TENDINOPATIA: Se sei un tennista probabilmente considererai interessante quanto scritto di seguito.
La presenza di dolore ad un tendine, sia che si parli di gomito del tennista e sia che si parli dell’achilleo è una caratteristica clinica molto frequente tra i tennisti, sia nel livello agonistico che amatoriale. La tendinopatia nel tennista è comune e può influire sulle abilità di gioco o addirittura impedire al giocatore di scendere in campo.
E’ comunemente accettato come la causa primaria di tale condizione sia nel sovraccarico funzionale, anche se ad oggi non è del tutto chiaro l’eziologia e la patogenesi di una tendinopatia.
Tendinopatia e definizione: non chiamiamola più tendinite.
Con il termine di tendinopatia ci riferiamo ad un tendine anormale, doloroso e che peggiora col carico e l’attività fisica. Una volta veniva definita tendinite (infiammazione del tendine) ma da studi recenti è ormai chiaro che essa non è associata ad un processo infiammatorioclassico ma all’incapacità del tendine di sopportare un carico.
La ricerca scientifica sulle cure delle tendinopatie, sia degli arti superiori (cuffia dei rotatori nella spalla ed epicondilalgia) che degli arti inferiori (tendine d’Achille e tendine rotuleo), sta facendo passi da gigante. Ancora non si conosce il metodo migliore per trattarle, ma intanto sappiamo cosa non fare, il che ci permette di focalizzare il processo di cura sui metodi che sembrano funzionare di più e soprattutto abbandonare quelli che fanno perdere solo tempo e sprecare soldi.
Tendinopatia: in che fase sei?
La fisioterapista australiana Jill Cook, che noi di Physiotherapy conosciamo molto bene, divide il processo di tendinopatia in due fasi:
Reattiva / inizio lesione
Fine lesione / degenerativa
Determinare lo stadio di una tendinopatia è fondamentale nel formulare correttamente il piano di trattamento.
Un carico di allenamento eccessivo nel tennis, soprattutto in eccentrica, potrebbe peggiorare le cose in una tendinopatia reattiva, ma potrebbe aiutare nella fase degenerativa – questo è il motivo per cui la fase è così importante! Se non si identifica la fase giusta si potrebbero peggiorare le cose!
In poche parole con una tendinopatia nella sua fase iniziale e quindi reattiva, sarà molto importante ridurre il carico di allenamento (frequenza e volume) ma sopratutto modificare o ridurre il carico eccentrico. L’obiettivo principale durante questo stadio è quella di contribuire alla guarigione del tessuto piuttosto che peggiorare la patologia del tendine. Di particolare importanza è la riduzione dei movimenti che combinano sia carichi di compressione che di trazione (NO STRETCHING). È importante gestire in maniera ottimale il carico di lavoro, il che non significa scaricare completamente il tendine, comportamento che potrebbe peggiorare la qualità del tendine, ma ridurre il carico ad un livello che permetta al tendine di recuperare. Questo potrebbe significare evitare momentaneamente la corsa e la modifica del carico di allenamento a seconda della gravità della tendinopatia.
Una tendinopatia invece nella sua fase degenerativa risponderà meglio al carico graduale e progressivo che terminerà con il rafforzamento eccentricoe pliometrico, sempre nel rispetto del dolore.
Tendinopatia: cosa non fare
Abbiamo visto come ci dobbiamo comportare di fronte ad un tendine doloroso ed abbiamo capito l’importanza della fase della patologia tendinea. Ora capiamo cosa non fare quando ci troviamo di fronte ad un quadro clinico doloroso di natura tendinea.
1) RIPOSO ASSOLUTO
Il riposo comporta solo una riduzione della capacità del tendine di sopportare i carichi, peggiorando quindi la patologia esistente. Ma se il carico su un tendine crea dolore, cosa si può fare? Ridurre il carico a livello tollerabile ed incrementare gradualmente la tolleranza del tendine al carico.
2) FARE TRATTAMENTI PASSIVI
I trattamenti passivi come ghiaccio o terapia fisica (tecar – laser etc etc) possono ridurre il dolore nel breve periodo, ma sono totalmente inefficaci sul lungo periodo.
3) FARE INFILTRAZIONI
Le infiltrazioni non sono efficaci. Riducono il dolore per pochi giorni, ma sul medio e lungo periodo, oltre a non guarire il problema, peggiorano la patologia. Non fare mai un’infiltrazione senza prima aver provato un programma serio di fisioterapia basata su esercizi scientificamente validati.
4) IGNORARE IL DOLORE
Il dolore non deve fare paura, ma deve essere usato come segnale per capire quanto il tendine può essere caricato. La comparsa del dolore ci avvisa di un eccessivo carico sul tendine.
5) FARE STRETCHING
Lo stretching aumenta le forze compressive sul tendine peggiorando la sintomatologia. Se la muscolatura è rigida è preferibile un massaggio.
6) MASSAGGIARE IL TENDINE
Non conviene massaggiare direttamente il tendine perché si potrebbe solo peggiorare la situazione. Talvolta può derivarne un sollievo momentaneo salvo poi peggiorare di nuovo in poco tempo. Il massaggio può invece essere utile sulla muscolatura che si attacca al tendine sofferente.
7) ESSERE PREOCCUPATO DALLA DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Non bisogna aver paura dei risultati degli esami strumentali. Un tendine patologico può, anzi deve essere caricato (sempre seguendo i consigli di un esperto). Nei referti, parole come “degenerazione” o “lesione” possono spaventare il paziente che tenderà a non fare più nulla che comporti l’utilizzo del tendine. Un tendine “degenerato” può rispondere positivamente al carico, soprattutto se somministrato gradualmente.
8) AVER PAURA DELLA ROTTURA
La maggior parte delle persone che hanno subito la rottura di un tendine non avvertivano nessun tipo di dolore in precedenza. Quindi non bisogna aver paura di una possibile rottura perché si sente male. Il dolore ci aiuta a capire come ricalibrare i carichi che il tendine può sopportare.
9) PRENDERE DELLE SCORCIATOIE
Dedicare poco tempo alla fisioterapia non funziona. Terapie passive (ultrasuoni, tecar, tens) possono produrre un beneficio, ma solo nel brevissimo termine. Occorrerà subito ridurre il carico quando basta e pianificare un programma di rinforzo con carico graduale progressivo, monitorando costantemente il dolore. E’ importante capire che durante un allenamento od una partita di tennis il tendine viene caricato tantissimo. Preparare gradualmente il tendine di un tennista al suo carico reale rappresenta la strada migliore.
10) NON CAPIRE QUALI ESERCIZI SONO BENEFICI E QUALI NO PER IL TENDINE
Salti, cambi di direzione, sprint sono attività da evitare nel primo periodo e da gestire con un aumento progressivo in seguito. Esercizi di forza possono invece aiutare molto la guarigione di un tendine.
Il messaggio da portare a casa è che una riabilitazione basato sull’esercizio terapeutico a carico progressivo e graduale rappresenta il trattamento migliore nella gestione clinica di un dolore tendineo del tennista.
Tendinopatia: le conclusioni
Se soffri di un dolore al tendine o se ne hai mai sofferto in passato ora sai quanto sia importante la gestione del carico ottimale.
Un programma progressivo con esercizi di forza e resistenza darà al tendine i carichi appropriati e sarà in grado di produrre i risultati migliori nel lungo termine. La quantità di carichi non è la sola variabile da monitorare, anchel’aumento dei carichi in modo inappropriato sembra essere un fattore di rischio.
I fisioterapisti di Physiotherapy gestiscono quotidianamente tennisti amatoriale e di elite attraverso una specifica riabilitazione, con protocolli di allenamento dello sportivo professionista per il completo recupero e la piena performance.
Chiamaci per una consulenza gratuita, fai il primo passo affidando ad un team di esperti il TUO RECUPERO.
Il mal di schiena (low back pain) rappresenta una condizione comune che colpisce persone di tutte le età nei paesi sviluppati ed in via di sviluppo, un sintomo molto conosciuto nella maggior parte della popolazione, in grado di colpire ognuno di noi durate la nostra vita.
Questo condizione produce un notevole impatto negativo sulla qualità della vita, in termini di dolore, ridotta funzionalità fisica, alterazione della sfera sociale e psicologica, nonché una ridotta capacità lavorativa.
Spesso conduce ad un aumento dei giorni di assenza dal lavoro ed al prepensionamento con conseguente aumento dei costi di assistenza sanitaria.
Una grande quantità di ricerche sono state condotte per studiare l’efficacia terapeutica nella riduzione del mal di schiena . Nel migliore dei casi, le strategie terapeutiche producono modesti effetti sui sintomi, sulla qualità della vita e/o sulla funzionalità.
Ad esempio, l’attività fisica e gli esercizi sono in grado di ridurre il dolore e migliorare la funzionalità fisica, ma i loro effetti sono per lo più da piccoli a moderati.
Alcuni interventi, come il supporto lombare, il riposo, la chirurgia e la stimolazione elettrica nervosa transcutanea, si sono dimostrati inefficaci se non addirittura dannosi. Ciononostante, di fronte a queste prove di efficacia terapeutica ed alle linee guida cliniche, numerose tecniche inefficaci e/o potenzialmente dannose vengono comunemente forniti nel tentativo di gestire la lombalgia, in particolare quella persistente.
Nonostante una notevole quantità di ricerca è stata condotta sul argomento, poche sono le strategie di riduzione della lombalgia considerate di successo.
Questo articolo mira a determinare, in una popolazione che soffre di mal di schiena, quali siano i fattori, secondo i pazienti, in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa.
Quali sono le credenze degli individui che soffrono di lombalgia?
Cosa, secondo la loro opinione, è in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa?
In Australia è stato condotto un sondaggio online su 130 adulti i quali si sono auto identificati come pazienti con mal di schiena. I dati delle risposte a questo sondaggio sono stati analizzati utilizzando l’analisi del contenuto per determinare qual’era secondo loro un approccio ritenuto efficace per ridurre il mal di schiena.
PANORAMICA DEI RISULTATI
I partecipanti hanno frequentemente affermato che il loro mal di schiena potesse essere ridotto, come trattamenti passivi, dall’ applicazione di caldo/freddo (66%), da farmaci (64,1%) e dal riposo (60%). Per quanto riguarda i trattamenti attivi l’esercizio fisico e/o l’attività fisica viene considerato come il principale trattamento in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa.
I principali risultati mostrano i tre principali trattamenti che possano, secondo le opinioni, dare un beneficio in termini di diminuzione del dolore in caso di lombalgia: le applicazioni di caldo/freddo, i farmaci ed il riposo. Questi fattori sono considerati molto spesso rispetto ad altri fattori quali l’esercizio e/o l’attività fisica, menzionati, invece, come quarto fattore in grado di alleviare una lombalgia.
Queste considerazioni da parte della popolazione sono contrari alla corrente raccomandazioni per la gestione di una lombalgia. I tre fattori più comunemente menzionati per la gestione di una lombalgia non sono supportate dalle attuali evidenze scientifiche
Le possibili spiegazioni di questi contrasti (opinine pubblica e letteratura) si possono tradurre nell’errate credenze su ciò che influenza il loro dolore. Nella gestione del mal di schiena acuto e cronico, è importante informare il paziente circa la vera natura del suo dolore, ovvero fare vera e propria educazione del paziente.
Negli ultimi 10 anni le ricerche nel campo delle neuroscienze hanno portato novità importanti nella comprensione del ruolo del cervello nel dolore, specialmente quello cronico. Sono sempre più numerosi gli studi che evidenziano come il dolore cronico sia associato ad una riorganizzazione della corteccia sensoriale.
Come citato in un precedente mio articolo, un approccio relativamente nuovo e promettente nella gestione di mal di schiena cronico consiste nell’insegnare al paziente la neurobiologia e la neurofisiologia del dolore, ovvero la PNE (l’educazione alla neurofisiologia del dolore) con l’obiettivo di insegnare di più ai pazienti circa i processi neurobiologici e neurofisiologici che stanno alla base delle loro esperienze di dolorose.
QUALI SONO I DISTRETTI MAGGIORMENTE SOGGETTI AD INFORTUNI NEL TENNISTA?
È pensiero comune associare al tennista, amatoriale o professionista, come unica patologia la tendinopatia laterale di gomito, meglio conosciuta come “gomito del tennista”; ahimè, soprattutto se parliamo di atleti d’élite dove il gesto tecnico sport specifico è curato nei minimi dettagli, questo disturbo è piuttosto infrequente. Vediamo insieme quali sono gli altri distretti articolari che possono andare incontro a problematiche in chi compie questo sport.
SPALLA
Il dolore alla spalla è presente nel 24% dei tennisti di alto livello dai 12 ai 19 anni con una prevalenza che aumenta fino al 50% per i giocatori di mezza età.
Gli infortuni alla spalla sono comunemente dovuti all’uso ripetitivo e possono essere correlati a discinesia scapolare, patologie della cuffia dei rotatori o deficit di rotazione interna gleno-omerale con conseguente conflitto interno e/o patologia del labbro gleno-omerale.
In generale, i sintomi nel giovane tennista di alto livello sono correlati all’instabilità mentre la cuffia dei rotatori è più comunemente coinvolta nel giocatore adulto. A causa dell’incidenza elevata della patologia di spalla nei tennisti, alcuni autori hanno messo in dubbio che chi pratica tennis possa avere un maggior rischio di artrite gleno-omerale. Una studio ha analizzato 18 giocatori di tennis senior senza alcun pregresso chirurgico o trauma alla spalla e li ha confrontati con controlli di pari età che non giocavano a tennis. I risultati hanno mostrato che il 33% dei tennisti aveva segni radiografici di alterazioni degenerative a livello gleno-omerale del braccio dominante rispetto a solo l’11% dei controlli.
VIDEO DI 3 ESERCIZI FONDAMENTALI PER UN TENNISTA
ANCA
Lesioni all’articolazione dell’anca rappresentano dall’1% al 27% di tutti gli infortuni nei giocatori di tennis. In un periodo di 6 anni, Hutchinson et al hanno riportato un’incidenza di 0,8 ogni 1000 esposizioni atletiche e una prevalenza di 1,3 problematiche d’anca su 100 tennisti junior d’élite. Sanchis-Moysi et al. hanno studiato le dimensioni dell’ileopsoas e dei muscoli glutei nei tennisti professionisti così come nei giocatori di calcio professionisti mediante risonanza magnetica e hanno scoperto che i tennisti presentavano un’ipertrofia asimmetrica dell’ileopsoas e un’inversione del normale equilibrio dominante-non dominante osservato nei controlli non attivi mentre i muscoli glutei risultavano ipertrofizzati in maniera asimmetrica.
Poiché l’ileopsoas può causare dolore inguinale da tendinoptia o borsite, i giocatori di tennis potrebbero essere più sensibili a queste patologie a livello dell’arto inferiore non dominante.
Così come per altre articolazioni, è stata trovata una correlazione tra partecipazione atletica e artrite dell’anca in ex atleti d’élite. Uno dei maggiori studi che coinvolgono ex atleti d’élite femminili che hanno gareggiato nella corsa e nel tennis hanno avuto un aumento del 250% della prevalenza di osteofiti intorno all’articolazione dell’anca rispetto ai controlli. Inoltre, questa stessa indagine ha riportato che c’era un tasso doppio di formazione di osteofiti intorno all’anca nei giocatori di tennis rispetto ai corridori.
GINOCCHIO
Un ampio studio epidemiologico ha documentato 397 atleti di tutti i livelli di abilità e di età con 530 infortuni sportivi in un periodo di 10 anni; ci sono stati circa 300 infortuni al ginocchio legati al tennis e di questi, l’11% ha avuto un danno del legamento crociato anteriore (LCA) confermato nel follow-up.
Questa stessa indagine ha riportato che il legamento collaterale laterale e patologie del menisco mediale erano più frequenti nei giocatori di tennis rispetto ad altri sport.
Oltre alla lesione del LCA sono molto frequenti nel tennista il dolore femoro-rotuleo (in particolare nelle femmine) e la tendinopatia rotulea (“jumper’s knee”). Thelin et al hanno studiato l’associazione tra la partecipazione al tennis e l’artrite al ginocchio in oltre 150 tennisti svedesi, rispetto ai controlli non praticanti ed hanno scoperto che non vi era alcuna correlazione significativa.
GAMBA
La “gamba del tennista” coinvolge la porzione mediale del muscolo gastrocnemio. Un’ampia popolazione di 720 atleti di tutti i livelli di abilità con “stiramento dei muscoli del polpaccio” studiati per un periodo di 12 anni ha rilevato che il 16% dei casi era dovuto ad attività legate al tennis. Indagini separate hanno dimostrato che lesioni del polpaccio e del tendine di Achille rappresentavano dal 4% al 9% di tutte le lesioni legate al tennis.
SCHIENA
Tra gli atleti, il mal di schiena ha una prevalenza che arriva fino all’85%.
In 148 tennisti professionisti, Marks et al. hanno riscontrato che il 38% riferiva di aver perso un torneo a causa del mal di schiena e il 29% soffriva di mal di schiena cronico.Un altro studio ha rilevato che il 50% dei giocatori di tennis d’élite soffriva di dolori alla schiena di almeno 1 settimana, con il 20% di questi soggetti che manifestavano un dolore “grave”.
Il gesto tecnico del servizio è il colpo più comunemente eseguito durante la competizione tennistica. Alcuni autori hanno teorizzato che l’esecuzione ripetuta del movimento del servizio potrebbe portare a problematiche in questo distretto. Indagini di laboratorio hanno mostrato forze significativamente più alte nella porzione lombare per il servizio in Kick (‘topspin’) rispetto allo Slice o Flat, e portando potenzialmente a un maggior rischio di infortuni.
Data l’elevata frequenza di mal di schiena nei giocatori di tennis, sono stati intrapresi studi per determinare la prevalenza di anomalie radiografiche alla colonna in questi atleti; Alyas et al hanno eseguito una risonanza magnetica su tennisti d’élite asintomatici adolescenti e hanno rilevato che oltre l’80% presentava anomalie strutturali. Sebbene sia nota la presenza di patologie strutturali di schiena nei giocatori di tennis, la causa più comune di mal di schiena è legata alle strutture muscolari lombari piuttosto che a una patologia spinale.
FRATTURE DA STRESS
Un recente studio sulle fratture da stress nei tennisti condotto da Maquirriain et al. ha seguito una coorte di 139 tennisti d’élite per un periodo di 2 anni ed hanno riscontrato un’incidenza di fratture del 13%, con il navicolare tarsale il più colpito (27%), seguito dalla pars interarticularis (16%), dai metatarsi (16%) e dalla tibia (11%). I minori di 18 anni erano maggiormente soggetti a fratture rispetto agli adulti.
Nell’estremità superiore, Balius ha riportato una serie di casi di sette fratture da stress metacarpale in tennisti junior di alto livello; tutte le fratture da stress erano localizzate nel secondo metacarpo ad eccezione di una che si trovava nel terzo metacarpo. Hanno trovato un’associazione con l’intensità di gioco e hanno teorizzato che la presa western o semi-western potrebbe essere un ulteriore fattore di rischio. Le aree meno comuni di fratture da stress nei giocatori di tennis che sono state riportate in letteratura, per lo più come casi clinici, sono state l’ischio, la prima costola, l’omero, l’osso sacro, la rotula, il gancio dell’amato, l’ulna e la porzione distale del radio.
UN TENDINE DELLA SPALLA SI È LESIONATO! MI OPERO O NO?
QUANDO DEVO FARE UNA RISONANZA MAGNETICA?
HO UNA LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI: COME DEVO MUOVERMI?
LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI: QUANDO OPERARSI?
LA FISIOTERAPIA COME PRIMA SCELTA IN CASO DI LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI
UNA FISIOTERAPIA SPECIFICA PER LA CUFFIA DEI ROTATORI
ALCUNI CONSIGLI PER GESTIRE AL MEGLIO UNA LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI
Un argomento attuale molto delicato per la maggior parte delle persone, infatti una lesione alla cuffia dei rotatori ha una percentuale di prevalenza pari attorno al 14% nella popolazione attiva.
Tali disturbi non sono sempre episodi di breve durata ma, al contrario, potrebbero rappresentare una condizione clinica persistente. Infatti, sebbene una percentuale di persone possa riprendersi nei primi mesi dall’esordio, alcuni continuano a manifestare sintomi a lungo termine.
UN TENDINE DELLA SPALLA SI È LESIONATO! MI OPERO O NO?
Molte persone giungono presso il nostro studio con una diagnosi medica approssimativa di “tendinite” o “periartrite scapolo omerale”, magari facendo un singolo test, di dubbia utilità, di conflitto subacromiale, o semplicemente dopo aver eseguito un’ecografia muscolo – scheletrica.
Prima di tutto c’è da dire che…
…la gestione conservativa di una tendinopatia alla cuffia dei rotatori rappresenta per il fisioterapista una sfida difficile perché i meccanismi responsabili di questo disturbo non sono ancora completamente conosciuti, perché non esiste un gold standard nel trattamento e perché il possibile coinvolgimento del sistema nervoso centrale (SNC) nel dolore persistente è poco indagato.
Quindi cosa è meglio fare? Chi si deve interpellare per ricevere una diagnosi corretta? A quali trattamenti è meglio sottoporsi?
FACCIAMO CHIAREZZA
La spalla è un’articolazione molto complessa con numerosi gradi di libertà. La sua stabilità è garantita sia da strutture passive (ossa e legamenti) e sia da strutture attive (muscoli e relativi tendini). In passato si è data molta importanza all’integrità di queste strutture accusandole spesso e volentieri di essere la fonte dei sintomi dolorosi.
In realtà esistono evidenze scientifiche che dimostrano che non sempre la causa del dolore è da attribuire a lesioni o degenerazioni di queste strutture evidenziate attraverso l’esecuzione o di un esame ecografico, o di una risonanza magnetica.
Chiedi sempre un consulto ad un ortopedico specializzato sulla spalla oppure un fisioterapista esperto in terapia manuale ortopedica
QUANDO DEVO FARE UNA RISONANZA MAGNETICA?
Sappiamo che la risonanza magnetica e l’ecografia hanno una buona accuratezzadiagnostica nelle rotture a tutto spessore nei pazienti che presentano dolore alla spalla, ma sappiamo anche che questa accuratezza diminuisce in maniera significativa ma man che l’estensione della lesione diminuisce.
Infatti, proprio per la presenza di questa scarsa correlazione tra lesioni anatomiche e percezione del dolore le principali linee guida sconsigliano l’uso di un indagine diagnostica prima delle 6 settimane dall’insorgenza del sintomo.
Un ulteriore studio, a dimostrazione di quanto detto, dimostra come spesso siano presente alterazioni strutturali a carico dei tessuti molli anche nella popolazione asintomatica, cioè in persone che non manifestazione alcun dolore.
Quindi un referto di un’ indagine strumentale non potrà mai dire da dove viene il dolore, al massimo potrà evidenziare quali sono le differenze rispetto all’anatomia ritenuta “normale”, in poche parole un’ecografia potrà spiegare l’anatomia della spalla, ma di certo non il motivo per cui il paziente lamenta dolore.
HO UNA LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI: COME DEVO MUOVERMI?
Da qui la necessità di una valutazione adeguata in quanto il dolore può avere svariate origini e quindi si consiglia sempre di rivolgersi a professionisti qualificati come Fisioterapistiesperti in Terapia Manuale Ortopedica oppure ad Ortopedici specialisti di spalla.
Queste figure saranno in grado di dirvi quale sia il vostro problema, consigliarvi la migliore soluzione ed eventualmente richiedervi un’indagine strumentale se e solo se la vostra situazione lo richiede.
LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI: QUANDO OPERARSI?
Generalmente il trattamento conservativo è la prima scelta terapeutico in caso di lesione alla cuffia dei rotatori.
Soltanto alcune lesione della cuffia dei rotatori richiedono l’intervento di un chirurgo ortopedico. Le lesioni parziali non necessitano di un intervento chirurgico nella maggior parte dei casi: solo se il dolore è persistente e non si risolve con la fisioterapia ci si può orientare verso la chirurgia.
Stessa cosa per quanto riguarda le lesioni a tutto spessore: in alcuni casi i disturbi sono contenuti o comunque con una giusta fisioterapia la spalla può smettere di far male. Questo quadro è tipico delle persone più anziane (dai 60 anni in su) e che non richiedono grandi sforzi alla spalla.
Se invece siamo di fronte a una persona più giovane, nel pieno dell’attività lavorativa, e soprattutto se l’attività svolta richiede un certo impegno della spalla, si può ricorrere all’intervento.
LA FISIOTERAPIA COME PRIMA SCELTA IN CASO DI LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI
L’obiettivo del trattamento dovrebbe essere quello di aumentare la capacità di carico dei tendini della cuffia dei rotatori tramite l’esercizio terapeutico basato sul carico progressivo, ovvero aumentare la capacità dei tendini di resistere alle sollecitazioni, per ridurre la sintomatologia e migliorare la funzionalità.
In pratica, l’esercizio basato sul carico progressivo dovrebbe favorire l’adattamento del tendine, del muscolo, dell’unità miotendinea e della catena cinetica.
In base agli studi clinici e all’opinione degli esperti, l’esercizio terapeutico dovrebbe essere la principale scelta di trattamento nei soggetti con lesione alla cuffia dei rotatori. I pazienti dovrebbero effettuare l’esercizio terapeutico basato sul carico per almeno 3 mesi prima di considerare altre opzioni di trattamento.
UNA FISIOTERAPIA SPECIFICA PER LA CUFFIA DEI ROTATORI
DEVI SAPERE CHE:
Il riposo dovrebbe essere limitato esclusivamente alla fase reattiva e al periodo iniziale della fase di alterata riparazione per evitare una possibile progressione del disturbo;
Sono consigliati 2-3 giorni di recupero tra attività molto impegnative per favorire il turnover del collagene; nelle fasi finali della riabilitazione, con l’aumentare della capacità di carico del tendine e della catena cinetica, il tempo di recupero può diminuire;
Il turnover del collagene è ridotto con il passare degli anni, quindi atleti meno giovani potrebbero necessitare di tempi di recupero maggiori;
Il riposo prolungato riduce la capacità di carico del tendine e della catena cinetica. Negli sportivi, inoltre, un riposo eccessivo potrebbe ridurre la performance;
Evitare un riposo eccessivo potrebbe avere un impatto positivo sullo stato di salute generale del paziente in quanto le tendinopatia sono spesso associate a disturbi metabolici, come diabete mellito e ipercolesterolemia;
L’esercizio terapeutico è supportato dal più alto livello di evidenza e rappresenta la stratega conservativa più utilizzata nel trattamento delle lesioni alla cuffia dei rotatori. Vieni a scoprire presso il studio i nostri protocolli di trattamento;
La valutazione della catena cinetica è una componente raramente considerata nei programmi di riabilitazione proposti;
Bene, abbiamo capito che l’esercizio rappresenta una soluzione ottimale per recuperare al meglio una spalla con lesione di cuffia, ma ci sono altre strategie di intervento?
Altre strategie di intervento sono spesso utilizzate nella gestione di una lesione alla cuffia dei rotatori: terapia manuale, dry needling, agopuntura, infiltrazioni (acido ialuronico coricosteroidi, etc.), onde d’urto, laser, taping, FANS.
Ma nessuna di queste strategie è efficace come l’esercizio terapeutico
Non modificano la capacità di carico del tendine, la forza della catena cinetica ed il possibile coinvolgimento del sistema nervoso centrale.
MA
Se utilizzate in associazione all’esercizio terapeutico potrebbero ridurre i sintomi e favorire l’aderenza del paziente
ALCUNI CONSIGLI PER GESTIRE AL MEGLIO UNA LESIONE ALLA CUFFIA DEI ROTATORI
Mai affidarsi a soluzioni non supportate da solide basi scientifiche.
Rivolgersi sempre a professionisti come Fisioterapisti altamente esperti in Terapia Manuale Ortopedica e Ortopedici specialisti della spalla.
La chirurgia non è sempre l’intervento più indicato per risolvere definitivamente il dolore ad una spalla.
Un programma di esercizi calibrato sulle capacità del paziente eseguito sotto la supervisione di un fisioterapista rappresenta spesso il miglior intervento sostenuto da prove di efficacia scientifiche.
Le indagini strumentali forniscono informazioni limitate e non sempre sono necessarie.
Questo sito utilizza 'cookie' per migliorare l'esperienza generale. Chiudendo questo banner acconsenti all'uso dei cookie.AccettoLeggi Tutto
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.