LA SCIATICA INFIAMMATA : SINTOMI, CAUSE E RIMEDI

LA SCIATICA INFIAMMATA : SINTOMI, CAUSE E RIMEDI

Per sciatica o sciatalgia, i medici intendono una sensazione dolorosa che s’irradia lungo l’intero nervo sciatico, dalle sue radici all’estremità. E’ un termine ad ombrello che viene più comunente associato ad un dolore che si presenta dalla zona glutea posteriormente fino all’arto inferiore.

In verità la patologia specifica è la Radicolopatia Lombare.

Intanto cosa si intende per Radicolopatia :  “Dolore irradiato ad uno o più dermatomeri (dolore radicolare/irritazione del nervo), in combinazione con disturbi neurologici (radicolopatia/sdr radicolare) che solitamente scende sotto il ginocchio fino al piede.”

E’ necessario fare un distinzione  tra dolore di tipo radicolare ( distribuzione dermatomerica, segni di alterazione come formicolii, scosse ) e non radicolare ( cioè un dolore riferito ). Quindi importante sarà capire la tipologia e intensità dei sintomi.

Per  dolore radicolare si intende invece   una combinazione di:

  • dolore primario (nocicettivo), descritto come profondo e causato dalla stimolazione meccanica o chimica dei nocicettori dell’epinervio (nervi nervorum) o dal nervo sinovertebrale.
  • dolore neuropatico (disestetico e parestetico), caratterizzato da bruciore, formicolii, sensazioni di scariche elettriche. È dovuto a raffiche di impulsi originanti dal ganglio fibre afferenti danneggiate (scariche ectopiche).

In conclusione è bene tener presente che la radicolopatia non è definita dalla presenza di dolore, ma è definita da segni neurologici oggettivi. Sebbene radicolopatia e dolore radicolare siano spesso associati, la radicolopatia può occorrere in assenza di dolore radicolarec osì come il dolore radicolare può presentarsi in assenza di radicolopatia.

La radicolopatia lombare può essere o meno associata a il mal di schiena lombare (LBP)   di natura muscoloscheletrica, ma il Low Back Pain  è un aspetto  secondario rispetto al quadro radicolare.

In letteratura  come abbiamo detto in precedenza manca una terminologia condivisa, per cui gli studi di prevalenza sono poco chiari. Pertanto i termini usati sono :

  • Lumbosacral radicular syndrome
  • Lumbar disk herniated
  • Sciatica
  • Cruralgia
  • Lumbar radiculopathy
  • Lumbar nerve root pain
  • Neuropathic pain.

CAUSE

La percentuale di radicolopatia viene stimata intorno all’1-3% o 4-5% nei paesi occidentali.

Tra le cause più frequenti si annoverano:

1) Ernia del disco (nelle sue varie forme)

2) Bulging discale

3) Presenza di osteofiti / stenosi laterale.

Altre possibili cause di natura diversa:

  • Tumori
  • Presenza di cisti.

La maggior parte delle cause è dovuto ad un possibile  compressione a livello della radice o delle altre strutture nervose del nervo sciatico che possono  portare ad una sequela di sintomi.

 

FATTORI DI RISCHIO 

Si possono distinguere 3 principali categorie di fattori di rischio:

LAVORATIVI: Frequenti sollevamenti associati a posture, soprattutto scorrette,in flessioni e torsioni (> 2h/d) del busto sono associati ad una maggior probabilità di sviluppare problematiche lombari e radicolopatia.Quindi posizione scorrette e quantità di ore aumenta la probabilità di sviluppare problemi lombari e radicolopatia.Inoltre l’associazione di prolungata posizione seduta in flessione (più di mezza giornata lavorativa) o rotazione in associazione a vibrazioni trasmesse al corpo, è un forte fattore di rischio per losviluppo di LBP e/o sciatalgia .

COMPORTAMENTALI:

  • Obesità: oltre al fattore meccanico del peso che la colonna si trova a sostenere( il peso può portare con il passare del tempo a problematiche degenerative ), è presente un aumento di mediatori infiammatori dal tessuto adiposo in eccesso.
  • Fumo

PERSONALI:

  • Età compresa tra i 45 e i 65 anni: fascia centrale di età lavorativa,periodo in cui possono avere inizio i fenomeni degenerativi a carico della colonna.
  • Altezza maggiore di 185 cm: leve lunghe da controllare, postazioni di lavoro scomode.Queste persone tendono a stare in posizioni più scomode dovute al fattoche la posizione di lavoro di solito èstandard e le persone alte devono adattarsi.
  • Stress: riduzione della capacità di carico locale e generale ( con successivo aumento dell’attivazione muscolare e schemi di cocontrazione ) con predisposizione alla disfunzione muscoloscheletrica.

Inoltre, anche se negli studi non viene preso in considerazione, un altro fattore di rischio può essere l’alimentazione: essa potrebbe andare a determinare alterazioni soprattutto per quanto riguarda i processi infiammatori e quindi allo sviluppo di problematiche. Non sappiamo però ancora oggi il tipo di alimentazione che aumenti il rischio di sviluppare problematiche, quello che si sa è che c’è correlazione.

 

STORIA NATURALE

Il decorso naturale della radicolopatia è buona nel lungo periodo ( 6 settimane ).

Il decorso naturale a lungo termine della radicolopatia lombare è ancora argomento di dibattito:

  • Circa il 50% dei pazienti migliora nei primi 10 gg
  • Circa il 25% entro 4 settimane
  • Circa il 20-30% continua ad avere dolore a distanza di un ann.

Solo il 10% dei pazienti ha dolore elevato dopo 6 settimane, da far ritenere possibile l’opzione chirurgica. L’operazione chirurgica viene consigliata anche  in casi sintomi neurologici evidenti, dolore che non risponde necessariamente agli analgesici, presenza di patologie della colonna concomitanti , fallimento del trattamento conservativo.

 

TRATTAMENTO

La sindrome radicolare rappresenta una sfida terapeutica per il professionista della riabilitazione che si trova a gestire persone con dolore spesso molto invalidante.

Il trattamento basato sulle recenti evidenze dimostra come l’approccio di tipo conservativo sia quello da applicare in prima istanza.Quindi è importante Informare correttamente il paziente sulla sua condizione clinica, le cause alla base e il decorso naturale (spiegare che il decorso sarà più lungo di un normale mal di schiena ma che comunque ha un’evoluzione benigna; inoltre si può anche spiegare nei pazienti  che vedono da una Risonanza magnetica che hanno ernia, che l’ernia in realtà regredisce attraverso i normali processi di guarigione del corpo ).Enfatizzare decorso positivo, la maggior parte guarisce entro 1 mese.

Sconsigliare il riposo a letto (con buon senso nei primi giorni di problema acuto) e utilizzo di farmaci per lunghi periodi.Essendo un quadro complesso, l’approccio SINTOMO-GUIDATO assume una rilevanza particolare in questa disfunzione. In particolare viene consigliato un approccio multimodale basato su esercizi di controllo motorio e attività fisica tollerata dal paziente : come la camminata , o le attività del tempo libero. A queste viene associata la terapia manuale , con tecniche di : mobilizzazioni lombari, tecniche neurodinamiche, tecniche di correzione dello shift guidati sempre dal sintomo del paziente.Importante inoltre correggere la gestione dell’ergonomia nelle attività di vita quotidiana.

Vengono scongliate le terapie fisiche strumentali, l’agopuntura e il riposo a letto in quanto si dimostrano poco efficaci .

Vista la complessità della patologia è consigliato affidarsi a degli specialisti del settore , per inquadrare bene la patologia e formulare insieme un  piano riabilitativo specifico a seconda della sintomatologia. Tutto cio è possibile grazie alla compilazione di esame obiettivo con valutazione dei dati anamnestici e clinici,attraverso l’esame funzionale , neurologico e nel caso quello neurodinamico . L’intervento terapeutico mira alla ripristino delle esigenze e del benessere della persona .

A cura di:

Luigi Lanfranchi

  • Fisioterapista – studente OMPT
Mal di schiena in gravidanza? Non sai cosa fare per attenuare il dolore? Leggi questo articolo, potrebbe esserti utile

Mal di schiena in gravidanza? Non sai cosa fare per attenuare il dolore? Leggi questo articolo, potrebbe esserti utile

1) Mal di schiena in gravidanza: cosa c’è da sapere

Il mal di schiena in gravidanza è molto comune, si stima che la percentuale di donne che soffrono di questi dolori durante la gestazione sia molto alta.
Il dolore si può manifestare in forma lieve solo durante alcune attività oppure può essere intenso e costante e diventare molto invalidante.

Quando si parla di mal di schiena in gravidanza, è molto importante capire l’origine del dolore per orientarsi e agire di conseguenza. Si fa principalmente riferimento a due quadri clinici:

  • Dolore Lombare (Low Back Pain, LBP), nella parte bassa della schiena: dolore o limitazione funzionale compreso tra il margine inferiore dell’arcata costale e le pieghe glutee inferiori con eventuale irradiazione posteriore alla coscia ma non oltre il ginocchio.

 

  • Dolore pelvico (Pelvic girdle pain, PGP): in gravidanza è più frequente rispetto
    al dolore lombare. È un dolore che si localizza tra la cresta iliaca e piega glutea inferiormente. Può dare una componente di dolore riferito ad inguine e sinfisi pubica e dolore irradiato alla coscia posteriore ma mai oltre il cavo popliteo. Il dolore è del tutto caudale alla quinta vertebra lombare. Quest’ultimo colpisce tra il 56 e l’80% delle donne in gravidanza.

2) Qual è la causa?

Non è ancora certa la motivazione per cui la gestazione influenzi la storia naturale del dolore lombare; le ipotesi sono diverse. Sicuramente la gravidanza aumenta il carico biomeccanico modificando i normali equilibri posturali e di carico sul rachide. Un’ipotesi alternativa potrebbe essere collegata al fatto che durante la gravidanza avviene un aumento di lassità del tessuto collagene. E’ risaputo che il contenuto ematico di relaxina aumenta di 10 volte con un picco massimo tra la trentottesima e la quarantaduesima settimana di gravidanza. Questo influirebbe soprattutto sull’ articolazione sacroiliaca e sulla sinfisi pubica, ma potrebbe influire anche sulla colonna rendendola meno rigida e in carenza di una muscolatura forte; di conseguenza potrebbe causare nuovi disequilibri con dolore. Ad oggi, il ruolo di tutti questi fattori non è ancora certo.

3) Come avviene la diagnosi e perché non è consigliato imaging?

Per capire se si tratta di “Pelvic Girdle Pain” è fondamentale rivolgersi a un professionista, che dopo un’ accurata valutazione e tramite test clinici specifici di provocazione del cingolo pelvico, farà la diagnosi.

Le linee guida dicono di non fare imaging se non ci sono quadri importanti (infiammazione, tumori, traumatismi gravi). Ovviamente non si consiglia la RX alle donne in gravidanza. Non possiamo comunque associare alle bio-immagini la fonte del dolore. L’imaging non da informazioni sul dolore o meno. Attraverso la risonanza magnetica si può osservare edema osseo profondo, solo in questo caso da un’informazione correlata a questi problemi. L’ematoma però dev’essere omogeneo e superiore al centimetro.

4) Quali sono le caratteristiche dei sintomi?

Solitamente nel dolore pelvico, l’insorgenza di dolore avviene dopo circa 30 minuti di cammino o di mantenimento della posizione seduta.

Inoltre, può esserci dolore durante attività quali: girarsi nel letto, igiene intima, infilare il pantalone stando in piedi su una gamba, stare seduti a terra a gambe incrociate, alzarsi dalla sedia.

5) Quando avviene l’esordio?

In presenza di una paziente in gravidanza la sintomatologia si deve essere manifestata o durante la gravidanza (12-24 settimane, aumentando dalla 24-36 settimana) o nel gap temporale che va dal parto alle 3 settimane successive.

6) In cosa consiste il trattamento?

Dagli studi fatti fin’ora, si evince che solo il 50% delle donne con dolore pelvico si rivolge a un professionista per essere trattata e si è visto che tra il 68-87% ha beneficio dal trattamento. L’approccio multimodale è il migliore in questi casi; si è visto, in particolare, in particolare, che attraverso l’educazione, l’esercizio terapeutico e la terapia manuale si hanno dei buoni risultati.

Per prima cosa, le donne andrebbero informate che il problema non è di alcun pericolo né per loro né per il loro bambino e che il decorso è solitamente benigno. Successivamente viene raccomandato l’esercizio per ridurre il dolore e si consiglia di eseguire sotto la supervisione di un professionista esercizi di stabilizzazione, di controllo motorio ed esercizi generici di rinforzo, insieme allo stretching. In letteratura, si è visto che ha una buona evidenza anche il massaggio perineale autoindotto per diminuire i danni da parto. Inoltre, si è constatato che solo per brevi periodi può essere utile l’uso della cintura pelvica. Il training cognitivo-comportamentale può essere di aiuto in caso di dolore cronico.

A cura di:

NOEMI MARINARI, PT, OMPT student

Dolore cervicale? Niente paura 10 consigli per te!

Dolore cervicale? Niente paura 10 consigli per te!

Il dolore cervicale è la seconda causa di dolore, dopo il mal di schiena, per cui le persone di rivolgono a un medico, fisioterapista o chiedono assistenza.

Circa 2/3 della popolazione almeno una volta nella vita soffre di disturbi cervicali con un andamento benigno nella maggior parte dei casi.

Questa condizione colpisce maggiormente le donne intorno ai 40- 50 anni di età e in una piccola percentuale (10%) tende a cronicizzare nel tempo (cote et al. 2004)

Difficilmente la causa scatenante di dolore cervicale è una sola, ma insorge quasi sempre per un insieme di fattori diversi legate allo stile di vita e ad alterazioni strutturali della colonna e del controllo muscolare.

Ma sappi che sono, per la maggior parte, tutti fattori modificabili

 e migliorabili con l’aiuto della fisioterapia!

 

Alcuni esempi di Fattori legati allo stile di vita sono appunto;

  • lavoro sedentario (ufficio, computer…);
  • lavoro in smart working con postazioni non ergonomiche (tavoli e sedie della cucina diventano sempre di più il nostro ufficio);
  • lavoro di forza e/o con movimenti ripetuti delle braccia sopra la testa;
  • mancanza di attività fisica;
  • eccesso di attività fisica;
  • mantenimento di “posture scorrette” durante il giorno e la notte;
  • Stress e disturbi del sonno.

 

Quindi ecco per te 10 consigli per gestire al meglio il tuo dolore al collo.

  1. Se il tuo dolore è comparso spontaneamente, senza traumi, incidenti stradali, e senza comparsa di altri sintomi (svenimenti, vertigini, disturbi della visione, associato primo episodio di mal di testa, ecc..) stai tranquillo, molto probabilmente si tratta di un semplice dolore cervicale e molto probabilmente risolvibile.

I dati dicono infatti che nel 90% dei casi si tratta di un disturbo non specifico o dolore meccanico (Blinder 2008), ed essendo tale, trattabile e risolvibile con la fisioterapia.

 

  1. Il riposo a letto e l’utilizzo di un collare, vengono considerati un trattamento inadeguato per favorire la risoluzione di un quadro doloroso rallentando la ripresa e aumentando la rigidità articolare e muscolare. Piuttosto, le evidenze sempre di più supportano una serie di programmi di esercizi come trattamento e prevenzione per il tuo dolore al collo. Per cui non aver paura a muoverti e cerca di riprendere le tue attività giornaliere per quanto sia possibile

 

  1. Non farti prendere dal panico!!

Un numero crescente di prove suggerisce che fattori, come il catastrofismo e kinesiofobia, possano portare ad esiti negativi, specialmente nei casi di dolore alla schiena e al collo.

Ricordati che le prime 48/72 ore da quando si scatena il dolore sono le peggiori. L’infiammazione è un processo fisiologico del corpo che necessita del suo tempo (48/72 ore) per ridursi spontaneamente.

 

  1. Evita di fare, se non sotto consiglio medico/ fisioterapico, esami diagnostici come radiografie e risonanze magnetiche. Spesso infatti risultano inutili o ancora peggio dannose.

Gli esami diagnostici infatti se effettuati senza ragione specifica possono aumentare il livello di disabilità portando a preoccupazioni da parte del paziente sull’esito del referto. Spesso infatti emergono, dagli esami, “anomalie” (ad esempio protrusioni discali, bulging osteofiti…) che sono presenti anche in soggetti senza dolore e che alimentano solamente paura e panico.

 

  1. Molto spesso il dolore cervicale è associato ad altri disturbi:

cefalea cervicogenica (Mal di testa). Dolore alla mandibola, dolore alle spalle, dolore al dorso.

Non ti spaventare se ti capita di avere associati due o più di questi sintomi. Sono spesso riscontrabili in un neck pain e soprattutto trattabili e risolvibili nella maggior parte dei casi.

 

 

  1. Se la cervicale è il “tuo tallone d’Achille”, forse è opportuno per te iniziare a fare un po’ di esercizio. In seguito a insorgenza di dolore o presenza di un trauma, alterazioni della funzione muscolare iniziano precocemente.

Un programma di esercizio inizialmente a basso carico, dei muscoli profondi del collo, è efficace nel ridurre il dolore e prevenire un nuovo episodio in futuro. 

Ma attenzione: Per esercizi non si intende il classico stretching che di vede sempre in televisione, bensì semplici esercizi di RINFORZO muscolare, mirati al rinforzo di quei muscoli profondi del collo che in seguito a dolore si “disattivano” immediatamente.

  1. Se hai dolore da molto tempo (mesi, anni) o hai un dolore che si ripresenta costantemente senza essere mai trattato, non pensare di poterlo trattare e eliminare in poco tempo.

Spesso servono mesi per uscirne del tutto. Ma stai tranquillo è del tutto normale!

8. Ecco qua un esempio molto semplice di esercizio da poter eseguire a casa con un semplice elastico.

 9. Se hai un lavoro in smart working, e hai cervicalgia, cerca di trovare una posizione comoda, ma anche ergonomica. La postura che si assume durante il giorno, durante il lavoro, non è dannosa di per sé, ma lo diventa se tale postura viene mantenuta per molto tempo durante il giorno.

Cerca quindi durante il giorno di cambiare posizione, non stare tutto il giorno fermo davanti al pc, ogni tanto alzati e cammina, muoviti.

 10. Se il tuo dolore cervicale non si riduce rivolgiti ad un fisioterapista che inseguito ad un’accurata valutazione saprà suggerirti la terapia migliore per te.

Ad oggi terapia manuale, esercizio terapeutico e trattamento miofasciale sono strategie maggiormente utilizzate con risultati migliori.

A cura di:

GIULIA SANGUINETTI, PT, OMPT student

  • Orthopeadic Manipulative Physical Therapist (OMPT) student
  • Fisioterapista dei disturbi vascuolo-linfatici
  • Fisioterapista esperta in fisio-pilates
Padel in pillole

Padel in pillole

Padel in pillole: “prevenire è meglio che curare”. Conoscere e prevenire gli infortuni nel padel.

Il padel ha registrato un aumento spettacolare di popolarità negli ultimi anni. Viene praticato in un totale di 27 paesi. In Italia c’è stata una crescita esponenziale in numero di licenze e installazioni, classificandosi tra gli sport più praticati in soli due decenni di storia, con milioni di praticanti. La popolazione adulta nella fascia compresa tra i 35 e 54 anni e il sesso femminile rappresentano i profili più caratteristici.

Tuttavia per molti rimane ancora uno sport poco conosciuto.

Le regole sono quelle del tennis: si gioca in doppio con due atleti per squadra. Come nel tennis il campo è diviso da una rete, le misure sono 20×10 metri, con manto erboso artificiale e circondato da pareti di vetro o muro di cemento, può essere indoor che all’aperto.

A differenza del tennis la racchetta è più piccola di dimensioni, ha una superficie d’impatto piena con dei fori situati strategicamente. Ogni racchetta ha un laccio che deve essere indossato sul polso durante il gioco. Le palline utilizzate possono essere di dimensioni ridotte e risultano più morbide rispetto a quelle utilizzate nel tennis.

La pratica sportiva implica necessariamente un maggiore rischio di lesioni dovute a sforzi eccessivi, ridotta forma fisica o mancanza di routine sportiva o motoria. Questi

infortuni, oltre a rappresentare un deterioramento per la salute e la qualità di vita, possono rappresentare fattori economici negativi come l’assenza dal lavoro per malattia o gli accessi diretti nelle varie strutture sanitarie e le possibili indagini diagnostiche.

In recenti studi hanno trovato il padel come uno dei principali sport per il tempo libero con più infortuni. Nello specifico a livello amatoriale hanno visto tassi di infortuni superiori anche al 50%, soprattutto nel gomito, spalla, ginocchio, caviglia e schiena. Essendo uno sport semplice e facilmente accessibile in cui si entra nel campo e si gioca subito, porta la gente ad avvicinarsi molto velocemente a questa realtà. Pertanto, gli autori affermano che l’indice alto e dannoso può essere legato a cattive pratiche sportive e/o nutrizionali. Tuttavia anche le caratteristiche del campo, come le pareti e la superficie di gioco possono influenzare alcune lesioni di origine traumatica diretta.

Il padel è uno sport asimmetrico in cui comporta un uso sproporzionato e ripetitivo delle articolazioni.

È caratterizzato da rapidi cambi di direzione, torsioni e un uso molto intenso e della racchetta. 

 

A livello dell’arto superiore essendo il padel simile al tennis vengono fuori patologie comuni che riguardano i distretti della spalla e del gomito.

Per la spalla possono comparire dolori Specifici o Aspecifici che possono essere correlati o meno a lesioni di tipo anatomico delle strutture articolari o muscolari.

Sono maggiormente elecitati i tendini della cuffia dei rotatori adibiti a stabilizzare la testa omerale durante i movimenti sopratutto legati alla rotazione.

Per quanto riguarda il gomito invece la patologia più frequente è il Dolore Laterale di Gomito (LEP) che rappresenta un dolore aspecifico nella zona laterale del gomito il più delle volte non associato a danni strutturali mentre  tra  le cause specifiche più comuni abbiamo  l’Epicondilite o più conosciuta “gomito del tennista” in cui vi è associata una tendinopatia a livello del compartimento estensorio del polso e della mano , con i muscoli più sollecitati che sono: l’estensore comune delle dita, l’estensore radiale breve e lungo del carpo.

Come nella parte parte possiamo riscontare anche un Dolore Mediale di Gomito e nello specifico per quello che riguarda le strutture tendinee dei muscoli flessori e pronatori di polso e mano, ovvero una tendinopatia mediale di gomito.

La maggior parte di queste tendinopatie all’insorgenza possono essere caratterizzate da un quadro di infiammazione, gonfiore, dolore e limitazione funzionale che tendono facilmente a cronicizzare, dovute principalmente da sovraccarichi e da possibili microtrauami ripetuti a livello del tessuto tendineo con conseguente danno. Il dolore facilmente localizzabile nella parte laterale o mediale del gomito, è evocabile nel momento in cui viene impugnata la pagaia o in una semplice stretta di mano.

Gli infortuni dell’arto superiore sono legati sopratutto per l’utilizzo della pagaia. Difficoltà di destrezza, poca sensibilità e tecnica di base porta ovviamente a compiere dei gesti con un alterato controllo di movimento, nel quale ripetuti nel tempo sfociano nelle problematiche annunciate in precedenza. Il gesto atletico da compiere per colpire la palla è semplice ma richiede sempre la giusta coordinazione e controllo motorio: un minimo di tecnica di base e allenamento servirebbe per ridurre notevelmente evenutali patologie.

Tra i fattori che possono essere correlati vi sono:

  • Età
  • Tempo di gioco totale
  • Livello di abilità

Probabilmente i principianti possono esserne maggiormente colpiti. Questo perché nel principiante il gesto motorio è meno corretto e quindi è più predisposto a questi infortuni. In particolare è stato osservato che:

 

  • L’impugnatura scorretta
  • Il rovescio: scarso controllo dell’estensione del polso con > flessione di polso durante l’impatto con la pallina nei principianti
  • attività del pronatore rotondo (intensità e tempo) nei principianti (e il pronatore rotondo origina proprio dall’epicondilo mediale)
  • il posizionamento nel campo
  • la corretta postura per colpire la palla

 

rappresentano i principali fattori modificabili.

 

La scelta della palla, un allenamento tecnico individuale per l’impostazione, esercizi aerobici e di mobilità del rachide e degli arti superiori soprattutto collo e spalle associato dello stretching sono necessari. Nello specifico esercizi con elastici o pesetti per adattare e migliorare la capacità di carico delle strutture muscolari e tendinee vengono indicate a scopo preventivo.

Esempi classici sono quelli per la cuffia dei rotatori in extrarotazione/intrarotazione di spalla e quelli di flex/ext di polso/gomito associandoli alla prono/supinazione di avambraccio. 

 

A livello degli arti inferiori troviamo frequenti:

  • lesioni muscolari
  • tendinopatie
  • distorsioni alla caviglia.

 

Le lesioni muscolari risultano molto frequenti negli sports, avvengono principalmente nell’attività che richiedono corsa veloce, salti, cambi di direzione.

Vi possono essere due tipologie di modalità di lesione:

High speed running durante la corsa ad alta velocità in cui colpisce il reparto flessorio posteriore

stretching tipe nel quale avvengono in allungamento con carico associato

Nel padel, maggiormente coinvolti saranno  il compartimento posteriore e quello adduttorio, per lo più dovuti ad un alterata risposta al carico e in un gesto di frenata (contrazione eccentrica).

Fattori aggravanti sono:

  • squilibrio muscolare
  • ridotta capacità di carico
  • scarsa elesticità

 

Fattori predisponenti sono :

  • età ,hanno visto come i soggetti maggiori di 35 anni sono più suscettibili a infortuni muscolari
  • BMI

 

Allenamenti specifici legati alla forza e alla capacità aerobica sicuramente potranno giovare. Importante è avere una buona flessibilità muscolare e una capacità contrattile adeguata , quindi saranno indicati esercizi di stretching e di controllo motorio. Per la migliorare la performance sarà fondamentale l’allenamento delle capacità condizionali (forza, resitenza e velocità) con quelle coordinative del gesto sport specifico.

 

Per quanto riguarda le tendinopatie dell’arto inferiore vale lo stesso discorso fatto per quello dell’arto superiore. In questo caso sono legate ai continui cambi di direzione e ripartenze  in una superficie di gioco per lo più rigida.

Il più coinvolto è il tendine di Achille: una ridotta capacità di carico locale e una conseguente richiesta funzionale maggiore provocheranno la suddetta patologia che può sempre andare incontro a degenerazione qualora venisse trascurata.

In questo caso l’utilizzo di una scarpa flessibile e con drop ridotto come quelle del tennis sono le più utilizzate sopratutto nei giocatori non occasionali, mentre è consigliato una scarpa con apporto ammortizzante e stabilizzante per quelli amatoriali. In ambito prevenzione, associato alla scarpa sarebbe utile un graduale incremento della capacità di carico del tendine di achille con  rinforzo del tricipite surale, adeguata flessibilità della catena posteriore (utile lo stretching della tricipite surale e fascia plantare), esercizi di esplosività e balzi per migliorare la performance.

 

Le distorsioni di caviglia sono molto frequenti, sopratutto dovute a movimenti repentini,continui cambi di direzione associati a salti.

Le lesioni traumatiche acute  possono interessare il complesso legamentoso laterale della caviglia (LAS) dovuto ad un eccessiva inversione del retropiede o dalla combinazione di una flessione plantare e adduzione del piede oppure in numero  minore il compartimento mediale della caviglia (MES).

Normalmente le distorsioni di caviglia  sono classificate in lesioni di primo, di secondo e di terzo grado, questo serve unicamente per capire la severità al trauma ma non dà informazioni sui tempi di recupero, ed è fondamentale da tenere presente, ci sono numerosi fattori che entrano in gioco per il ritorno allo sport che vanno al di là della semplice classificazione.

Spesso l’episodio può essere una recidiva, ed è probabile che possa instaurarsi un CAI (Chronic Ankle Instability), una sindrome caratterizzata da :

  • un episodio significante di distorsione alla caviglia
  • sensazioni di instabilità percepita e ricorrenti episodi di distorsioni
  • deficit funzionali autoriferiti
  • il tutto persistente dopo un anno dal primo evento traumatico.

Il CAI probabilmente è dovuto all’interazione di tre macrosistemi : gli impairments patomeccanici , impairments sensoriali-percettivi e gli impairments dovuti al comportamento motorio.

Dalla modifica di questi sistemi è possibile creare tramite un fisioterapista un  programma riabilitativo svolto a recuperare e prevenire future ricadute.

Sono consigliati : gli esercizi legati a migliorare  l’escursione articolare, la propriocezione, l’equilibrio e la forza muscolare.Gli esercizi propriocettivi possono essere bipodalici e  monopodalici,ad occhi aperti o chiusi, con le tavolette o sul terreno, braccia allargate o chiuse, ginocchio flesso o esteso, superfici piane o inclinate, esercizi statici o dinamici, ecc. E’ consigliato lavorare anche con gradi di flessione dorsale sempre maggiori perché in una partita, nei cambi di direzione, nell’atterraggio da un salto, il piede arriva in queste posizioni, ed è questo il momento in cui si potrebbe  far  male.

L’utilizzo di un tutore ha la sua maggiore efficacia nei soggetti che hanno avuto un primo episodio, ma svolge una piccola funzione anche su chi non ha mai avuto distorsione precedenti. La certezza a livello di evidenze scientifiche è che l’utilizzo del tutore aiuta tantissimo nel prevenire successive distorsioni.

E’ importante considerare anche in questo caso il tipo di scarpa e più precisamente la suola in modo tale da addattarsi alla tipologia della superficie di gioco e garantire un migliore grip per evitare di scivolare eccesivamente.

 

 

Possono essere comuni anche i  problemi lombari causati dalle superfici di gioco e da movimenti:continui, rapidi, discontinui e torsionali. La postura in flessione e con baricentro basso per favorire  il contatto  al terreno e ai cambi di movimento , sollecita maggiormente i paravertebrali e i glutei, motivo per cui un corretto controllo motorio del tratto lombare sarebbe utile nel prevenire possibili patologie e algie in quel tratto del rachide.

Vi sono svariati  esercizi  specifici per migliorare la funzionalità della  schiena,spesso  è importante avere una buona elasticità che non una tonicità muscolare. Esercizi come : la  presa di coscienza globale e selettiva del rachide, di mobilità e allungamento dovrebbero essere presi in considerazione nella routine di un praticante di padel

In conclusione, nei recenti studi hanno individuato come  gli infortuni più frequenti nel padel  sono quelli muscolari, negli arti inferiori. Le problematiche legate alla schiena sono più comuni nei maschi mentre nelle donne sono legate all’arto superiore.

Rispetto all’età:

  • giocatori sopra i 35 anni sono soggetti ad lesioni muscolari
  • giocatori sotto i 35 anni per le tendinopatie. 

E’ importante sottolineare come il livello di gioco sia correalato agli infortuni in modo inverversamente proporzionale:livello più alto, meno infortuni. 

Sembra quindi necessario conoscere la quantità e il tipo di infortuni in questo sport, al fine di stabilire i meccanisminecessari per prevenirne la comparsa. E’ importante da un lato, conoscere le caratteristiche e le esigenze del padel, sia tecnicamente che fisicamente,in quanto permetterà di adottare un corretto programma di allenamento mirato all’integrità e benessere della persona. 

Praticare il padel porta numerosi benefici a livello psico/ fisico, è consigliato affidarsi a specialisti per ridurre il rischio di infortuni.

Ricordarsi di :

  • fare riscaldamento prima di un allenamento /partita
  • esercizi di attivazione prima di un allenamento/partita
  • stretching dopo allenamento/partita
  • allenamento globale: aerobico, di forza e equilibrio
  • tecnica e postura: lavorare sull’analisi e correzione nella tecnica del gesto e nella postura.

 

 

 

Articolo a cura di:

Luigi Lanfranchi

  • Fisioterapista
  • OMPT student
PADEL, non solo epicondilite: scopriamo insieme altri distretti interessati.

PADEL, non solo epicondilite: scopriamo insieme altri distretti interessati.

 

Il padel è uno sport che combina sia elementi degli sport da parete che da rete; pur non essendo uno sport di contatto, comporta comunque tutta una serie d’infortuni che possono essere riassunti in:

Accidentali: causate da fattori presenti nel campo oppure dal caso, come prendere una pallata, scontrarsi con la griglia o con il vetro o colpirsi con la pala.

Sovraccarico: quando le nostre articolazioni, muscoli non sono sufficientemente allenati per sopportare lo sforzo richiesto, determinando un eccesso di carico.

Tecnica: una meccanica esecutiva non corretta provoca movimenti che possono causare delle lesioni sia a livello articolare che muscolare.

Preparazione: spesso si arriva al campo e si comincia a giocare, senza alcun tipo di riscaldamento. Partire senza un warm up adeguato può essere causa di lesioni muscolari.

Condizioni climatiche: pioggia, freddo, caldo, umidità, sono tutti fattori che possono causare un infortunio.

Ad oggi non abbiamo moltissimi studi epidemiologici riguardanti le lesioni associate a questo sport, ma i pochi dati in nostro possesso ci dicono che non soltanto il gomito è interessato da problematiche varie, ma anche numerosi altri distretti come la schiena e la caviglia. Il quadrante inferiore e il tronco, secondo alcuni recenti studi, sembrerebbero essere le porzioni di corpo maggiormente soggette a infortuni legati al padel.

 

Ma perché proprio la schiena?

 

Problematiche lombari sono tipiche di uno sport come il padel che prevede tante frenate e ripartenze, in cui bisogna stare molto spesso col baricentro basso e quindi esacerbare sul distretto lombare numerosi stress per mantenere una certa aderenza al terreno ed essere pronti a scatti e balzi verso l’alto.

Inoltre in questo sport, la colonna vertebrale e in particolare la zona lombare si muove continuamente su tutti i piani possibili: flessione, estensione, rotazione e lateroflessione.

Ecco perché uno scarso controllo posturale, una non efficiente muscolatura ed un mediocre controllo motorio possono causare questo tipo di problematiche. Anche praticare sport su superfici molto dure, proprio come succede nel padel, può aumentare il rischio di incorrere in questo tipo di infortunio.

Per quanto riguarda la tecnica, il colpo più frequente che può causare mal di schiena e altri problemi alla schiena è lo smash. La posizione corretta per effettuare questo colpo, sarebbe quella di piegare le ginocchia e sollevare le caviglie per bilanciare il corpo, ma a volte, o non siamo preparati per il colpo e non abbiamo tempo per eseguire una buona tecnica, o vogliamo imprimere una forza esagerata nella racchetta e abusare del movimento del braccio, e la conseguenza è un vero e proprio  “colpo di frusta” nella parte bassa della schiena.

Anche l’asimmetria della muscolatura lombare è un fattore di rischio da non sottovalutare infatti diversi studi hanno dimostrato come i giocatori sani senza infortuni avessero uno sviluppo simmetrico della forza nelle direzioni di entrambe le rotazioni, sinistra e destra.

 

E il piede?

Per quanto riguarda il piede, in particolar modo il tendine d’Achille, è chiaro comprendere quanto questo distretto sia sollecitato durante la pratica del padel; essendo uno sport che richiede bruschi arresti e ripartenza associati a variazioni di direzione, il tendine d’Achille viene costantemente richiamato per eseguire i vari spostamenti all’interno del terreno di gioco. Per questo, se l’atleta non presenta una buona forza muscolo-tendinea, il sovraccarico associato potrebbe determinare vari quadri patologici tra cui una tendinopatia.

Anche la scarpa può incidere su questa condizione clinica, scarpa che deve avere caratteristiche differenti secondo il tipo di gioco espresso dall’atleta: se un giocatore esegue tanti cambi di direzione avrà bisogno di una scarpa piuttosto leggera, con un drop ridotto, cioè l’altezza dal suolo della zona del tallone, e una certa flessibilità; chi invece ne esegue pochi, dovrebbe usare una scarpa più pesante che ammortizza maggiormente gli impatti col terreno.

L’altezza del tallone è un fattore molto importante, infatti se nella vita normale si indossano scarpe con tacco medio-alto e nella pratica del paddle si elimina, il tendine subisce una trazione ‘insolita’ in condizioni di stress, provocandone l’irritazione. Si consiglia quindi un tacco di almeno 2,5 cm per una corretta pratica sportiva in campo.

Acura di :

Claudio Ceccarelli, Pt‐OMPT‐Cert DN­‐FIFA Diploma in Football Medicine

  • Docente a contratto Università di Pisa
  • Membro del gruppo di ricerca scientifico G.E.R.I.C.O (Università di Roma “Tor Vergata”)
  • Fisioterapista specializzato in problematiche di spalla e gomito.
  • FIFA Diploma in Football Medicine

Med. Student, UniCh