Lo sapevi che una distorsione alla caviglia rappresenta uno dei più frequenti traumi muscolo-scheletrici dell’arto inferiore?

L’incidenza dei traumi alla caviglia in media è di 11.5 per 1000 esposizioni negli sportivi, ma potrebbe coinvolgere anche la popolazione non sportiva con un’incidenza di 2/7 episodi ogni 1000 abitanti.

Molte persone  riferiscono di aver subito questo infortunio almeno una volta nella vita e spesso vengono indirizzate al medico di base o al pronto soccorso per valutare l’entità della lesione; altri invece non si recano da un professionista sanitario adeguato in modo tempestivo .

Spesso questi episodi traumatici si perdurano nel tempo  sviluppando nel paziente una instabilità cronica dell’articolazione.

In generale riscontriamo  :

  • Più frequente trauma muscolo scheletrico dell’arto inferiore
  • 30% dei traumi sportivi
  • Possibilità di recidiva e di cronicizzarsi
  • Costi sociali elevati .

I traumi alla caviglia hanno dei costi sanitari e sociali molto elevati, rappresentati dall’ingresso in ospedale, dall’esame diagnostico, dalla visita specialistica ,dai tempi di attesa e anche legati all’assenza dal lavoro o dalle attività sportive.

Clinica e Meccanismo traumatico

Diventa di fondamentale importanza l’inquadramento clinico e diagnostico della patologia in tempi  abbastanza celeri, per poter procedere alla formulazione di un piano riabilitativo in modo adeguato e completo.

Conoscere il meccanismo traumatico ci aiuta a capire quale struttura anatomica viene danneggiata per porre maggiore attenzione, purtroppo però non tutti i pazienti riescono a capire come è avvenuto nel dettaglio l’evento lesivo, inoltre a differenza di un infortunio del LCA in cui sentire il rumore è spesso patognomonico di lesione, in questo caso un rumore, a meno che non si tratti di frattura, non è strettamente legato ad una vera compromissione legamentosa.

Grazie alle video analisi cinematiche  è possibile riconoscere i meccanismi dovuti da anomali posizionamenti del piede associati a movimenti di rotazione, quindi dalla combinazione di 2 o più movimenti su più articolazioni vicine . Possono trattarsi di traumi da contatto e non, come il più delle volte capita.

 Un’ informazione fondamentale è se il paziente si è dovuto fermare subito e se ha avuto un edema precoce o ritardato, perché dà un indice di severità del trauma; questi aspetti si indagano comunque anche se si sanno non essere predittivi per il tempo di ritorno allo sport.

Si devono poi indagare eventuali precedenti traumi perché rappresentano il fattore di rischio più importante per avere recidive successive, inoltre probabilmente chi ne ha avute in passato potrebbe avere degli impairment che hanno determinato la seconda distorsione.

Si deve poi indagare la capacità al carico delle strutture ossee, tramite le  Ottawa Ankle Rule per trovare gli eventuali casi di fratture clinicamente significative; quando la si applica si deve tenere sempre presente che individua solo le fratture franche, non quelle piccole, soprattutto se sono del piede, per cui se dopo alcuni giorni il paziente non migliora comunque è consigliabile una lastra.

Come ultimo passaggio, dopo che si è definito che il paziente è di pertinenza del fisioterapista, si valuta la componente legamentosa.

Così è possibile individuare tre differenti zone di lesione :

  • LAS – distorsione laterale di caviglia
  • Lesione della sindesmosi
  • MAS- distorsione mediale di caviglia.

Come abbiamo già detto in precedenza da questi traumi distorsivi se:

  • permane un senso di instabilità ed episodi ricorrenti
  • vi fossero deficit funzionali auto-riferiti

 e fossero persistenti da  1 anno dal primo episodio traumatico , avremo una forma di instabilità cronica di caviglia (CAI) , che è dovuta dall’interazione di tre macrosistemi  : gli impairments  patomeccanicisensoriali percettivi e quelli dovuti dal comportamento motorio . Tutto questo è influenzato da quelle che sono le componenti personali, che sono i fattori demografici ( le persone più giovani sono le più sensibili ), storia medica (più patologie), componente fisica (BMI diverso), fattori esterni (un giocatore è influenzato dall’allenatore.. ) sono tutte quelle componenti che possono compromettere l‘iter riabilitativo.

Alla clinica  troveremo :

  • Dolore: la componente dolore è poco spiegata e non ha un pattern ben definito. ( potrebbe avere dolore mediale, dolore laterale o addirittura potrebbe anche non avere dolore e solo senso di instabilità ).
  • Deficit di mobilità articolare
  • Diminuzione della forza : sia a livello prossimo che distale
  • Alterato controllo neuromuscolare LOCALI : ritardato tempo di reazione della componente laterale della caviglia e ritardo nella fase pre-atterraggio. GLOBALI : deficit di reclutamento del medio gluteo, bilaterali, in soggetti con LAS ricorrenti
  • Deficit propriocettivi : danni recettoriali o un alterato “joint position sense”
  • Alterazione dell’equilibrio : sia statico che dinamico :
  • Attività funzionali: maggiore inversione durante la fase di “swing” e maggior tempo di appoggio della regione laterale della caviglia durante il cammino ,inferiore flessione (tightly packed position), parametri contrastanti su E/F anca e ginocchio, test funzionali (salto | atterraggio)

 

Trattamento ed Esercizio Terapeutico

In base alla diagnosi e alla clinica e prendendo in carico il paziente globalmente si procederà alla formulazione di un programma terapeutico individuale e specifico. Viene cosi fuori l’importanza nell’essere esaminati e supervisionati da specialisti del settore riabilitativo per arrivare ad un completa guarigione e per una prevenzione funzionale di possibili recidive .

Una terapia basata sull’esercizio terapeutico dovrebbe essere prescritta per il pieno recupero della funzionalità articolare.

Secondo la definizione dell’American Physical Therapy Association,  per  esercizio terapeutico si  intende una “sistematica e pianificata esecuzione di movimenti corporei, posture e attività fisiche intese a fornire al paziente i mezzi per:

  • Rimediare o prevenire danni strutturali
  • Migliorare, ripristinare o favorire una funzione fisica
  • Prevenire o ridurre fattori di rischio correlati alla salute
  • Ottimizzare lo stato di salute generale”.

Le modalità in cui viene utilizzato sono alcune delle seguenti :

  • Tecniche di controllo, inibizione e facilitazione neuromuscolare e allenamento propriocettivo
  • Controllo posturale
  • Esercizi di equilibrio e agilità
  • Procedure di allungamento muscolare
  • Esercizi per la performance neuromuscolare: training di forza, potenza e resistenza
  • Condizionamento e ricondizionamento aerobico
  • Esercizi per la respirazione e training dei muscoli respiratori
  • Task funzionali specifici.

Per i traumi alla caviglia sono consigliati programmi di esercizi terapeutici sul controllo neuromuscolare e sulla propriocezione.  Iniziati sin da subito già in fase acuta sono risultati essere efficaci sia per il recupero sia per ridurre le possibili recidive.

In fase acuta si consiglia di utilizzare il protocollo NICE & EASY

  • N-NSAIDs– in fase acuta i farmaci anti-infiammatori potrebbero influire sul processo di guarigione dei tessuti e sull’omeostasi del legamento, incrementare il sanguinamento, determinare ulcerazioni, ma nonostante ciò è consigliato ugualmente il loro utilizzo per permettere il controllo del dolore.
  • ICE (Ice, Compression, Elevation).
  • EASY (External Ankle Support Year), gli autori consigliano l’utilizzo di tutori per un anno perché probabilmente danno un aiuto nel processo iniziale di ripresa, diminuiscono il rischio di recidiva e non fanno cronicizzare il dolore.

L’esercizio modula il dolore sia in acuto che nel cronico , è importante tenere presente che il dolore durante l’esercizio terapeutico non rappresenta un ostacolo per il raggiungimento di risultati positivi, motivo per cui è consigliato affidarsi agli specialisti nel settore della riabilitazione per cui possono indirizzarvi e seguire nel percorso di guarigione migliore possibile .

I tempi di recupero e di progressione del trattamento riabilitativo devono essere adeguati al trauma subito, il fatto che ci siano ancora il 33% dei pazienti con dolore ad un anno è un indice fortissimo di come il trattamento attuale sia totalmente inadeguato, non bisogna fare troppo, troppo presto o troppo velocemente.

Il significato dell’optimal loading ovvero il giusto carico, è anche quello di iniziare a fare esercizi già durante la prima settimana per stimolare la guarigione corretta del tessuto, devono chiaramente essere esercizi semplici come flesso-estensioni della tibio-tarsica, contrazioni isometriche, triplice flessione dell’arto inferiore, attività in carico leggere; tutto ciò aiuta a migliorare la funzionalità nel breve termine e aumenta la compliance del paziente ma non incide sul dolore e sul gonfiore, il paziente ha meno paura di muoversi. In un’ottica di progressione è utile variare gli esercizi per ingaggiare in maniera diversificata i vari tessuti nella loro guarigione.

Bisogna far  riferimento ad Integrated Control Exercises, il quale  promuove il recupero del controllo sia per le vie motorie che per quelle sensitive del piede e della caviglia, permettendo un miglioramento della connessione tra cellula, tessuto e corpo.

È bene proseguire il protocollo EASY anche nel posto acuto . Il carico ottimale è basato sull’appropriata stimolazione cellulare e tissutale tramite la meccanotrasduzione e la stimolazione di fonti importanti di informazioni sensoriali all’interno della pelle, delle strutture articolari e della muscolatura.

Gli esercizi di controllo integrato dovrebbero avere come target i centri di controllo sia motorio che sensoriale della caviglia e delle strutture circostanti tramite mobilizzazioni articolari, massaggio plantare, stretching, esercizi resistiti progressivi .

Ad esempio, per migliorare la flessione plantare in carico una buona strategia può essere iniziare con l’esercizio base di heel rise, ovvero porsi davanti ad un muro e raggiungere con la flessione di ginocchio e il tallone appoggiato a terra il muro, poi fare lo stesso movimento in supinazione e in pronazione, a ginocchio flesso, a ginocchio esteso, in monopodalica, con sovraccarichi e così via, si deve diversificare l’esercizio terapeutico caricando le strutture in maniera differente; se un paziente non riesce a fare un determinato movimento in un certo modo, si parte facendogli fare una variante del movimento che non gli procuri dolore per condizionare la struttura e dare un carico che stimoli i processi di guarigione, poi pian piano si porta a stimolare anche il movimento doloroso.

È molto importante far capire al paziente che sentire un po’ di dolore mentre si fanno gli esercizi non è un male ma anzi dà uno stimolo in più alla guarigione, ma bisogna stare attenti a quanto tempo è passato dal trauma, se è ancora molto reattivo non va fatto.

L’allenamento dell’equilibrio dovrebbe iniziare in una fase precoce della riabilitazione e avere come focus la connessione tra corpo e persona. La progressione deve prevedere un passaggio da task semplici a task complessi e da situazioni prevedibili a situazioni imprevedibili, progressioni ulteriori possono includere gesti sport-specifici complessi. La letteratura al momento non è concorde sull’utilizzo di tutori mentre si eseguono questi esercizi, ma parrebbe meglio non farli usare se gli esercizi sono supervisionati e tenerli se dovessero essere fatti in autonomia.

La progressione deve prevedere un aumento trasversale e compatibile con lo stato di guarigione del tessuto, caricando sempre un po’ di più, lavorando con esercizi di equilibrio statico e dinamico. Gli esercizi propriocettivi devono iniziare dal semplice e avere una gradualità nel loro aumento, si parte con l’appoggio monopodalico, poi ad occhi chiusi e solo dopo si può passare alle tavolette propriocettive, l’esercizio deve essere adeguato allo stato funzionale del paziente.

Le variabili da cambiare sono tantissime, occhi aperti o chiusi, con le tavolette o sul terreno, braccia allargate o chiuse, ginocchio flesso o esteso, superfici piane o inclinate, esercizi statici o dinamici. E’ possibile introdurre focus attentivi esterni  a secondo del obiettivo ricercato , sia per la capacità di carico, di attenzione  

In una fase un po’ più avanzata il test Y-Balance può essere usato anche come allenamento, oppure si può far tenere al paziente un piede fermo e dare destabilizzazioni con l’altro per avere stimoli sempre più importanti. Si deve lavorare anche con gradi di flessione dorsale sempre maggiori perché in una partita, nei cambi di direzione, nell’atterraggio da un salto, il piede arriva in queste posizioni, ed è questo il momento in cui l’atleta si fa male, lo si deve fare con coscienza e con una progressione corretta, ma se non si lavora con questi angoli e con destabilizzazioni importanti la riabilitazione potrebbe non servire a nulla.

E’ utile inserire gesti sport specifici già nelle prime fasi della riabilitazione per aumentare un ‘aderenza del trattamento al paziente, successivamente in fase avanzata sarà opportuno proporre esercizi con maggiore instabilità che richiedono un buon controllo motorio ad velocità più elevate e con oggetti perturbatori .

Bisogna includere anche il salto sempre secondo la regola della progressione:  da bipodalico a monopodalico , su differenti superfici che possono richiamare la realtà; salti semplici sul posto o multipli e inserendo cambi di direzione .

Per avere un corretto ritorno al livello sportivo pre infortunio, è fondamentale educare non solo il paziente ma anche tutte le persone coinvolte riguardo le tempistiche prognostiche, le aspettative e la corretta progressione, ma soprattutto l’utilizzo di tutori fino ad 1 anno post infortunio.

A cura di :

LUIGI LANFRANCHI , PT, OMPT student

  • Orthopaedic Manipulative Physical Therapist (OMPT) Student