convincere il paziente a operarsi.

La protesi d’anca rimpiazza la naturale articolazione, ormai non più funzionale.

CAUSE PIٙ FREQUENTI DI DANNO ARTICOLARE

Un attenta valutazione ortopedica ha permesso di tipizzare l’anca da operare; percorsi chirurgici specifici di ricostruzione sono stati preparati per trattare pazienti affetti da molteplici cause ,le  più comuni, che determinano un danno all’articolazione dell’anca, sono tre:

 

  • Osteoartrosi. Sono le artrosi più comuni, caratterizzate dalla degenerazione della cartilagine articolare. Per questo motivo, sono dette anche “artrosi da usura”. Il paziente, per lo più anziano, avverte dolore e difficoltà motorie.
  • Artrite reumatoide. Si tratta di una malattia autoimmune che colpisce le articolazioni sinoviali, provocando uno stato infiammatorio duraturo e con esiti di rigidità e deformità articolare.
  • Frattura ossea. Quella dell’anca è una delle fratture ossee più comuni, tra le persone anziane. A secondo del tipo di frattura e dalla sede la guarigione spontanea, a volte, non è sufficiente a ristabilire la piena mobilità articolare.  

ALTRE CAUSE 

All’origine di un danno dell’anca, ci possono essere anche altre cause, meno comuni delle precedenti. Una di queste è l’artrite settica, che è un’infiammazione batterica dell’articolazione. Un’altra è la necrosi avascolare, . Un’altra ancora è la malattia ossea di Paget, che altera la crescita e il ricambio osseo. Le ossa diventano più fragile e sono a rischio continuo di frattura.

Ci sono, infine, i tumori ossei e la displasia congenita dell’anca. Quest’ultima, in particolare, è caratterizzata da una disposizione anomala degli elementi ossei articolari, che pregiudica la capacità mobile dell’articolazione. Il disturbo è presente fin dalla nascita e ha effetti, talvolta, invalidanti.

CHI SI SOTTOPONE ALL’INTERVENTO?

Ad esclusione delle fratture l’intervento chirurgico è comunque raccomandato solamente in caso una delle suddette patologie si manifesti con grave dolore o rigidità che limita le attività quotidiane, tra cui camminare, alzarsi o sedersi su di una sedia e vestirsi.

Non esiste un’età assoluta o limitazioni di peso per la chirurgia di protesi, anche se è bene ricordare che questi impianti non durano in eterno (il 90% degli impianti sopravvive 20 anni) e che il peso eccessivo del vostro corpo può essere la causa di una minore longevità della vostra protesi. Quando una protesi fallisce perché si è usurata, dovrà essere sostituita; questo intervento detto di revisione della protesi di anca è un intervento più complesso  rispetto all’intervento di primo impianto.

L’indicazione per la chirurgia viene data sulla base del dolore che avverte il paziente e la sua disabilità, non sull’età. La maggior parte dei pazienti che si sottopongono a Protesi totale dell’anca sono di età compresa tra i 50 e gli 80 anni, ma i chirurghi ortopedici valutano i pazienti individualmente.

Gli individui, che si sottopongono maggiormente all’intervento di protesi d’anca, sono gli anziani di età compresa tra i 60 e gli 80 anni. Ciò è in linea con quanto appena detto, in merito alle principali cause di danno articolare dell’anca. Infatti, osteoartrosi, artrite reumatoide e fratture dell’anca sono circostanze patologiche tipiche dell’età avanzata.

L’intervento sui giovani adulti e sui bambini è raro. La causa più frequente, in questi frangenti, è la displasia congenita dell’anca.

QUALI SONO I BENEFICI DELL’INTERVENTO?

L’intervento di protesi d’anca mira al raggiungimento dei seguenti obiettivi e benefici:

  • Riduzione del dolore
  • Miglioramento della mobilità articolare
  • Miglioramento delle capacità motorie dell’individuo operato
  • Miglioramento sensibile della qualità della vita.

È comunque importante capire che la Protesi dell’anca non vi permetterà di fare di più di quanto facevate prima di iniziare a soffrire di artrosi.

Come abbiamo detto, l’uso e l’attività normale, portano la protesi  lentamente incontro a usura. L’eccessiva attività o il peso elevato possono accelerare questo processo e  condurre precocemente verso un intervento di sostituzione della  protesi.

Saranno sconsigliati tutti gli sport che prevedono traumi diretti o indiretti dell’anca e che prevedano il contatto con gli avversari ,mentre le attività consigliate tutte quelle a basso impatto come : il tennis, la corsa, il nuoto, la bicicletta .

Intervento

Una volta giunto al ricovero ospedaliero e svolto gli esami di routine ( visita medica, ECG, esami sangue e urine , esami farmacologici) l’intervento di protesi d’anca si esegue, di solito, in anestesia generale. Tuttavia, è possibile anche optare per un’anestesia epidurale, in cui solo l’estremità inferiore del corpo è insensibile al dolore. Chi sceglie questa seconda opzione, non è comunque cosciente, poiché deve assumere dei forti sedativi.

Ad anestesia avvenuta, comincia l’intervento vero e proprio. La procedura può suddividersi in tre momenti cardine:

  • Incisione dell’anca
  • Rimozione dell’articolazione danneggiata
  • Sostituzione con un’articolazione artificiale 

Quando si rimuove l’articolazione danneggiata, si tolgono la parte superiore del femore (testa, collo e un pezzo del corpo) e la porzione di acetabolo, entro cui alloggia il femore stesso.La scelta dell’incisione della via di accesso viene pianificata per rendere l’intervento meno invasivo possibile.

Per la rimozione della parte danneggiata può corrispondere la sola testa del femore o solo l’acetabolo , in questo caso di parlerà di protesi a stelo corto e di rivestimento .

Una fisioterapia pre intervento aiuta di gran lunga gli esiti della riabilitazione e può facilitare anche l’intervento stesso. 

Complicanze

Il tasso di complicanze a seguito di Protesi totale dell’anca è basso. Complicazioni gravi, quali l’infezione dell’anca, si verificano in meno dell’1% dei pazienti. Le malattie croniche possono aumentare il rischio di complicanze. Anche se è raro, quando però si verificano, queste complicazioni possono prolungare o limitare il pieno recupero.  Le più comuni sono :

  • Dismetria
  • Lussazioni
  • Ritardo cicatrizzazione della ferita
  • Fratture intraoperatorie
  • Ossificazioni eterotopiche
  • Allergie a componenti metallici
  • Infezioni
  • Mobilizzazione asettica della protesi
  • Complicanze vascolo nervose
  • Rottura protesi 

Protesi tipologia –  componenti

Esistono molteplici modelli diversi di protesi d’anca. Tuttavia, quelli realmente utilizzati sono meno di dieci. La scelta della protesi più appropriata spetta al chirurgo, il quale di volta in volta fa diverse considerazioni relative a: 

  • Età del paziente
  • Peso corporeo e fragilità di alcuni materiali (ceramica)
  • Eventuali allergie del paziente ai materiali (metalli) della protesi
  • Sesso
  • Patologia di base

Solo a questo punto, si passa alla sostituzione dell’anca con una protesi in lega metallica. Il chirurgo  fissa al bacino, una cavità artificiale, che funge da acetabolo. Questa cavità è chiamata coppa (o cotile) protesica. Lo stelo protesico è fatto  per saldarsi al femore rimasto e  l’altra estremità presenta una testa, molto simile a quella del femore, che alloggia perfettamente dentro la coppa protesica.

Infine, per fissare saldamente la coppa e la testa dello stelo, le soluzioni sono due: o si applica del cemento acrilico (una specie di colla), oppure si ricorre a un meccanismo a pressione.

La protesi d’anca è fatta di materiali diversi. Lo stelo e la coppa sono di una lega metallica; l’inserto e la testa, invece, possono essere, oltre che in metallo, anche di plastica o ceramica. I materiali di realizzazione incidono sulla durata e sull’usura della protesi. 

Decorso post operatorio – prevenzione complicanze

Il decorso post operatorio inizierà per i primi giorni in ospedale per poi proseguire a domicilio. I punti base saranno questi :

    Gestione del dolore. La gestione del dolore è una parte importante della vostra guarigione. La deambulazione e il movimento dell’anca inizierà subito dopo l’intervento chirurgico, appena si sente meno dolore, si inizierà a muoversi presto e questo aiuterà a riprendere le forze in modo più rapido.

    Prevenzione dei coaguli di sangue (Trombosi Venosa Profonda -TVP-). Il chirurgo ortopedico può prescrivere uno o più misure per prevenire i coaguli di sangue e diminuire il gonfiore delle gambe. Questi possono includere calze elastiche vascolari a compressione graduale, e fluidificanti del sangue (eparina). Subito dopo l’intervento chirurgico saranno incoraggiati il movimento del piede e della caviglia per aumentare il flusso di sangue nei muscoli delle gambe e quindi per aiutare a prevenire il gonfiore delle gambe e la formazione di coaguli di sangue.

    Fisioterapia. Esercizi di mobilizzazione dell’anca e del ginocchio e della caviglia saranno eseguiti fin dal giorno stesso dell’intervento chirurgico. La maggior parte dei pazienti inizierà a deambulare il giorno dopo l’intervento quando il drenaggio verrà rimosso. Un fisioterapista vi insegnerà esercizi specifici per rafforzare i glutei, la coscia e ripristinare il movimento dell’anca. Particolare attenzione sarà rivolta alla ripresa della deambulazione per permettervi di recuperare il prima possibile le normali attività quotidiane subito dopo l’intervento chirurgico. La fisioterapia viene consigliata di essere proseguita a domicilio e nei vari centri di riabilitazione per un miglior recupero fisico . 

Durante la  convalescenza a casa sono consigliate  fatte diverse modifiche  che possono rendere più facile la deambulazione  durante il recupero. I seguenti suggerimenti possono aiutarvi con le attività quotidiane: 

  • Barre di sicurezza o un corrimano sicuro nella vostra doccia o vasca da bagno;
  • Corrimano sicuri lungo le scale;
  • Una sedia stabile con un cuscino del sedile fermo (e una altezza di 45-50 cm);
  • Un rialzo del water se si dispone di un WC basso;
  • Un cuscino da porre fra le cosce mentre dormite su di un lato per mantenere le anche abdotte riducendo il rischio di lussazione;
  • Un banco doccia stabile o una sedia per la doccia;
  • Rimozione di tutti i tappeti e degli ostacoli;
  • Uno spazio di vita temporaneo sullo stesso piano, perché fare le scale sarà più difficile durante la prima fase di recupero  

Riabilitazione

La riabilitazione è fondamentale per recuperare, nei tempi stabiliti, la piena mobilità articolare.

Essa comincia già dopo la dimissione dall’ospedale e consiste in un programma di esercizi da eseguire in palestra. In questa sede, il paziente deve affidarsi alle cure e ai consigli di un fisioterapista, il quale propone gli esercizi da svolgere e corregge eventuali errori di esecuzione.

La riabilitazione è un momento importante, non solo per il recupero fisico, ma anche per quello psicologico. La sensazione di dolore, patita all’inizio del percorso di recupero, può sconfortare il paziente, ma il sostegno, offerto dalle persone attorno a lui, può aiutarlo a superare tali difficoltà.

Bisogna curare ogni piccolo dettaglio, se si vuole recuperare al meglio. Pertanto, durante la fase di recupero andranno  evitati movimenti bruschi e posizioni estreme . 

  • Evitare la flessione dell’anca con un angolo superiore ai 90°, durante ogni attività
  • Evitare di eseguire movimenti di rotazione dell’anca
  • Non fare perno sulla gamba operata
  • Girarsi su se stessi a piccoli passi
  • Evitare di comprimere la ferita (quando si dorme, per esempio)
  • Non accavallare le gambe
  • Evitare le sedie troppo basse e dotarsi, in casa, di un gabinetto rialzato. 

Come abbiamo già detto l’intervento riabilitativo inizierà già dalla prima giornata post operatoria e ha tra i suoi primi obiettivi quello di intervenire principalmente sulla prevenzione delle complicanze , isieme a quelle del recupero della mobilità,forza e dell’autonomia del paziente.Oltre a istruire ail paziente sui movimenti da evitare , si raccomanderà  al paziente cosa fare possibilmente a letto e di ripetere questi esercizi più volte nell’arco della giornata autonomamente , secondo sempre la tolleranza al dolore:

  • flesso-estensione della caviglia
  • contrazione isometrica dei muscoli glutei
  • flesso –estensione dell’articolazione dell’anca e di ginocchio

Sarà inoltre educato all’esecuzione delle seguenti attività motorie:

  • passaggi posturali
  • scendere dal letto
  • camminare
  • azione di igiene personale 

Nei successivi 20 giorni gli obiettivi saranno :

  • completa guarigione della ferita
  • recupero dell’articolarità :

-esercizi di mobilizzazione passiva  effettuata dal fisioterapista

-esercizi di auto-mobilizzazione assistita

-mantenimento di posture che influiscono sul recupero dell’articolarità

-esercizi di cauta mobilizzazione forzata da parte del fisioterapista

-esercizi di stretching articolare e muscolare.

  • recupero forza muscolare:

-contrazioni isometriche di coscia in posizione supina ad arto esteso

-contrazioni isometriche di glutei in posizione supina ad arti estesi

-flessione della coscia

-estensione della coscia

-abduzione e adduzione della coscia

-contrazione dei muscoli addominali

Posizione supina : allungamento e rinforzo muscoli flessori ,abduttori e adduttori

Posizione decubito laterale : Rinforzo dei muscoli estensori,abduttori,adduttori e addominali che stabilizzano il tronco

Posizione prona : Rinforzo dei muscoli estensori, abduttori e stabilizzatori dell’anca

Posizione seduta : Rinforzo dei muscoli quadricipiti e flessori ginocchio

Posizione quadrupedica: Rinforzo dei muscoli stabilizzatori del tronco e dei muscoli estensori, extrarotatori e intrarotatori dell’anca

Stazione eretta : graduali esercizi di carico

Esercizi di propriocezione

Esercizi durante il cammino

Possono essere proposte anche varie attività in differente tipologie :

  • lavoro di gruppo in palestra per il recupero articolare e funzionale
  • lavoro di gruppo per l’addestramento delle attività di vita quotidiana
  • lavoro di gruppo in percorso indoor
  • lavoro di gruppo in percorso outdoor.

Durante la fase di riabilitazione sono consigliate anche delle sedute di massoterapia e di linfodrenaggio . Utile se fosse disponibile una volta che la cicatrice sia ben suturata anche delle sedute di Idrokinesi terapia : la diminuzione del carico sulle articolazioni e la fluidità dei movimenti svolti in acqua rendono gli esercizi riabilitativi più semplici e controllabili, consentendo al paziente l’esecuzione di movimenti impensabili a secco .

La riabilitazione continua  dalle 3 alle 8 settimane salvo complicanze elencate precedentemente.

SI procederà al carico progressivo , allo svezzamento delle stampelle e al ritorno graduale alle attività di vita quotidiana e allo sport .

 

Domande frequenti :

Attività      Dopo quanto si può riprendere a ?        

Guidare :   6 settimane dopo l’operazione .               Il paziente può incontrare delle difficoltà a entrare e uscire dall’auto. Una soluzione può essere quella di sedersi e girarsi sul sedile con le gambe parallele.

Lavoro :     6-12 settimane dopo l’operazione .I tempi dipendono dal tipo di lavoro. Se sedentario, la ripresa richiede, ovviamente, meno tempo.

Vita sessuale :     6-8 settimane dopo l’operazione .È meglio aspettare il consulto del medico curante.

Sport  :        12-16 settimane ,a seconda del tipo di attività ,consigliati sport non da contatto

A cura di:

Luigi Lanfranchi, FT

“Strappo” muscolare posteriore alla coscia?

“Strappo” muscolare posteriore alla coscia?

 “Strappo” muscolare posteriore alla  coscia? 10 cose che devi sapere

  1. Partiamo innanzitutto a capire chi sono i responsabili del tuo dolore.

Chi sono gli hamstring ?

Hamstring è il nome collettivo con cui si identificano i muscoli posteriori della coscia: Semimebranoso, Semitendinoso e Bicipite Femorale;

la loro azione principale è quella di flettere la gamba sulla coscia ed estendere la coscia sull’anca.

La lesione agli Hamstring è uno dei più comuni infortuni negli sport in cui sono presenti scatti , come ad esempio il calcio, running, rugby ecc..

Secondo recenti ricerche rappresenta circa il 12-15 % di tutti gli infortuni

Dei tre muscoli, è il Bicipite ad essere maggiormente colpito e, in particolare il Capolungo (nell’80% dei casi)

  1. Qualsi sono i fattori di rischio per una lesione agli Hamstring ?

Forza insufficiente , specialmente in contrazione eccentrica

L’esercizio eccentrico in un soggetto precedentemente non allenato porta a sensazioni di rigidità e dolore il giorno successivo; Si ritiene che questi siano il risultato di un danno microscopico alle fibre muscolari seguito da una risposta infiammatoria locale.

Gli hamstring sono spesso associati a contrazioni eccentriche  e tali contrazioni producono danni muscolari microscopici.

Se le contrazioni eccentriche continuano, le aree microscopiche di danno possono fornire un punto di debolezza da cui può sorgere una lesione maggiore.

(American College of Sport Medicine)

Insufficiente lunghezza muscolare: studi recenti hanno dimostrato che i soggetti con un rom di flessione di anca inferiore a 90° sono più a rischio di altri per lesioni muscolari di hamstrings.

Disequilibrio muscolare tra muscoli agonisti e antagonisti.

Fatica Muscolare Precoce: la fatica muscolare porta a acidosi precoce e quindi alterazioni metaboliche del muscolo con un rischio maggiore di lesione.

Instabilità lombare e/o aumentato tilt pelvico Anteriore:  Un’analisi statistica del 2017 ha evidenziato come il verificarsi di una lesione agli hamsting fosse associato ad un aumentato tilt pelvico anteriore e flessione laterale toracica durante le fasi di volo (oscillazione) dello sprint durante la corsa. (Deviating running kinematics and hamstring injury susceptibility in male soccer players: Cause or consequence?) 

Lesioni Pregresse.

3. Qual é il meccanismo di lesione ?

Scatto, accelerazione e decelerazioni, cambi di direzioni, salti e kick sono i movimenti principali che possono indurre una lesione.

Le lesioni possono essere suddivise in due grandi categorie:

sprinting type: avviene a seguito di un estensione improvvisa di ginocchio combinata con flessione di anca ( un calcio in avanti o durante la corsa);

stretching type: lesione dovuta solitamente ad eccesso di stiramento e colpisce maggiormente il semimembranoso o semitendinoso. 

  1. Dopo un infortunio agli hamstring c’é il rischio di recidiva ?

Si, con una probabilità del 25%.

Uno studio del 2016(hamstring reinjuries occur at the Same Location and eary After Return To sport) ha evidenziato che il 50% delle recidive avvengono 25 giorni dopo il ritorno allo sport, il 79% entro un anno .

Ma quali sono le cause di reinjuries?

  • Riduzione del rom di flessione di anca
  • deficit di forza e controllo muscolare di tutto l’arto inferiore
  • bassa attività mioelettrica
  • inadeguata riabilitazione. 
  1. Quanto impiegherò a guarire?

I tempi di recupero variano a seconda di molti fattori;

Innanzi tutto dipende dalla grandezza della lesione; La severità di tali lesioni va dal semplice DOMS (delayed onset muscle soreness) sino alla rottura muscolare completa, in base a ciò il tempo di recuperò può variare da qualche giorno a 6 mesi.

dal tessuto coinvolto : giunzione muscolo tendinea , tendine, regione centrale del muscolo,

dal tipo di lesione: uno stretching type ha un tempo di recupero circa 3 volte superiore allo sprinting type.

 

  1. Come faccio a sapere di avere una lesione ?

Un’attenta valutazione fisioterapica permette di valutare l’entità della lesione attraverso :

  • osservazione: presenza di ematomi, atteggiamento antalgico, avvallamento o interruzione sul corpo muscolare;
  • palpazione del muscolo : secondo uno studio, (clinical implications from daily physiotherapy examination of 131 acute hamstring injuries and their association with running speed and rehabilitation progression), quando il dolore alla palpazione è dimezzato rispetto all’inizio, siamo a metà del trattamento.
  • Test attivi e passivi per valutare rom articolare ( Mhfake test: estensione di ginocchio ad anca flessa, Slr attivo: flessione di anca a ginocchio esteso , flessione tronco )
  • Valutazione Muscolare concentrica ed eccentrica inner, middle e outer range
  • Condizioni fisiche Generali.
  • Eventualmente esame ecografico
  • In rari casi RMN, utile per conferma diagnosi incerta o in caso di intervento chirurgico

 

  1. In cosa consiste la fisioterapia e quando iniziare ?

È necessario iniziare la fisioterapia subito in prima giornata post infortunio, in modo tale da             accelerare i tempi di recupero.

Il programma riabilitativo può essere sintetizzato in 3 fasi:

Fase acuta : in questa fase che dura generalmente massimo 1 settimana, è ancora presente una reazione infiammatoria acuta con edema locale a seguito di rottura di capillari e conseguenti condizioni anaerobiche; inizia il processo di granulazione cicatriziale.

L’obbiettivo in questa fase è promuovere la riparazione e ridurre il dolore .

Come ? Per una guarigione di qualità e una riduzione del rischio di recidiva nel 2019 il British Journal of Sport Medicine ha emesso un nuovo protocollo,  PEACE & LOVE :

 

Protezione: ovvero ridurre il movimento o il carico sulla struttura per qualche giorno in modo da evitare l’aggravamento della lesione.

Elevazione dell’arto in modo da ridurre il gonfiore

Antinfiammatori: vanno evitati! Cosi’ come l’uso del ghiaccio. Il loro scopo teorico e’ di ridurre il processo infiammatorio. Ma se questo e’ il primo passo verso la guarigione perche’ ostacolarlo?

            Compressione.

            Educazione del paziente

            Load ovvero caricare in modo graduale la struttura danneggiata

            Ottimismo:  paura, catastrofizzazione e depressione possono essere molto piu’ dannosi che il       trauma stesso trasformandosi in ostacoli insuperabili nella strada verso il pieno recupero.

            Vascolarizzazione ovvero praticare attivita’ aerobica in assenza di dolore. L’esercizio             cardiovascolare sprigiona cortisolo, adrenalina, endorfine ecc.

La benzina giusta per buon umore e recupero piu’ veloce.

            Esercizio: contrazioni isometriche non dolorose. 

            Fase Sub Acuta : è la fase di riparazione vera e propria in cui i fibroblasti producono     collagene per la formazione della cicatrice. L’esercizio in questa fase è un elemento       indispensabile per promuovere la formazione di una cicatrice funzionale.

Fase di Rimodellamento: fase di rimodellamento del collagene.

 

  1. In poche parole bisogna lavorare su :
  • Capacità tissutale;
  • Forza Muscolare;
  • Velocità;
  • Prestazione motoria;

Capacità : è l’abilità di stressare un tessuto lesionato senza perdere forza.

Si andrà a valutare non soltanto il muscolo lesionato ma anche Glutei in maniera uni e bilaterale, adduttori, quadricipiti, muscoli stabilizzatori di tronco e pelvi.

Esercizi quali:

Bridge bipodalico e unilaterale

Glute-ham Raise

Affondi lineari e multidirezionali

Corsa laterale incrociata

Corsa su superfici diverse (sabbia tappetini propriocettivi, terreno ecc.. )

Bridge monopodalico

Glute-ham Raise

Affondi Lineari

Forza muscolare: recuperare la forza del muscolo lesionato e non solo.

            In questa fase verranno eseguiti esercizi specifici per il muscolo lesionato, quindi esercizi anca dominante per stimolare maggiormente il bicipite femorale, esercizi ginocchio dominanti per rinforzare maggiormente semitendinoso e semimembranoso.

            Uno degli esercizi cardine per gli ischio-crurali è il Nordic Hamstring, che attiva inizialmente semitendinoso e semimembranoso e in fase terminale dell’esercizio il bicipite.

            Altri esercizi: step up con bilanceri, affondi multirezionali con bilanceri o pesi etc…

Nordic Hamstring

Deadlift con kettelbell

Eccentrica degli ischiocrurali

Velocità: eseguire un movimento rapido senza paura, con controllo motorio e senza dolore

ad esempio: balzi veloci da una gamba all’altra, scatti, salire scalini, askling , kettlebell   swing etc.

  1. Quando posso tornare a fare sport ?
    • Assenza di dolore alla palpazione
    • assenza di dolore al Mhfake test
    • recupero di forza eccentrica concentrica e isometrica pre infortunio
    • Askling negativo e recupero del rom completo (illustrazione 1 )

In ogni caso il rientro sportivo sarà graduale.

Illustrazione 1: Askling test si propone di verificare se, nel momento in cui gli altri test ed esami clinici evidenziano la possibilità di ritorno allo sport, ci sia ancora la presenza di fattori che meritano il proseguimento della riabilitazione (differenza di flessibilità, percezione di insicurezza, paura nell’eseguire il movimento)

 

  1. Come prevenire un recidiva ?

Continuare con il lavoro muscolare eccentrico, concentrico e isometrio non soltanto degli hamstring ma, come già detto sopra, rinforzare tutta la coscia, glutei, stabilizzatori della colonna; mantenere un buon rom articolare di anca ginocchio schiena e lavorare su fatica muscolare.

A Cura di: 

GIULIA SANGUINETTI, PT, OMPT student 

  • Orthopaedic Manipulative Physical Therapist (OMPT) Student
  • Fisioterapista dei disturbi vascuolo-linfatici
  • Fisioterapista esperta in fisio-pilates