Sei un runner amatore o professionista che presenta un dolore laterale di ginocchio? Potrebbe essere la bandelletta.

Molto spesso runners e amanti della bicicletta soffrono di una condizione clinica caratterizzata da dolore nella porzione laterale del ginocchio o leggermente inferiore ad esso denominata sindrome della bandelletta ileotibiale o ginocchio del corridore; questa è una lesione da overuse/sovraccarico caratterizzata da dolore al ginocchio nella parte laterale, principalmente nella regione del condilo femorale che si manifesta soprattutto dopo movimenti ripetuti del ginocchio, tendenzialmente durante la corsa o in altri sport come ad esempio nel ciclismo che prevedono un gesto ripetuto in flesso/estensione di ginocchio.
Negli ultimi anni è stato riscontrato un aumento di questa problematica che si potrebbe associare al numero crescente di corridori in tutto il mondo anche perché la corsa è una forma economica di attività fisica che può essere svolta liberamente, ovunque e in qualsiasi momento della giornata.
La bandelletta ileo-tibiale è un ispessimento laterale del muscolo tensore della fascia lata della coscia. Prossimamente si divide in strati superficiali e profondi, è ancorata alla cresta iliaca e riceve le fibre dal tensore della fascia lata e dal grande gluteo. La bandelletta ileotibiale è generalmente vista come una banda di tessuto connettivo fibroso denso che passa sopra l’epicondilo femorale laterale e s’inserisce sul tubercolo di Gerdy nell’aspetto anterolaterale della tibia.

Dal punto di vista EPIDEMIOLOGICO la sindrome della bandelletta ileotibiale rappresenta la causa più comune di dolore laterale al ginocchio nei runners e nei ciclisti, ma occorre sottolineare che può anche presentarsi in atleti che praticano ad altri sport come ad esempio il tennis, il calcio, lo sci e il sollevamento pesi.

Dal punto di vista d’incidenza oscilla tra l’1,6% e il 12% nei corridori e in altri sport in cui vi è un reclutamento elevato del ginocchio. Nel ciclismo la percentuale è leggermente maggiore, circa il 15%. Alcuni autori affermano che la sindrome della bandelletta ileotibiale comprende il 20% di tutte le lesioni agli arti inferiori. 
Le donne sono colpite maggiormente rispetto agli uomini con un rapporto di 2:1. Raramente si verifica nella popolazione non attiva.

L’EZIOLOGIA della sindrome della bandelletta ileotibiale è fonte di discussione da diverso tempo ed è probabilmente di tipo multifattoriale. Per anni la letteratura ci convinse della teoria secondo cui alla base del disturbo ci fosse uno scivolamento ripetitivo della bandelletta ileotibiale contro l’epicondilo femorale laterale, durante i movimenti di flesso/estensione del ginocchio (ad esempio durante la corsa), che causava l’infiammazione dell’area di contatto in seguito all’attrito tra bandelletta e osso. Questo contatto tra la bandelletta e l’epicondilo laterale avverrebbe a 30 gradi di flessione del ginocchio; 
tuttavia, sono stati eseguiti vari studi anatomici i quali non hanno supportato questo movimento di scorrimento sull’epicondilo laterale in quanto la bandelletta ileotibiale risulta essere saldamente ancorata distalmente al femore, escludendone quindi una sua traslazione antero-posteriore ma piuttosto è stato osservato che i ripetuti movimenti di flesso estensione provocano un aumento di pressone a livello del cuscinetto adiposo che separa appunto il tendine dall’epicondilo femorale laterale; questo cuscinetto è stato scoperto da esami istologici che hanno evidenziato la presenza di un cuscinetto adiposo altamente innervato e vascolarizzato situato proprio tra la bandelletta e l’epicondilo e quindi la sua compressione durante il movimento potrebbe essere la causa del dolore laterale al ginocchio caratteristico di questo disturbo.
È possibile concludere affermando che non è la frizione tra la bandelletta e l’osso che genera l’infiammazione della bandelletta e di conseguenza il dolore laterale al ginocchio, bensì è l’irritazione del cuscinetto adiposo dovuta alla sua compressione che causa il dolore caratteristico di questa patologia.

 

Essendo di fronte ad una problematica multifattoriale, i FATTORI DI RISCHIO sono molteplici e inerenti diverse strutture:

  • Deficit muscolare dei flesso-estensori
  • Debolezza extrarotatori d’anca
  • Pronazione del piede aumentata
  • Rigidità della bandelletta ileotibiale
  • Corsa su superficie inclinata e/o in discesa
  • Variazione dell’allenamento/superfici

 

Tra i fattori biomeccanici sarebbe logico correlare la presenza di abduttori dell’anca deboli con la sindrome di frizione di banda ileotibiale, poiché gli abduttori deboli potrebbero portare ad una maggiore adduzione dell’anca durante la fase statica dell’andatura con un conseguente aumento della tensione della banda ileotibiale e una maggiore tendenza a comprimerla i tessuti sottostanti. Alcuni autori hanno riferito che i pazienti affetti da ITBFS presentavano una debolezza degli abduttori o una maggiore adduzione dell’anca durante la fase di appoggio dell’andatura, un risultato che poteva essere interpretato come dovuto alla debolezza dell’abduttore. Quindi, potrebbe esserci una correlazione tra la sindrome di frizione di banda ileotibiale e la debolezza degli abduttori d’anca o con problemi del timing e dell’ampiezza dell’attivazione degli abduttori d’anca durante il ciclo del passo e la quantità di adduzione dell’anca che si verifica durante il fase di marcia.

Potrebbe anche logico collegare la tensione dell’ITB alla sindrome da frizione di banda ileotibiale, poiché presumibilmente una banda più tesa porterebbe a una maggiore compressione dei tessuti sottostanti con ciascun ciclo del passo.

Alcuni autori hanno riscontrato una maggiore incidenza di ITBFS negli atleti che hanno un’iperpronazione del retropiede mentre altri autori hanno raggiunto la conclusione opposta ossia che i corridori con ITFS avevano una riduzione della pronazione del retropiede rispetto ai controlli

Altri fattori biomeccanici che sono stati associati alla sindrome da frizione di banda ileotibiale includono: aumento delle forze di atterraggio, aumento della rotazione interna del ginocchio, ridotta forza degli ischiocrurali rispetto alla forza del quadricipite sullo stesso lato e genu recurvatum.

 

Come si presenta un paziente con questo disturbo? Si guarisce?

 

La DIAGNOSI è prettamente clinica e raramente e necessita di ulteriori studi ed esami strumentali come possono essere un ecografia (che può segnalare un ispessimento anormale nella zona distale della bandelletta ileotibiale) o una risonanza magnetica (utili soprattutto per escludere altre problematiche).
Il paziente riferisce dolore laterale al ginocchio localizzato nell’area tra il tubercolo di Gerdy e l’epicondilo laterale e solitamente racconta di un recente cambiamento nelle attività come può essere un aumento del livello dell’intensità sportiva ecc; difficilmente si ha una storia di trauma. Dal punto di vista clinico nelle fasi iniziali il dolore si presenta al termine dell’attività sportiva mentre nelle fasi successive il paziente potrebbe riferire dolore anche a riposo, durante e dopo l’attività associato a fitte improvvise, in particolare in discesa nella fase di decelerazione quando il piede entra in contatto con il suolo.
Nell’esecuzione dell’esame fisico, non si osserva alcun gonfiore del ginocchio ma il paziente riferisce dolore acuto e bruciante alla palpazione della bandelletta ileotibiale sul condilo femorale laterale durante l’esecuzione della flesso/estensione del ginocchio. 
Come test clinici utilizzati dal fisioterapista vi è il test di Ober, test che in passato, veniva utilizzato per valutare la flessibilità della bandelletta ileotibiale ma ad oggi si è dimostrato avere scarsa affidabilità.

Dal punto di vista PROGNOSTICO quasi tutti i pazienti risolvono la loro condizione clinica in seguito ad un trattamento conservativo della durata di 2 mesi circa. l’intervento chirurgico non viene quasi mai preso in considerazione a meno che non ci sia un fallimento della terapia conservativa dopo 6/12 mesi di gestione.

 

In cosa consiste il trattamento riabilitativo?

 

Non esiste ad oggi un GOLD STANDARD di trattamento, vi sono diverse strategie di gestione ma tutte con prove limitate.

Il trattamento accettato della sindrome da frizione di banda ileotibiale segue la linea comune al trattamento di molte lesioni del tessuto connettivo, iniziando con il trattamento della risposta infiammatoria acuta e progredendo attraverso una fase di trattamento correttivo e in un ritorno all’attività regolare.

  • Allungamento della bandelletta ileotibiale e strutture correlate

Lo stretching della bandelletta ileotibiale, medio gluteo e altri muscoli è spesso raccomandato come parte del piano di trattamento per questo disturbo. È stata suggerita una varietà di protocolli di stretching ma Falvey ha rilevato che l’allungamento ottimale variava considerevolmente da individuo a individuo e  nessuno studio documenta un legame tra la distensione a breve termine della banda ileotibiale, come durante una routine di stretching, e cambiamenti a più lungo termine nella risposta meccanica del tessuto e nel miglioramento della meccanica di corsa. Inoltre, alla luce  di quanto detto sopra sul ruolo discutibile della frizione della  bandelletta ileotibiale sull’eziologia della malattia, ci può essere una ragione per mettere in discussione il tentativo di allungare la bandelletta.

 

  • Manipolazione del tessuto connettivo

Anche le tecniche di terapia manuale per rilasciare le restrizioni miofasciali nella bandelletta iliotibiale e le strutture correlate come i muscoli glutei e in tutte le altre aree che si trovano nella zona dell’anca, della coscia o degli arti inferiori. Fredericson concorda sul fatto che il trattamento dei punti trigger nella banda può aiutare in modo significativo

 

  • Rafforzamento degli abduttori dell’anca

È raccomandato il rinforzo dei muscoli abduttori d’anca ed il miglioramento della coordinazione neuromuscolare

 

NB: Una cosa certa è che i pazienti sottoposti a trattamenti conservativi riportano una percentuale di risposta positiva elevata.

 

  • Trattamento globale come miglior strategia?

Sicuramente il trattamento conservativo più corrette prevede un trattamento globale incentrato sulla gestione/risoluzione di tutti i fattori di rischio correlati a questa condizione clinica.