ARTROSI DELLA SPALLA

ARTROSI DELLA SPALLA

FINALMENTE LIBERI DAL DOLORE GRAZIE AI NOSTRI TRATTAMENTI PERSONALIZZATI

Indossare una giacca, lavarsi i capelli, raggiungere uno scaffale alto… quando ogni movimento del braccio provoca un lampo di dolore nella regione della spalla, la vita di tutti i giorni diventa difficile. La colpa è dell’usura della spalla (artrosi).

Esistono diversi modi per trattare efficacemente l’artrosi della spalla. I nostri fisioterapisti altamente specializzati sull’artrosi possiedono diversi anni di esperienza e concetti per trattamenti altamente personalizzati.

COS’È L’ARTROSI?

L’artrosi è il termine medico per indicare l’usura cronica e lentamente progressiva di un’articolazione. Si distingue una forma primaria e secondaria. 

L’artrosi primaria è la più frequente. La causa di questa forma di artrosi della spalla è il danno alla cartilagine articolare. Ciò fa sì che i processi di costruzione e degradazione della cartilagine perdano l’equilibrio che si traduce in una perdita dello strato protettivo della cartilagine. Di conseguenza, l’usura si espande all’osso, alla capsula articolare e ai tendini circostanti. Questo provoca lo sviluppo del dolore. Se non trattata, l’artrosi provoca una deformazione ossea nell’articolazione e, di conseguenza, limitazioni alla mobilità meccanica. Di solito, la predisposizione e/o l’abuso sono responsabili dell’artrosi. In questi casi l’artrosi della spalla si verifica spesso senza una causa rilevabile. 

La forma secondaria di artrosi non è necessariamente correlata all’età. Più frequentemente, sono la diretta conseguenza di danni ai tendini (lesioni a carico della cuffia dei rotatori) o di incidenti passati con conseguente frattura di spalla. 

Altre forme di artrosi secondaria si sviluppano se c’è un’instabilità cronica nell’articolazione della spalla dovuta a lussazioni ricorrenti. Le malattie infiammatorie croniche, ad esempio i reumatismi, possono causare forme caratteristiche di artrosi. Nelle forme più rare, l’artrosi è causata da un problema di circolazione nella testa omerale (necrosi della testa omerale). Questo può anche svilupparsi dopo incidenti o a causa dell’assunzione di determinati farmaci, ad esempio i farmaci chemioterapici. 

CENNI DI ANATOMIA E FISIOLOGIA DELLA SPALLA

La tua spalla è composta da tre ossa:

  • Osso del braccio superiore (omero);
  • Scapola;
  • Clavicola

La testa dell’osso del braccio si inserisce nella cavità glenoidea della scapola. Una combinazione di muscoli e tendini mantiene la testa dell’omero ben centrato in questa cavità. Questi tessuti sono chiamati muscoli della cuffia dei rotatori.

Ci sono due articolazioni nella spalla, ed entrambe possono essere colpite da artrosi. Un’articolazione si trova dove la clavicola incontra la punta della scapola (acromion).  Questa è chiamata articolazione acromioclavicolare (AC). Il secondo è dove la testa dell’omero si inserisce nella scapola ed è chiamata articolazione gleno-omerale.

In realtà quando parliamo di spalla dobbiamo considerare che essa è composta, in realtà, da 5 articolazioni ben sincronizzate. Tuttavia, solo 3 articolazioni vengono considerate “vere articolazioni”, ovvero articolazione gleno-omerale, acromion-clavicolare e sterno-clavicolare.

La spalla possiede, inoltre, diverse altre strutture importanti:

  • La cuffia dei rotatori, ovvero un insieme di muscoli e tendini che circondano la spalla, dandogli supporto e consentendo un’ampia gamma di movimenti.
  • E le borse, ovvero piccole sacche di liquido che ammortizzano e proteggono i tendini della cuffia dei rotatori. 

COSA È L’ARTROSI DELLA SPALLA?

L’articolazione gleno-omerale può subire molti cambiamenti con l’artrosi. Queste modifiche includono:

  • Cartilagine danneggiata: Una cartilagine articolare forte e scivolosa riveste la superficie della testa omerale e della glenoide nelle aree in cui si incontrano. La cartilagine aiuta le ossa a scivolare l’una contro l’altra e funge da cuscinetto per proteggere le ossa dall’urto reciproco. Tuttavia, la cartilagine articolare è naturalmente più sottile nell’articolazione della spalla rispetto alle articolazioni portanti come le ginocchia e le anche. Con l’artrosi, la cartilagine è danneggiata, consumata o degradata e di conseguenza può influenzare negativamente la biomeccanica della spalla con conseguente dolore e riduzione della funzionalità.
  • Speroni ossei e altra crescita ossea in eccesso
    Per compensare la cartilagine deteriorata, l’omero e la glenoide possono produrre cellule in eccesso, con conseguente formazioni di osteofiti o speroni ossei.   Questi cambiamenti ossei possono provocare ancora più attrito e ridurre ulteriormente il range di movimento.
  • Sinoviti: una membrana delicata che circonda l’articolazione della spalla, chiamata sinovia, può infiammarsi con l’osteoartrosi. La sinovia produce e contiene fluido articolare, che fornisce nutrienti all’articolazione. Una sinovia infiammata diventa più spessa e la quantità e la composizione del fluido articolare che produce possono cambiare. Questa condizione potenzialmente dolorosa è chiamata sinovite
  • Tendiniti
    Quando l’artrosi colpisce la meccanica della spalla, possono essere interessati anche i tessuti molli circostanti. Tendini, legamenti e borse possono subire sforzi e attriti eccessivi con conseguente infiammazioni e lesioni. Ad esempio, quando la cartilagine dell’articolazione gleno-omerale si deteriora, lo spazio articolare tra le ossa si restringe, mettendo a dura prova i tendini circostanti.

QUALI SONO I SINTOMI DELL’ARTROSI DI SPALLA?

Principalmente il paziente con artrosi di spalla severa si lamenta del dolore e di una mobilità ridotta nelle attività di vita quotidiana. Spesso non c’è un trauma concreto per il dolore improvviso, mentre ripetuti sforzi quotidiani accompagnati da una biomeccanica alterata possono essere responsabili della artrosi. Se quest’ultima progredisce il dolore può manifestarsi anche a riposo, in particolare durante la notte.

Spesso i nostri pazienti si lamentano del dolore durante alcuni movimenti della vita quotidiana, come il semplice togliersi una maglia oppure allungare il braccio per fare retromarcia. A seconda dello stadio e della progressione dell’artrosi si possono sviluppare ulteriori restrizioni di movimento ed una perdita graduale della forza.

COME VIENE DIAGNOSTICATA L’ARTROSI DELLA SPALLA?

Per diagnosticare con precisione l’artrosi gleno-omerale, il fisioterapista intervisterà il paziente, condurrà un esame fisico e, se necessario, ordinerà una Rx o risonanza magnetica. Questo processo diagnostico può aiutare a escludere altre potenziali fonti di dolore alla spalla, come la borsite della spalla, il conflitto della spalla, la spalla congelata e le lesioni della cuffia dei rotatori.

IN CHE COSA CONSISTE IL TRATTAMENTO PER L’ARTROSI DI SPALLA?

Se una persona risponde bene al trattamento non chirurgico per l’artrosi della spalla, il processo artrosico può essere rallentato, il dolore può essere controllato e l’intervento chirurgico può essere evitato o almeno posticipato.

Le nostre principali armi per contrastare l’artrosi di spalla e migliorare il dolore, la forza e la funzionalità della spalla sono le seguenti:

  • Terapia manuale;
  • Educazione;
  • Mobilizzazioni articolare;
  • Esercizio terapeutico e programmi di ri – allenamento;
  • Esercizi di stretching e di rinforzo;
  • Terapia aggiuntive come tecar terapia e laser terapia;

 

LA PROTESI PER L’ARTROSI DI SPALLA

Quando le opzioni di trattamento non chirurgico sono state esaurite e non hanno portato a risultati sperati ai pazienti con artrosi di spalla da moderata a grave potrebbe essere consigliato di prendere in considerazione l’intervento chirurgico. Nei soggetti anziani, con con artrosi severa, in genere si consiglia la sostituzione della spalla. Questo intervento sostituisce l’articolazione gleno-omerale sferica con una artificiale. Consiste nel tagliare le estremità artrosiche dell’omero e della glenoide (alveolo della spalla) e sostituirle entrambe con delle protesi.

La sostituzione della spalla è un intervento chirurgico importante che richiede un lungo processo di recupero e riabilitazione. La terapia fisica è necessaria per rinforzare i muscoli della spalla ed evitare la formazione di tessuto cicatriziale. 

 

LA RIABILITAZIONE DOPO LA PROTESI DI SPALLA

La riabilitazione nel paziente protesico inizia ancor prima dell’intervento chirurgico. Questo percorso fisioterapico migliorerà quello che saranno gli outcome, ovvero i risultati, nel lungo termine, dopo l’intervento chirurgico.

In questa fase il paziente verrà istruito su quali sono gli esercizi da compiere dopo l’intervento chiurgico, con lo scopo di rinforzare i muscoli e migliorare la mobilità articolare, ma anche istruendo il paziente sui movimenti da evitare per evitare complicanze.

A seguito dell’intervento chirurgico, la fisioterapia andrà iniziata dopo diverse settimane, su indicazioni del chirurgico. Si tratta di un percorso duraturo, centrato sul paziente, con lo scopo di:

  • Favorire la guarigione dei tessuti;
  • Recuperare la funzionalità della spalla;
  • Prevenire complicanze.
Dolore cervicale? Niente paura 10 consigli per te!

Dolore cervicale? Niente paura 10 consigli per te!

Il dolore cervicale è la seconda causa di dolore, dopo il mal di schiena, per cui le persone di rivolgono a un medico, fisioterapista o chiedono assistenza.

Circa 2/3 della popolazione almeno una volta nella vita soffre di disturbi cervicali con un andamento benigno nella maggior parte dei casi.

Questa condizione colpisce maggiormente le donne intorno ai 40- 50 anni di età e in una piccola percentuale (10%) tende a cronicizzare nel tempo (cote et al. 2004)

Difficilmente la causa scatenante di dolore cervicale è una sola, ma insorge quasi sempre per un insieme di fattori diversi legate allo stile di vita e ad alterazioni strutturali della colonna e del controllo muscolare.

Ma sappi che sono, per la maggior parte, tutti fattori modificabili

 e migliorabili con l’aiuto della fisioterapia!

 

Alcuni esempi di Fattori legati allo stile di vita sono appunto;

  • lavoro sedentario (ufficio, computer…);
  • lavoro in smart working con postazioni non ergonomiche (tavoli e sedie della cucina diventano sempre di più il nostro ufficio);
  • lavoro di forza e/o con movimenti ripetuti delle braccia sopra la testa;
  • mancanza di attività fisica;
  • eccesso di attività fisica;
  • mantenimento di “posture scorrette” durante il giorno e la notte;
  • Stress e disturbi del sonno.

 

Quindi ecco per te 10 consigli per gestire al meglio il tuo dolore al collo.

  1. Se il tuo dolore è comparso spontaneamente, senza traumi, incidenti stradali, e senza comparsa di altri sintomi (svenimenti, vertigini, disturbi della visione, associato primo episodio di mal di testa, ecc..) stai tranquillo, molto probabilmente si tratta di un semplice dolore cervicale e molto probabilmente risolvibile.

I dati dicono infatti che nel 90% dei casi si tratta di un disturbo non specifico o dolore meccanico (Blinder 2008), ed essendo tale, trattabile e risolvibile con la fisioterapia.

 

  1. Il riposo a letto e l’utilizzo di un collare, vengono considerati un trattamento inadeguato per favorire la risoluzione di un quadro doloroso rallentando la ripresa e aumentando la rigidità articolare e muscolare. Piuttosto, le evidenze sempre di più supportano una serie di programmi di esercizi come trattamento e prevenzione per il tuo dolore al collo. Per cui non aver paura a muoverti e cerca di riprendere le tue attività giornaliere per quanto sia possibile

 

  1. Non farti prendere dal panico!!

Un numero crescente di prove suggerisce che fattori, come il catastrofismo e kinesiofobia, possano portare ad esiti negativi, specialmente nei casi di dolore alla schiena e al collo.

Ricordati che le prime 48/72 ore da quando si scatena il dolore sono le peggiori. L’infiammazione è un processo fisiologico del corpo che necessita del suo tempo (48/72 ore) per ridursi spontaneamente.

 

  1. Evita di fare, se non sotto consiglio medico/ fisioterapico, esami diagnostici come radiografie e risonanze magnetiche. Spesso infatti risultano inutili o ancora peggio dannose.

Gli esami diagnostici infatti se effettuati senza ragione specifica possono aumentare il livello di disabilità portando a preoccupazioni da parte del paziente sull’esito del referto. Spesso infatti emergono, dagli esami, “anomalie” (ad esempio protrusioni discali, bulging osteofiti…) che sono presenti anche in soggetti senza dolore e che alimentano solamente paura e panico.

 

  1. Molto spesso il dolore cervicale è associato ad altri disturbi:

cefalea cervicogenica (Mal di testa). Dolore alla mandibola, dolore alle spalle, dolore al dorso.

Non ti spaventare se ti capita di avere associati due o più di questi sintomi. Sono spesso riscontrabili in un neck pain e soprattutto trattabili e risolvibili nella maggior parte dei casi.

 

 

  1. Se la cervicale è il “tuo tallone d’Achille”, forse è opportuno per te iniziare a fare un po’ di esercizio. In seguito a insorgenza di dolore o presenza di un trauma, alterazioni della funzione muscolare iniziano precocemente.

Un programma di esercizio inizialmente a basso carico, dei muscoli profondi del collo, è efficace nel ridurre il dolore e prevenire un nuovo episodio in futuro. 

Ma attenzione: Per esercizi non si intende il classico stretching che di vede sempre in televisione, bensì semplici esercizi di RINFORZO muscolare, mirati al rinforzo di quei muscoli profondi del collo che in seguito a dolore si “disattivano” immediatamente.

  1. Se hai dolore da molto tempo (mesi, anni) o hai un dolore che si ripresenta costantemente senza essere mai trattato, non pensare di poterlo trattare e eliminare in poco tempo.

Spesso servono mesi per uscirne del tutto. Ma stai tranquillo è del tutto normale!

8. Ecco qua un esempio molto semplice di esercizio da poter eseguire a casa con un semplice elastico.

 9. Se hai un lavoro in smart working, e hai cervicalgia, cerca di trovare una posizione comoda, ma anche ergonomica. La postura che si assume durante il giorno, durante il lavoro, non è dannosa di per sé, ma lo diventa se tale postura viene mantenuta per molto tempo durante il giorno.

Cerca quindi durante il giorno di cambiare posizione, non stare tutto il giorno fermo davanti al pc, ogni tanto alzati e cammina, muoviti.

 10. Se il tuo dolore cervicale non si riduce rivolgiti ad un fisioterapista che inseguito ad un’accurata valutazione saprà suggerirti la terapia migliore per te.

Ad oggi terapia manuale, esercizio terapeutico e trattamento miofasciale sono strategie maggiormente utilizzate con risultati migliori.

A cura di:

GIULIA SANGUINETTI, PT, OMPT student

  • Orthopeadic Manipulative Physical Therapist (OMPT) student
  • Fisioterapista dei disturbi vascuolo-linfatici
  • Fisioterapista esperta in fisio-pilates
ONDE D’URTO .. LE VOSTRE DOMANDE A RIGUARDO

ONDE D’URTO .. LE VOSTRE DOMANDE A RIGUARDO

 

1 . COSA SONO ?

Le onde d’urto, sono una forma di energia meccanica.

 I macchinari ad onde d’urto sono composti da un manipolo, generalmente a

forma di pistola, il quale è posto sul target che deve essere trattato. Tra il

manipolo e il target terapeutico è interposto un gel che amplifica la

trasmissione delle onde.

 Utilizzano elevati picchi di energia (fino a 100 Mpa) con repentino innalzamento

pressorio

L’onda pressoria prodotta è caratterizzata da un picco massimo iniziale a cui

segue una fase discendente con gradiente positivo seguita a sua volta da una

fase di pressione negativa e un ritorno allo stato iniziale. La densità di energia

erogata è calcolata dal rapporto tra l’energia somministrata e la dimensione

della superficie trattata, espressa in mJ/mm2.

 In base a questo parametro, si

distinguono:

  • Trattamenti a bassa densità di energia: 0,04-0,12 mJ/mm2
  • Trattamenti a media densità di energia: 0,12-0,28 mJ/mm2
  • Trattamenti ad alta densità di energia: 0,28-1,5 mJ/mm2

 In relazione al tipo di problematica e di tessuto trattato, ogni seduta di onde

d’urto prevede un numero di impulsi variabile (generalmente varia da 1000 a

3000 colpi o più). Altro parametro importante da tenere in considerazione è la

frequenza con cui questi colpi sono emessi.

 

  1. COME AGISCE

in generale possiamo distinguere effetti diretti ed effetti indiretti delle onde d’urto: 

  • Effetti diretti: Il primo effetto delle onde d’urto è di tipo meccanico diretto: il picco pressorio positivo agisce soprattutto nell’interfaccia tra tessuti dotati di diversa impedenza (osso e tessuti molli ad es.).
  • Effetti indiretti: Il secondo effetto, ben più importante dal punto di vista clinico, è di tipo indiretto ed è dovuto soprattutto a fenomeni cavitazionali che innescano la produzione di radicali liberi e ossido nitrico (NO) con azione vasodilatante e neoangiogenetica.

 Il meccanismo d’azione è, inoltre, profondamente diverso a seconda che il bersaglio sia una

I tessuti viventi, quali l’osso, i muscoli, i tendini e i legamenti, quando raggiunti dalle onde (a livelli energetivi adeguati alla sede di trattamento)subiscono una serie di micro-traumi che fungono da una sorta di “micro-idromassaggio” che innesca una serie di reazioni cellulari, cascate enzimatiche e reazioni biochimiche con produzione di mediatori e fattori di crescita che conducono a un effetto anti-infiammatorio, anti-dolorifico e/o anti-edemigeno.  

Gli effetti indiretti includono:

  • Disgregazione di strutture patologiche quali le microcalcificazioni: queste ultime non possiedono una struttura organizzata come il normale tessuto osseo e sono più facili da disintegrare.
  • Iperemia e neoangiogenesi capillare:le onde forniscono, probabilmente a causa dell’aumento transitorio del gradiente pressorio, un input alla formazione di nuovi vasi anche in tessuti per natura scarsamente vascolarizzati: questo favorisce il riassorbimento dei frammenti delle strutture disgregate.
  • Effetto anti-infiammatorio: sono state proposte diverse ipotesi per spiegare l’effetto anti-infiammatorio delle onde d’urto. Appare probabile che l’aumento del flusso sanguigno locale indotto dalla neoangiogenesi determini un “wash-out” con rimozione delle sostanze pro-infiammatorio e dannose accumulatesi nei tessuti trattati.
  • Effetto anti-dolorifico: l’effetto analgesico ha una base multifattoriale che include la produzione di endorfine, la stimolazione di terminazioni nervose locali e meccanismi neurofisiologici legati alla “teoria del cancello”.

  

  1. QUALI SONO LE SUE APPLICAZIONI ?

L’International Society for Medical Shockwave Treatment (ISMST), società scientifica internazionale che studia gli effetti delle onde d’urto, nel consensus  statement del 2016 ha definito che la terapia è approvata nelle seguenti condizioni: 

  • Tendinopatie croniche

o Tendinopatia calcifica di spalla

o Epicondilalgia laterale di gomito

o Sindrome del dolore al grande trocantere

o Tendinopatia rotulea

o Tendinopatia achillea

o Fascite plantare con o senza sperone calcaneare

 

  • Patologie ossee

o Ritardo di consolidazione ossea

o Pseudoartrosi

o Fratture da stress

o Necrosi ossea avascolare senza derangement articolare

o Osteocondrite dissecante senza derangement articolare

  

  • Patologie cutanee

o Ferite cutanee non guarite o un ritardo di guarigione delle stesse

o Ulcere cutanee

o Ustioni non circonferenziali

 

  1. CI SONO CONTROINDICAZIONI ?

Si, le principali sono :

La presenza nel campo focale da trattare, o immediatamente vicino, di strutture delicate quali encefalo, midollo spinale, gonadi o organi cavi come polmone e intestino: nel passaggio dell’onda sonora dal mezzo solido a quello gassoso si rischia di provocare lesione ai tessuti

  1. Gravidanza
  2. Terapia con Anticoagulanti Orali (sia TAO che NAO, es. Warfarin, Dabigatran) e gravi patologie della coagulazione del sangue: in questi casi si ha una abnorme facilità al sanguinamento, pertanto sono controindicate. In chi non ha malattie della coagulazione questo non si verifica o, al massimo, può comparire un lieve arrossamento della cute che tende a risolversi nel giro di 24-48 ore.
  3. Neoplasie
  4. Infezioni dei tessuti molli o dell’osso
  5. Pacemaker o elettrostimolatori: si deve porre attenzione al tipo di generatore utilizzato.
  6. Bambini e adolescenti: la presenza di nuclei di ossificazione non ancora saldati è una controindicazione alla terapia. 
  1. MA FANNO MALE LE ONDE D’URTO?

 Si, le Onde d’urto possono essere dolorose con ampia variabilità da persona a persona, da zona a zona di trattamento.

 Ogni seduta dura, circa 10 minuti;  Viene evocato il dolore ben noto al paziente perché viene sollecitata proprio la zona dolente: finita la seduta potrebbe permanere una certa dolenzia per tutto l’arco della giornata, è assolutamente normale e fa parte dell’effetto terapeutico.

Il dolore durante il trattamento via via diminuisce con il ridursi della sintomatologia.  

  1. DOPO QUANTO HA EFFETTO IL TRATTAMENTO ?

 Le onde d’urto lavorano tramite un meccanismo d’azione che interviene su reazioni biologiche complesse e fenomeni riparativi che necessitano di tempo per instaurarsi, per cui gli effetti possono non essere immediati. Gli effetti possono vedersi fin dalla seconda seduta, così come al termine dell’ultima o anche dopo.

Generalmente vengono svolti cicli da 5 sedute con cadenza settimanale ( 1 a settimana).

Dopo di che si può aspettare circa 3/ 4 settimane e poi ripetere nuovamente un ciclo.

Le lesioni muscolari nello sportivo

Le lesioni muscolari sono molto frequenti nello sport e la loro incidenza varia fra il 10 ed il 55% di tutti i traumi. La maggior parte possono essere una prevedibile conseguenza dell’allenamento il cui scopo  consiste nel sovraccaricare un muscolo per consentirne l’adattamento a un livello di performance superiore. Quando questo sovraccarico supera livelli organicamente accettabili, si verifica l’infortunio. Possono interessare qualunque muscolo del nostro corpo ,andando di fatto a creare un danno alla struttura della fibra muscolare  con frequente coinvolgimento della parte connettivale ed eventualmente tendinea e delle strutture vascolari.

L’unità funzionale dell’apparato muscolare è rappresentata del muscolo che consta di diverse parti:

  • il ventre muscolare
  • il tendine prossimale e quello distale
  • la giunzione muscolo-tendinea
  • la giunzione osteo-tendinea.

Il ventre muscolare è responsabile della contrattilità, è formato dall’insieme di numerose fibre che rappresentano le unità funzionali del muscolo stesso. Le numerose fibre muscolari si accollano l’una all’altra nel senso della lunghezza per formare una prima serie di fasci.

 

Causa e tipologia (Eziologia e patogenesi delle lesioni)

Possiamo riscontrare dei fattori predisponenti e fattori determinanti .

Per quanto riguarda i fattori predisponenti esistono quelli generali e quelli individuali.

Generali:

  • difetti di allenamento e flessibilità
  • fatica
  • condizioni atmosferiche
  • velocità di movimento

Individuali:

  • fattori psicologici
  • età
  • condizioni patologiche o post infettive
  • fattori articolari
  • squilibri muscolari.

Fattori determinanti :

  • trauma contusivo
  • azione dinamica attiva
  • azione dinamica passiva .

La categoria delle lesioni muscolari acute comprende vari generi di patologie, classificate secondo la gravità del danno muscolare. Molte sono le classificazioni proposte in letteratura, molto simili, ma non del tutto sovrapponibili.

Le lesioni muscolari possono essere causate da un Trauma Diretto più frequente negli sport di contatto (pallacanestro, calcio, rugby) o da un Trauma Indiretto più frequente negli sport individuali (tennis, atletica leggera). Nel trauma diretto, una forza esterna agisce sul muscolo schiacciandolo contro i piani profondi. Nel trauma indiretto, si chiamano in causa forze lesive intrinseche, che si sviluppano nel muscolo stesso o nell’apparato locomotore.

La classificazione delle lesioni muscolari da trauma diretto, si può dividerle in tre gradi, secondo la gravità, indirettamente indicata dall’arco di movimento effettuabile:

  1. lesione muscolare di grado lieve: è consentita oltre la metà del movimento;
  1. lesione muscolare di grado moderato: è concessa meno della metà, ma più di 1/3 del movimento;
  1. lesione muscolare di grado severo: è permesso movimento inferiore ad 1/3.

Le lesioni da trauma indiretto possono distinguersi come:

  • elongazione
  • distrazione
  • stiramento e strappo

Attualmente si preferisce classificarle in base ai livelli anatomo-patologici di gravità:

  • Lesione di I grado: rottura di poche fibre muscolari
  • Lesione di II grado: rottura di un discreto quantitativo di fibre muscolari
  • Lesione di III grado: interruzione quasi totale o totale del ventre .

Oppure come in questa  recente classificazione UKA Grading system (Pollack et. Al,2014):

  • Grado 0 : nessuna lesione o DOMS
  • Grado 1 : lesioni muscolari lievi che coinvolgono <10% CSA
  • Grado 2 : lesioni muscolari moderate che coinvolgono tra il 10-50% CSA
  • Grado 3 : strappo muscolare esteso >50 % CSA
  • Grado 4 : rottura completa
  • (a) lesione oltre la zona mio fasciale
  • (b) lesione al muscolo stesso (comunemente nella giunzione miotendinea)
  • ( c ) lesione estesa all’interno del tendine.

CSA : Cross Sectional  Area – Area sezionale trasversa

Nelle lesioni sia da trauma diretto che indiretto, essendo il tessuto muscolare molto vascolarizzato, si forma un ematoma che può essere di due tipi:

Intramuscolare: l’ematoma è delimitato da una fascia muscolare intatta e clinicamente si manifesta con dolore ed impotenza funzionale.

Intermuscolare: l’ematoma si espande negli spazi interfasciali ed interstiziali se la fascia muscolare è lacerata ed in tal caso non si verifica un aumento di pressione all’interno del muscolo.

Poiché le fibre muscolari hanno scarso potere di rigenerazione, la riparazione avviene con formazione di tessuto cicatriziale, le cui proprietà elastiche risultano ovviamente inferiori a quelle del normale tessuto muscolare. Ciò significa che dopo una lesione, non ci potrà mai essere una guarigione completa, nel senso di un ritorno alle condizioni anatomiche del muscolo precedenti l’infortuni, motivo per cui sarà fondamentale una diagnosi precisa dell’entità della lesione e soprattutto un trattamento mirato al recupero della capacità di carico e di una migliore elasticità muscolare .

Il sintomo del “dolore” rimane un elemento cardine, talora il solo, nell’evidenziare una patologia nel soggetto che pratica attività sportiva.

Nell’atleta generalmente domina il dolore muscolo-scheletrico, quindi un dolore somatico profondo che ha origine nelle strutture miofasciali, tendinee, capsulari, legamentose, articolari. In particolare, per la necessità di valutare i tempi e i modi di ripresa agonistica, e la migliore strategia terapeutica, occorre che la differenziazione diagnostica sia puntuale rispetto al meccanismo patogenetico operante e alla struttura anatomica/funzionale interessata.

Diagnosi e Gestione degli infortuni

La diagnosi e la conseguente gestione di un infortunio muscolare non sono sempre semplici, soprattutto nei casi di  sport dilettantistico  in cui spesso gli atleti non effettuano indagini di imaging (RM/ECO).

La diagnosi deve fondarsi sull’anamnesi dettagliata sia sul meccanismo dell’infortunio sia sulla storia clinica del paziente insieme ad un attento esame clinico. E’ importante saper individuare   pazienti che necessitano di un possibile  intervento chirurgico (raro) da quelli in cui è possibile procedere in maniera conservativa con piano terapeutico personalizzato.

L’esame fisico comprende l’ispezione e la palpazione dell’area infortunata, test sulla mobilità articolare, sulla funzionalità dei possibili muscoli  infortunati  con  e  senza  resistenza  (test  muscolari) ed  è  importante che i test vengano fatti bilateralmente per avere un paragone su i due lati e inoltre test di provocazione del dolore. L’esame fisico serve a  determinare   la   localizzazione   e   la   gravità dell’infortunio mentre gli esami diagnostici  descrivono la localizzazione ( quale muscolo e tessuto),  la  misura  e  la  natura  (edema/emorragia). La RM è considerato  l’esame  migliore  (gold   standard)   per   valutare   un infortunio  muscolare, però per costi e praticità  viene utilizzata maggiormente  l’ ecografica muscolo tendinea , eseguita dopo 48-72 ore dal momento del trauma.

Riassumendo, una   volta  che   si   sospetta   un   infortunio  muscolare  è necessario   raccogliere  un’anamnesi  dettagliata  riguardo  il  meccanismo d’infortunio  e  la  progressione  del  dolore,  seguito  da  un  attento  esame fisico. Spesso  è possibile che l’infortunio non sia molto evidente e   fare  una  precoce  diagnosi  non  è  facile:  in  questi  casi viene fatta una rivalutazione nelle successivi giorni , per vedere come evolve la situazione.

Trattamento 

Il trattamento avviene subito nelle prime 48 ore dal momento  della lesione o del trauma fino  a che non viene eseguita la valutazione ,ed viene proposto l’utilizzo del  protocollo PEACE & LOVE:

P : protezione della zona lesa

E : elevazione dell’arto leso il più spesso possibile

A : evitare l’assunzione di anti-infiammatori

C : compressione utilizzando bendaggi elastici per ridurre il gonfiore

E : educazione, conoscere il proprio corpo ,evitare trattamenti non necessari e stili di vita  non idonei .

&

L  : load, attendere al graduale  ritorno all’attività , seguendo il dolore come punto di riferimento

O : ottimismo, condizione il tuo cervello per un migliore recupero

V : vascolarizzazione , scegliere le attività che non provocano dolore per incrementare il flusso sanguigni e processi di riparazione del tessuto

E  : recuperare la mobilità, la forza e la propriocezione tramite l’esercizio terapeutico.

 

Il trattamento chirurgico in seguito ad una lesione muscolare non è consigliato , ma viene indicato in alcune possibili situazioni come in caso di :

  • Rottura muscolare completa
  • Distacco tendineo
  • Presenza d’ importante ematoma intramuscolare

l protocollo riabilitativo post-operatorio varia a seconda del tipo di lesione e dal tipo di operazione , in linea generale si esegue:

0-2 settimane:  bendaggio  elastico  senza  immobilizzazione  o tutori; non è concesso il carico.

Settimana  2-6:  inizio  del  carico  che  viene  incrementato  fino  a diventare totale al termine delle 6 settimane; in questa fase si iniziano esercizi  in  acqua  e  nuoto  (dalla  settimana  3-4),  training  su  cyclette (dalla settimana 4) e esercizi per ripristinare la mobilità (ROM) e riprestinare  qualità del tessuto.

Settimana  6-16:  in  base  ai  progressi  del  paziente  si  procede  con esercizi di potenziamento muscolare e ritorno all’ attività sportiva.

Il piano di trattamento viene costruito ad hoc per ogni paziente, quindi è importante per una corretta valutazione tenere in considerazione diversi fattori, come :    la biologia    della    lesione    muscolare, meccanismo di infortunio, anatomia e biomeccanica del muscolo coinvolto e fattori di rischio di infortunio (e recidive).

Dal  punto di  vista  biologico,  la  guarigione  di  una  lesione  muscolare  è  il processo  ripartivo  con  la  formazione  di  una  cicatrice;  questo  processo  si divide in 3 fasi:

1.FASE DI DISTRUZIONE (o INFIAMMATORIA):

 2.FASE    RIPARATORIA

3.FASE  DI  RIMODELLAMENTO

Il processo di guarigione  ottimale si ottiene stimolando la rigenerazione e minimizzando  la  riparazione,  in  modo  da  ottenere  la  cicatrice  più  piccola possibile.

Il nostro intervento verterà  con lo scopo finale della corretta guarigione , con l’insegnamento di tecniche di prevenzione, al  ritorno delle normali attività di vita quotidiana e al compimento del gesto atletico.

 

Fase 1

  

Favorire la guarigione

del tessuto

 

 

 

·         Riduzione del dolore 

·         Protezione e stimolazione del processo rigenerazione tissutale 

·         Prevenire atrofia muscolare

 

Trattamento :

·        PEACE & LOVE 

·        Kinesi passiva 

·        Massoterapia per ridurre spasmo  muscolare nei distretti vicini 

·        Terapia manuale a  livello articolare e dei tessuti molli

Progressivamente e rispettando le giuste tempistiche possiamo passare alla Fase 2 e alla 3

 Fase 2 – 3 

 Riprestino della funzione

muscolare in termini di :

Capacità, Forza, Velocità

E del controllo neuromuscolare

 

 ·         Recupero controllo neuromotorio 

·         Ripristino della capacità di carico 

·          Recupero della forza 

·         Sviluppo del controllo              neuromuscolare a livello globale 

·         Incremento della capacità di carico e della forza 

·         Recupero del gesto atletico e assenza di dolore

 

 

Trattamento :

Fase 2 :

·        Massoterapia tessuti vicini sede lesione

·        Terapia Manuale tramite mobilizzazione dei tessuti e articolare

·        Neurodinamica  per mobilizzare tessuto  neurale

·        Kinesi attiva* : contrazioni  muscolari  isometriche Isotoniche concentriche

·        Propriocezione

·        Training areobico* e di coordinazione*   

 

*vengono proposti esercizi ed attività seguendo sempre il dolore e tenendo in considerazione gli aspetti anatomici e biomeccanici

Fase 3

·        Massoterapia  diretta al muscolo lesionato

·        Terapia manuale mobilizzazione /manipolazioni tessuti

·        Neurodinamica

·        Kinesi attiva : contrazioni muscolari isotoniche concentriche  eccentriche

·        Pliometria

·        Training aerobico e di coordinazione con movimenti sport specifici.

  

Il trattamento finale mira non solo al ritorno alla performance dello sportivo, ma consiste anche nell’educarlo nelle norme di prevenzione e nel mantenimento di una corretta integrità fisica, per abbassare il rischio di recidive.

Le tempistiche per il ritorno all’attività sportiva variano a seconda del tipo di lesione e  dalla persona, viene fatta una valutazione finale riscontrata dalla negatività delle immagini strumentali ,in cui si esamina  :

-Assenza di dolore alla palpazione.

-Completa mobilità articolare (ROM) con assenza di dolore.

-Test di forza svolti manualmente o  con un dinamometro.

-Test funzionali positivi.

-Svolgimento da parte dello sportivo di almeno 4 sessioni intere di allenamento  senza dolori e disturbi. 

Un protocollo specifico per la prevenzione agli infortuni non esiste , però seguendo le linee guida generali e l’esperienza clinica educhiamo e raccomandiamo allo sportivo di :

·        Modificare i fattori predisponenti sia generali che individuali

·        Conoscere e saper ascoltare il proprio corpo.

·        Sonno/riposo di almeno 8 h nell’arco delle 24 h per evitare di andare in over stress,

·        Nutrizione: assimilazione di liquidi e nutrienti pre e post allenamento. E’ necessario il giusto reintegro di liquidi.

·         Mantenimento di una corretta mobilità articolare e flessibilità a livello muscolare

·        Durante un allenamento eseguire: riscaldamento, training , defaticamento

·        Allenamento di tipo eccentrico in modo da garantire i giusti stimoli per produrre gli adattamenti necessari

·        Propriocezione(esercizi di instabilità e equilibrio) ha effetti postivi non solo per la prevenzione alle lesioni muscolari ma anche per altre tipologie di infortuni.  

 

A cura di:

 Luigi Lanfranchi

  • Fisioterapista
Conflitto subacromiale? meglio definirlo come dolore aspecifico di spalla

Conflitto subacromiale? meglio definirlo come dolore aspecifico di spalla

Conflitto subacromiale e cuffia dei rotatori

Il dolore alla spalla correlato alla cuffia dei rotatori (Rotator cuff related shoulder pain – RCRSP) è un termine generico che comprende uno spettro di condizioni dolorose della spalla, tra cui; sindrome del dolore subacromiale (impingement), tendinopatia della cuffia dei rotatori e lesioni parziali o totali sintomatiche della cuffia dei rotatori.

 

Per coloro che presentano un dolore ad una spalla  ed a cui è stata diagnosticata la RCRSP, uno degli obiettivi del trattamento è quello di ripristinare la funzionalità della spalla risolvendo una sintomatologia dolorosa.

I risultati delle ricerche di alta qualità pubblicate  suggeriscono come un approccio all’esercizio graduato e ben costruito possano conferire almeno un beneficio equivalente a quello derivato dalla chirurgia per: sindrome da dolore subacromiale (impingement), tendinopatia della cuffia dei rotatori, lesione della cuffia dei rotatori a spessore parziale (RC) e lesione  atraumatiche della cuffia dei rotatori a tutto spessore

 

Ma quando si parla di sindrome da conflitto subacromiale (impingment) cosa si sta incolpando veramente?

Nel 1972 viene definita la sindrome da conflitto subacromiale (acronimo SIS) come un abrasione delle strutture muscolari sulla superficie antero inferiore dell’acromio. Ritenuta per molto tempo come responsabile del 95% dei casi di tutte le patologie a carico della cuffia dei rotatori, è diventata il disturbo di natura muscolo-scheletrico più frequentemente diagnosticato a livello della spalla.

Si basa su un’ipotesi che l’irritazione acromiale porti all’abrasione esterna della borsa e della cuffia dei rotatori.

In un documento di Lewis   sono state analizzate e discusse le prove secondo le quali l’acromion è responsabile del dolore subacromiale, e di conseguenza si è voluto sfidare la logica dell’intervento chirurgico di decompressione acromiale.


Nessuna relazione causale è stata dimostrata  tra la forma dell’acromion, l’irritazione acromiale e la patologia della cuffia dei rotatori. Si è visto come ci siano una serie di prove che suggeriscono una mancanza di concordanza per quanto riguarda  l’area della patologia tendinea e l’irritazione acromiale, (ii) la forma dell’acromion e la sintomatologia dolorosa, e la proposta che l’irritazione dell’acromion porta a lo sviluppo di tendinite e borsite.


Inoltre, non vi è alcuna certezza che il beneficio derivante dall’intervento chirurgico sia dovuto alla rimozione dell’acromion poiché la ricerca suggerisce che una borsectomia isolata può conferire un beneficio equivalente. È anche possibile che il beneficio dell’intervento chirurgico sia dovuto al placebo o imponga semplicemente un periodo prolungato di riposo relativo che può consentire ai tessuti coinvolti di raggiungere l’omeostasi relativa.

 

Una teoria alternativa, inoltre,  suggerisce che la sintomatologia della SIS (conflitto subacromiale) potrebbe conseguire alla tendinopatia della cuffia dei rotatori (RC). L’eziologia sarebbe quindi da ricercare prevalentemente in un carico eccessivo o mal distribuito, influenzato dall’età, dallo stile di vita, dallo stato ormonale e da fattori genetici.

Perciò fisioterapisti e medici non dovrebbero implicare più l’acromion come causa di dolore e lesione alla cuffia dei rotatori, inoltre il termine “conflitto” potrebbe creare una percezione errata della patogenesi.


Infatti, grazie agli studi compiuti da Jeremy Lewis oggi si sa che la presenza di conflitto di spalla non è una causa di dolore,ma bensì  rappresenta un risultato normale nelle persone asintomatiche. Di conseguenza questo termine andrebbe mano a mano sostituito con il termine di  sindrome del dolore subacromiale o ancora meglio dolore aspecifico di spalla.

 la chirurgia dovrebbe essere presa in considerazione solo dopo un adeguato periodo di riabilitazione opportunamente strutturata. “

gli interventi di decompressione subacromiale della spalla e di riparazione della cuffia dei rotatori sono ciononostante in continuo aumento  anche se i risultati chirurgici sono paragonabili a quelli della fisioterapia e agli interventi SHAM

E da un punto di vista di esami diagnostici?

 

Il 60% dei medici generici consiglia una radiografia nel pazienti con presentano un quadro clinico di  tendinopatia della cuffia dei rotatori mentre l’82% fa eseguire una ecografia. Come riportato anche in un altro nostro articolo, spesso il dolore che un paziente può avere a livello della spalla non si correla facilmente all’entità del danno anatomico: in poche parole si sconsiglia si sconsiglia l’utilizzo della diagnostica per immagini nelle prime 6 settimane dall’insorgenza dei sintomi, a meno che non si ipotizzi una lesione totale tendinea.


“La capacità di ottenere una diagnosi strutturale accurata è quindi messa in discussione dalla scarsa correlazione tra imaging radiologico e sintomi.


Usando la risonanza magnetica, Frost et al.21 hanno riportato che la patologia strutturale nella cuffia dei rotatori in 42 individui con diagnosi clinica di sindrome da conflitto subacromiale era simile a quella in 31 individui asintomatici abbinati all’età. Risultati simili sono stati riportati da altri studi sulla relazione tra radiogrammi, ecografia diagnostica (US) e risonanza magnetica e sintomi.

Quindi cosa è meglio fare? Chi si deve interpellare per ricevere una diagnosi corretta? A quali trattamenti è meglio sottoporsi?

Soltanto alcune lesione della cuffia dei rotatori richiedono l’intervento di un chirurgo ortopedico. Le lesioni parziali non necessitano di un intervento chirurgico nella maggior parte dei casi: solo se il dolore è persistente e non si risolve con la fisioterapia ci si può orientare verso la chirurgia.

L’obiettivo del trattamento dovrebbe essere quello di aumentare la capacità di carico dei tendini della cuffia dei rotatori tramite l’esercizio terapeutico basato sul carico progressivo, ovvero aumentare la capacità dei tendini di resistere alle sollecitazioni, per ridurre la sintomatologia e migliorare la funzionalità.

Per questo sia l’utilizzo dell’esercizio eccentrico che gli esercizi di rinforzo degli stabilizzatori della scapola, pensati per normalizzare l’alterata cinematica della spalla (Cools et al. 2005; McClure 2006) e ridurre il rischio di impingement (Kibler et al. 2006) dovrebbero essere sempre inseriti nel programma riabilitativo. In più questa tipologia di esercizi ha ridotto l’utilizzo dell’intervento chirurgico nei 3 mesi della durata dello studio.

GIONATA PROSPERI FT, SPT, SM, cert. VRS          

  • Fisioterapista  e scienze motorie
  • Fisioterapista esperto In Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare
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  • Fisioterapista specializzato nella Spalla dolorosa
  • Fisioterapia ecoguidata

 

Dolore alla Spalla: di cosa si tratta?

Dolore alla Spalla: di cosa si tratta?

Il dolore alla spalla rappresenta una condizione molto frequente nella nostra pratica clinica: si stima che sia la terza causa di visita per problemi muscolo scheletrici.

Storia di un dolore alla spalla

Se soffri di un dolore di spalla sai bene come la realtà quotidiana ti abbia portato verso strade che alla fine non hanno portato da nessuna parte.

Probabilmente, preoccupato, sei corso dal medico che a sua volta ti ha consigliato di fare un esame strumentale (di solito un Rx o ecografia) e nel frattempo ti ha magari prescritto qualche farmaco per togliere l’infiammazione. Nel frattempo ti sei mosso e sei corso da qualche fisioterapista o collega “simile” che non vedeva l’ora di farti le solite 10 sedute di tecar e di laser per risolverti il problema.

Ma il dolore giustamente non è cessato, e per di più sono passati oramai diversi mesi e stai seriamente iniziando a preoccuparti.

I pazienti che giungono a Physiotherapy affermano questo: “ho male alla spalla, mi hanno fatto laser, ultrasuoni e tecar, ma non ha funzionato. La fisioterapia con me non funziona! 

Il fatto è che  non hanno funzionato perchè si trattano di modalità terapeutiche INEFFICACI.

Il nostro approccio di valutazione e gestione si basa su una visione moderna, aggiornata ed in accordo con la letteratura scientifica. Ci ha permesso fino ad ora di aiutare molte persone nel risolvere dolori e nel ripristino delle limitazioni, soprattutto quando non sembravamo avere soluzione.

UNA FISIOTERAPIA SPECIFICA PER UN DOLORE ALLA SPALLA

COSA SPIEGHIAMO AI PAZIENTI CHE SI PRESENTANO DA NOI  CON UN DOLORE ALLA SPALLA?

  • I TEST ORTOPEDICI SONO UTILI? I tendini della cuffia dei rotatori si fondono in una struttura comune. Pertanto non è possibile eseguire test isolati su singole parti della cuffia dei rotatori (Lewis 2016).  Durante l’empty CAN oppure il Full Can test (TEST ORTOPEDICI), per esempio,  altri 9 muscoli sono attivi in ​​modo simile oltre al muscolo sovraspinato (a cui è attribuita questa funzione principale) (Boettcher 2009).

    Questi test manuali hanno vissuto un periodo di protagonismo nell’approccio valutativo ai problemi di spalla, ma ad oggi risultano essere poco affidabili, e soprattutto non guidano il clinico (ortopedico o fisioterapista) nel trattamento. Sarebbe bene utilizzarli come test di provocazione del dolore, e non come test diagnostici;


  • Sempre più spesso i pazienti giungono alla nostra attenzione  carichi di referti di risonanze ed ecografie spesso fuorvianti:  le indagini diagnostiche nella stragrande maggioranza non si correlano con la clinica del paziente in molte delle più comuni affezioni muscolo-scheletriche. E’ risaputo come  l’ecografia e la risonanza magnetica hanno una scarsa sensibilità nel diagnosticare lesioni parziali o tendinopatie della cuffia dei rotatori, utili invece in caso di lesione tendinee totali. Per di più, molti studi dimostrano come patologie ed alterazioni strutturali possono anche essere trovate in spalle completamente asintomatiche (gelo 1999, Girish 2011, Milgrom 1995, Sher 1995).

  • Il dolore alla spalla relativo alla cuffia dei rotatori è, come ogni altro dolore, multifattoriale. (cioè dipendenti da molti fattori). Il dolore alla spalla è un problema di dolore, non un problema strutturale isolato. (smettiamo di parlare sempre di infiammazione al tendine del sovra spinato). Fattori come carichi eccessivi o mal adattati, (probabilmente il fattore più importante),  fattori genetici, influenze ormonali, fattori di stile di vita come fumo, consumo di alcool, comorbidità, livello di educazione, fattori biochimici e patogenetici, sensibilizzazione periferica e centrale, cambiamenti sensomotori della corteccia e vari fattori psicosociali entrano in gioco e devono essere sempre considerati di fronte una spalla dolorosa (harvie 2004, Magnusson 2007, Dean 2015, Chester 2016, Dunn 2014, Cook 2015);

  • La causa esatta, inteso come  meccanismo responsabile del dolore, la relazione tra dolore e danno strutturale, l’estensione e il significato del dolore ed il ruolo dei processi infiammatori sul dolore sono attualmente oggetto di una discussione controversa e non sono stati affatto chiariti (lewis 2009 , Scott 2015, Seitz 2011). Difficile oggi stabilire quale sia, da un punto di vista patoanatomico, la struttura responsabile del dolore del paziente, ragion per cui molti autori vanno oltre e parlano di dolore generalizzato alla spalla (schellinger 2008);

  • E’ NECESSARIA L’OPERAZIONE CHIRURGICA? Alcune revisioni sistematiche recenti ci hanno dimostrato come l’acromionplastica (sia in artroscopia che a cielo aperto) non è superiore rispetto all’esercizio terapeutico nel trattamento della tendinopatia della cuffia dei rotatori (ketola 2013).  Per di più, la chirurgia è più costosa e maggiormente associata ad assenza dal posto di lavoro rispetto ad un approccio conservativo; Il significato della decompressione subacromiale è stato ora chiarito da studi di alta qualità: dopo 6 mesi e 1 anno, l’acromionplastica artroscopica non era migliore dell’artroscopia diagnostica (placebo) o nessun intervento (barba 2018). Questo risultato è stato recentemente confermato nello studio FIMPACT (Paavola 2018).

  • La postura sbagliata è responsabile del mio dolore alla spalla? NO: la classica catena di causa ed effetto che riguarda la “postura“, che è ritenuta responsabile di un fenomeno di conflitto subacromiale (es. Posizione della testa protratta, aumento della cifosi toracica, spostamento in avanti della fascia scapolare, alterazione della posizione della scapola con aumento dell’elevazione, inclinazione anteriore, rotazione verso il basso e protrazione), non è stato confermata per pazienti con impingement alla spalla (Lewis 2005).

COSA NON TROVERAI PRESSO IL NOSTRO CENTRO?

  • Spiegazioni approssimative del tuo dolore: alcuni consigli per gestire al meglio il tuo problema
  • Macchinari come ultrasuoni, laser e tecar;
  • Un approccio esclusivamente farmacologico;
  • Consiglio di riposo completo: Il riposo dovrebbe essere limitato esclusivamente alla fase reattiva e al periodo iniziale della fase di alterata riparazione per evitare una possibile progressione del disturbo;
  • Cicli di terapie passive

GIONATA PROSPERI FT, SPT, SM, cert. VRS          

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