La corsa è, in questo momento, lo sport con il più alto numero praticanti al mondo, che per di più crescono anno dopo anno, seguendo un trend che non sembra volersi fermare.
Viene consigliata per dimagrire, per combattere lo stress, per rinforzare la muscolatura svolgendo un’attività efficace quanto semplice ed economica; e può essere declinata nei modi più svariati: su pista, su strada, sterrato e sterrato con ostacoli.
Spesso capita di farsi delle domande a riguardo, ed ecco qua riassunte le 10 domande più frequenti e le relative risposte.
Quali sono gli infortuni più frequenti nella corsa ?
Ma correre fa male alla schiena ?
Correre fa male alle ginocchia ?
Post corsa ho dolore, perchè?
Ho dolore, posso correre lo stesso?
Quali sono le scarpe migliori per correre?
Dopo un infortunio posso tornare a correre ?
Lo stretching è utile per evitare infortuni?
Qualche consiglio per te
Perchè è così importante l’allenamento di forza ?
Quali sono gli infortuni più frequenti nella corsa?
L’infortunio è caratterizzato da un dolore che provoca un interruzione di attività per almeno
7 giorni
3 sessioni di allenamento
che richiede un consulto di un fisioterapista o medico
Vediamo quali sono i principali infortuni che avvengono in un anno ai corridori (professionisti e amatoriali)
In questo studio di Taunton, 2002 vediamo descritte le principali sedi di infortuni in un anno.
Tabella 1
Frequenza e distribuzione per sesso delle 26 lesioni più comuni
Lesione
Uomini (n /%)
Donne (n /%)
Totale (n)
* Significativa differenza di sesso con p <0,05.
Sindrome del dolore femorale rotulea *
124/38
207/62
331
Sindrome da attrito della bandelletta ileo-tibiale *
63/38
105/62
168
Fasciopatie plantare *
85/54
73/46
158
Lesioni meniscali *
69/69
31/31
100
Sindrome da stress tibiale
43/43
56/57
99
Tendinite rotulea *
55/57
41/43
96
Tendinite d’Achille *
56/58
40/42
96
Lesioni del gluteo medio *
17/24
53/76
70
Frattura da stress: tibia
27/40
40/60
67
Lesioni spinali
24/51
23/49
47
Lesioni ai muscoli posteriori della coscia
25/54
21/46
46
Metatarsalgia
17/50
17/50
34
Sindrome del compartimento anteriore
13/46
15/54
28
Lesioni gastrocnemio *
19/70
8/30
27
Borsite trocanterica maggiore
9/39
14/61
23
Lesioni agli adduttori *
15/68
7/32
22
Osteoartrosi (ginocchio) *
15/71
6/29
21
Lesioni sacroiliache *
2/10
19/90
21
Frattura da stress: femore
6/32
13/68
19
Lesioni da inversione della caviglia
9/53
8/47
17
Lesioni da ileopsoas
6/37
10/63
16
Condromalacia rotulea
4/31
9/69
13
Tendinite peroneale
9/69
4/31
13
Il neuroma di Morton
5/42
7/58
12
Lesioni da abduttore
7/67
4/33
12
Apofisite calcaneare
7/58
5/42
12
Tibiale posteriore lesione
8/73
3/27
11
Come è possibile vedere dalla tabella, il sito di lesione più comune è stato il ginocchio (42,1% degli infortuni totali). Altri siti comuni erano il piede / caviglia (16,9%), parte inferiore della gamba (12,8%), anca / bacino (10,9%),Tendine Achille / polpaccio (6,4%), parte superiore della gamba (5,2%) e parte bassa della schiena (3,4%)
2 . Ma correre fa male alla schiena?
Questa è la fatidica domanda che ultimamente tutti si pongono: “ma correre fa male alla schiena?” “comprime i dischi intervertebrali”, “fa venire ernie” ?
La risposta alle precedenti domande è NO .
Spieghiamo meglio, la corsa non è dannosa alla schiena di per se, ma può andare a peggiorare una situazione preesistente oppure crearne una, se praticata in maniera errata o superficiale.
In uno studio del 2017 “running exercise strenght strengthens the intervertebral disc”, viene affermato che l’esercizio di corsa è associato a una migliore composizione del disco intervertebrale (quindi più idratazione e contenuto di proteoglicani).
Di per se la corsa non fa male alla schiena e non provoca ernie o quant’altro, ma come qualsiasi altro sport o attività fisica deve essere eseguita bene ed associata a rinforzo muscolare.
3 . Ma correre fa male alle ginocchia ?
Questa è un’altra domanda che la maggior parte dei corridori amatoriali si pone.
“correre mi farà venire l’artrosi ?” Anche in questo caso la risposta è Negativa
NO correre non fa male alle ginocchia, o per lo meno non la corsa di per se.
Vari studi dimostrano che non c’è un aumento del rischio di osteoartrosi sintomatica del ginocchio tra i corridori auto-selezionati rispetto ai non corridori, e in coloro in cui non è presente osteoartrosi, la corsa non è dannosa per le ginocchia.
Quindi se questa paura è ciò che vi frena all’iniziare a correre, state tranquilli!
4 . Post corsa ho dolore, perché?
Generalmente, in assenza di traumi diretti o indiretti, il dolore del corridore viene definito come Aspecific Running Injury. Questo termine racchiude tutti quelli che sono gli infortuni da sovraccarico.
L’infortunio da sovraccarico avviene quando il carico
cumulativo applicato ai tessuti è superiore
alla capacità di carico stesso.
I dolore non è un indicatore di danno tissutale, ma un meccanismo difensivo. Il nostro sistema produce dolore come risposta a una situazione di pericolo percepito.
I fattori che possono essere percepiti come pericolosi sono molteplici:
nocicezione/sensibilizzazione
infiammazione/infezione
convinzioni/credenze (significato che viene dato al dolore)
stress/stanchezza
contesto in cui ci si trova.
Il sistema di allarme è molto sensibile: si attiva prima di un danno tessutale e se il carico è percepito come eccessivo, il sistema produce dolore.
Quindi cosa fare? Ridurre il carico o ridurre intensità della corsa.
E se il dolore persiste allora affidarsi a un professionista che possa valutarti e valutare il tuo dolore.
5 . Ho dolore, posso correre lo stesso?
Chi non riesce a stare senza corsa, la domanda è questa.
Ho dolore ma posso correre lo stesso?
La risposta alla domanda è DIPENDE.
Dipende dal tipo di dolore.
Se il dolore è un dolore di grado 1: presente solo durante la corsa e che sparisce completamente a fine corsa, allora Sì, si può correre a meno che il dolore non alteri il passo della corsa.
Anche se il dolore è di grado 2; presente fino al massimo il giorno dopo e che sparisce del tutto in massimo 24 H. Anche in questo caso il dolore non deve essere tale da alterare il passo e cosa fondamentale, non ci deve essere dolore notturno.
Se invece il dolore persiste e continua nei giorni successivi, alterando le attività di vita quotidiana, portando a zoppia e al dover ricorrere a farmaci allora NO, è necessaria una pausa e soprattutto un consulto da uno specialista.
6 . quali sono le scarpe migliori per correre e come si appoggia il piede?
Come è possibile vedere dall’immagine che rappresenta le prove olimpiche dei 10 km nel 2012 in USA
Non esiste uno stile migliore di altri che vada bene per tutti
esistono diverse tipologie di scarpe:
scarpe minimaliste, massimaliste scarpe con drop di diversa altezza, barefoot ecc.
secondo vari studi chi corre in barefoot ha un rischio maggiore di sviluppare tendinopatia e infortuni al tendine d’Achille;
d’altro canto chi corre con scarpe con drop maggiore tende a sviluppare con più facilità: fasciopatie plantari, sindromi da stress tibiali e sindromi femoro rotulee.
Chi invece corre con scarpe minimaliste tende ad avere con più facilità sindromi da stress sul metatarso.
Quindi quali sono le scarpe migliori per correre?
Sono stati fatti numerosissimi studi a riguardo ma la conclusione (ad oggi) è che nessuna scarpa è migliore di un’altra a prescindere.
Altri studi sono stati eseguiti anche per cercare di capire se scarpe antipronazione, plantari potessero ridurre il rischio di infortunio, ma la postura del piede in statica non coincide con la postura del piede in dinamica.
La forma del piede Non è correlata alla sua funzione dinamica (trimble 2002, razeghi 2002, paterson 2015)
La pronazione non è correlata all’infortunio ( rayan 2013, nelsen 2014)
In un anno il circa 30% dei runner subisce infortuni, e questi infortuni sono uguali in coloro che pronano, supinano, usano scarpe minimaliste, massimaliste o plantari
…. quindi
La scarpa è un mezzo non un fine
Quindi scegli la scarpa in base a come ti senti meglio, in base a come stai e in base a eventuali problematiche.
Dopo un infortunio come posso tornare a correre ?
Partendo dal presupposto che ogni infortunio ha i suoi tempi di recupero, se e quando sarai pronto a correre è necessario ripartire con calma e permettere alle strutture di riadattarsi al carico,
quindi come e quando ripartire?
Post infortunio si può tornare a correre solo se:
nessun segno di infiammazione
articolarità ed estensibilità massime
stabilità indolore mono-podalica
camminare senza dolore per 30 minuti
se tutto è presente tutto questo allora è possibile tornare a correre in maniera graduale:
iniziare mescolando camminata a corsa permette di riportare i tuoi tessuti di riadattarsi al carico.
Seduta
Corsa
Cammino
1
1 minuto
4 minuti
X6
2
2minuti
3minuti
X6
3
3minuti
2 minuti
X6
4
4minuti
1 minuto
X6
5
20 minuti di corsa
6
25 minuti di corsa
7
30 minuti di corsa
Comincia ogni seduta di corsa con 5 minuti di cammino, poi fai sei blocchi consecutivi di corsa/cammino come descritto in tabella. Con una seduta a giorni alterni.
È consentito sentire dolore purché rimanga sotto un valore di 4/10 e che sparisca del tutto entro 48H.
8.Ma stretching è utile per evitare infortuni?
No, vari studi sono stati fatti a riguardo e la conclusione è sempre la solita, lo stretching statico non previene infortuni, non aumenta la lunghezza muscolare, bensì solo la tolleranza allo sforzo (konrad 2014)
Qualche consiglio per te
Lavora di forza e resistenza in maniera simultanea, ciò permette il miglioramento della velocità ed una migliore economia della corsa, l’allenamento della forza riduce gli infortuni da sovraccarico del 50%
lavora su coordinazione motoria, mobilità, controllo e stabilità di tutto l’arto inferiore (anca, ginocchio, caviglia, alluce)
lavora di potenza e reattività con esercizi di balzi, pliometrici o salti.
Se hai avuto un infortunio dai il tempo al tuo corpo di riadattarsi ai carichi, non pretendere di fare gli stessi km, solita velocità di prima, ci arriverai piano piano
10 Punti chiave per la gestione del tuo mal di schiena.
Se sei preoccupato di un forte mal di schiena sappi che spesso pensiamo possa essere molto più grave di quello che sembra.
Circa l’80% delle persone vivono un’esperienza simile di dolore nell’arco della vita, e nella maggior parte dei casi questi episodi si risolvono spontaneamente senza dover necessariamente fare ricorso all’assunzione di farmaci.
Lo sapevi che la maggior parte degli attacchi di mal di schiena si risolvono spontaneamente nell’arco di 12 settimane?
Per alcuni pazienti, tuttavia, il dolore diventa cronico compromettendo seriamente la vita lavorativa e domestica.
LE RACCOMANDAZIONI DI PHYSIOTHERAPY PER LA GESTIONE DEL MAL DI SCHIENA
1 – Il riposo a letto viene considerato un trattamento inadeguato per favorire la risoluzione di un quadro doloroso, rallentando la ripresa;
2 – Riprendi quanto prima a svolgere le tue normali attività di vita quotidiana;
3 – Le evidenze sempre più supportano una serie di programmi di esercizi come trattamento di prima scelta per alleviare il mal di schiena.
4 – Un programma di esercizio, progettato da un fisioterapista altamente qualificato, incorpora sia un allenamento cardio vascolare e sia un programma per lo sviluppo della forza.
5 – Non esiste la postura ideale. al lavoro non è importante la postura, ma il tempo che passi in una determinata postura. cerca di cambiarla spesso, muoviti di più.
6 – Insegnare ai pazienti come affrontare la paura di muoversi. Continuare a muoversi è parte integrante del processo di guarigione
7 – L’ernia del disco è responsabile del vostro dolore nel 1 – 3% dei casi… quindi causa molto raramente il mal di schiena.
8- I miglior candidati alla chirurgia sono quei pazienti che presentano un quadro specifico ( si parla infatti di lombalgia specifica) ed identificabile con una patologia specifica, come tumore, infezione od ernia del disco sintomatica (rara). Infatti spesso sono presenti ernie in soggetti senza dolore: l’ernia non giustifica il dolore ma rappresenta spesso un normale processo di invecchiamento della colonna!
9 – La risonanza magnetica aumenta il livello di disabilita’ perché spesso crea preoccupazioni sull’esito del referto. Spesso la risonanza magnetica fa emergere delle “anomalie” che sono presenti anche in soggetti senza dolore.
10 -Insegnare ai pazienti quei processi neurobiologici e neurofisiologici che stanno alla base delle loro esperienze di dolorose per metterli nella condizione di comprendere perché hanno dolore e che molto spesso il dolore non ha niente a che fare con un tessuto lesionato o degenerato.
Il mal di schiena (low back pain) rappresenta una condizione comune che colpisce persone di tutte le età nei paesi sviluppati ed in via di sviluppo, un sintomo molto conosciuto nella maggior parte della popolazione, in grado di colpire ognuno di noi durate la nostra vita.
Questo condizione produce un notevole impatto negativo sulla qualità della vita, in termini di dolore, ridotta funzionalità fisica, alterazione della sfera sociale e psicologica, nonché una ridotta capacità lavorativa.
Spesso conduce ad un aumento dei giorni di assenza dal lavoro ed al prepensionamento con conseguente aumento dei costi di assistenza sanitaria.
Una grande quantità di ricerche sono state condotte per studiare l’efficacia terapeutica nella riduzione del mal di schiena . Nel migliore dei casi, le strategie terapeutiche producono modesti effetti sui sintomi, sulla qualità della vita e/o sulla funzionalità.
Ad esempio, l’attività fisica e gli esercizi sono in grado di ridurre il dolore e migliorare la funzionalità fisica, ma i loro effetti sono per lo più da piccoli a moderati.
Alcuni interventi, come il supporto lombare, il riposo, la chirurgia e la stimolazione elettrica nervosa transcutanea, si sono dimostrati inefficaci se non addirittura dannosi. Ciononostante, di fronte a queste prove di efficacia terapeutica ed alle linee guida cliniche, numerose tecniche inefficaci e/o potenzialmente dannose vengono comunemente forniti nel tentativo di gestire la lombalgia, in particolare quella persistente.
Nonostante una notevole quantità di ricerca è stata condotta sul argomento, poche sono le strategie di riduzione della lombalgia considerate di successo.
Questo articolo mira a determinare, in una popolazione che soffre di mal di schiena, quali siano i fattori, secondo i pazienti, in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa.
Quali sono le credenze degli individui che soffrono di lombalgia?
Cosa, secondo la loro opinione, è in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa?
In Australia è stato condotto un sondaggio online su 130 adulti i quali si sono auto identificati come pazienti con mal di schiena. I dati delle risposte a questo sondaggio sono stati analizzati utilizzando l’analisi del contenuto per determinare qual’era secondo loro un approccio ritenuto efficace per ridurre il mal di schiena.
PANORAMICA DEI RISULTATI
I partecipanti hanno frequentemente affermato che il loro mal di schiena potesse essere ridotto, come trattamenti passivi, dall’ applicazione di caldo/freddo (66%), da farmaci (64,1%) e dal riposo (60%). Per quanto riguarda i trattamenti attivi l’esercizio fisico e/o l’attività fisica viene considerato come il principale trattamento in grado di ridurre la sintomatologia dolorosa.
I principali risultati mostrano i tre principali trattamenti che possano, secondo le opinioni, dare un beneficio in termini di diminuzione del dolore in caso di lombalgia: le applicazioni di caldo/freddo, i farmaci ed il riposo. Questi fattori sono considerati molto spesso rispetto ad altri fattori quali l’esercizio e/o l’attività fisica, menzionati, invece, come quarto fattore in grado di alleviare una lombalgia.
Queste considerazioni da parte della popolazione sono contrari alla corrente raccomandazioni per la gestione di una lombalgia. I tre fattori più comunemente menzionati per la gestione di una lombalgia non sono supportate dalle attuali evidenze scientifiche
Le possibili spiegazioni di questi contrasti (opinine pubblica e letteratura) si possono tradurre nell’errate credenze su ciò che influenza il loro dolore. Nella gestione del mal di schiena acuto e cronico, è importante informare il paziente circa la vera natura del suo dolore, ovvero fare vera e propria educazione del paziente.
Negli ultimi 10 anni le ricerche nel campo delle neuroscienze hanno portato novità importanti nella comprensione del ruolo del cervello nel dolore, specialmente quello cronico. Sono sempre più numerosi gli studi che evidenziano come il dolore cronico sia associato ad una riorganizzazione della corteccia sensoriale.
Come citato in un precedente mio articolo, un approccio relativamente nuovo e promettente nella gestione di mal di schiena cronico consiste nell’insegnare al paziente la neurobiologia e la neurofisiologia del dolore, ovvero la PNE (l’educazione alla neurofisiologia del dolore) con l’obiettivo di insegnare di più ai pazienti circa i processi neurobiologici e neurofisiologici che stanno alla base delle loro esperienze di dolorose.
DOLORE ALLE GAMBE? NON RIESCI PIU’ A CAMMINARE? Ti hanno diagnosticato una STENOSI LOMBARE?
La stenosi lombare è una sindrome clinica che comporta il restringimento del diametro di qualsiasi parte del canale che racchiude il midollo spinale ed è associata ad una sostanziale disabilità funzionale. Si divide in:
Stenosi Centrale: diminuzione del lume del canale vertebrale, all’interno del sacco durale;
Stenosi laterale: diminuzione del lume del canale radicolare e/o del forame di coniugazione.
La stenosi lombare può essere di due tipi, congenita ed acquisita.
Acquisita è la forma più comune e si manifesta assieme a degenerazioni del disco vertebrale (ernia del disco) e della faccetta articolare, ipertrofia delle lamine in aggiunta all’ipertrofia legamentosa (legamento longitudinale posteriore in primis)
La stenosi può verificarsi centralmente o lateralmente, a livello del forame intervertebrale, e rappresenta una condizione patologica comune a livello della regione lombare.
DIAGNOSI DI STENOSI LOMBARE
La diagnosi è prettamente clinica correlata con indagini strumentali quali Risonanza Magnetica e TAC.
ATTENZIONE: La diagnosi non può essere fatta esclusivamente attraverso la valutazione del diametro sagittale del canale vertebrale, né tantomeno con la sola interpretazione delle anomalie strutturali visibili in RMN.
STENOSI LOMBARE: COSA C’è DA SAPERE?
Colpisce maggiormente il sesso maschile con un rapporto di 9:1.
Essendo correlata con l’aumento dell’età è una condizione clinica sempre più riscontrata nella pratica clinica;
E’ una condizione che comporta dolore, disabilità, rischio di cadute e depressione.
Il decorso è in genere progressivo e lento
STENOSI LOMBARE? IL FISIOTERAPISTA PUO’ ESSERTI D’AIUTO
Se è diverso tempo che il dolore alle gambe ti impedisce di fare anche solo una semplice passeggiata al parco forse è il caso di farsi valutare bene da uno specialista dei disturbi della colonna vertebrale.
Un ESAME clinico è fondamentale per gettare le prime base nella diagnosi di stenosi del canale.
In che cosa consiste la valutazione della colonna vertebrale?
Consiste in primis nella raccolta di tutte quelle informazioni che possono essere utili al clinico per inquadrare al meglio il tuo problema, ovvero identificare segni e sintomi che possono essere indicativi di stenosi del canale vertebrale
Un alterazione del cammino, atassica, a base allargata e povera di coordinazione.
Debolezza, formicolio e parestesie agli arti inferiori;
Presenza dei sintomi bilateralmente.
Un maggior dolore agli arti inferiori piuttosto che alla schiena.
Alterazione dei riflessi;
Peggioramento della sintomatologia in posizione eretta e durante il cammino;
Diminuzione del dolore in posizione seduta.
Incontinenza urinaria
UNA FISIOTERAPIA SPECIFICA PER LA STENOSI LOMBARE
La terapia manuale associata all’esercizio terapeutico offre un potenziale beneficio nei pazienti con stenosi lombare, in termini di riduzione del dolore e aumento della funzionalità.
Una recente revisione sistematica del 2009 ha evidenziato come la terapia manuale in combinazione con l’esercizio terapeutico e l’attività aerobica rappresenti una valida opzione terapeutica nei confronti delle persone che presentano una stenosi lombare.
Gli impairment tipici che accompagnano una stenosi lombare includono una riduzione di mobilità della regione toracica, della regione lombare e delle anche e un imbalance muscolare del core e delle anche. Di conseguenza la valutazione ed il successivo trattamento dovranno prendere in considerazioni anche queste zone.
Terapia manuale lombare: le tecniche utilizzate in questi studi, ed utilizzate da physiotherapy, sono manipolazioni con e senza thrust, mobilizzazioni vertebrali, manipolazioni in rotazione lombare, tecniche di manipolazione syde – lyng e tecniche di neuro dinamica (slider)
La terapia manuale non viene effettuata solamente a livello della regione lombare ma anche a livello della regione toracica e delle anche. Il concetto è quello di trattare tutti gli elementi del “sistema muscolo-scheletrico” coinvolto in una deambulazione verticale.
Terapia manuale toracica: una maggiore flessibilità in questa regione dovrebbe ridurre lo stress in estensione della regione lombare durante la stazione eretta ed il cammino.
Terapia manuale all’anca: la capacità di muovere l’anca, specialmente in estensione, senza una concomitante estensione lombare è essenziale nelle persone soggette a stenosi lombare.
Oltre alla terapia manuale per il recupero della mobilità, il paziente verrà istruito nell’eseguire specifiche manovre di stretching dei flessori dell’anca ( con inclinazione pelvica posteriore). Altri muscoli intorno all’anca, come i muscoli posteriori della coscia, il retto femorale, il piriforme e tensore della fascia lata possono accorciarsi e il paziente può rispondere positivamente al trattamento manuale e allo stretching di questi muscoli.
La terapia manuale associata all’esercizio terapeutico ha un potenziale beneficio nei pazienti con stenosi lombare, in termini di riduzione del dolore e aumento della funzionalità.
L’esercizio generale è una parte molto importante del piano di assistenza per questi pazienti. Una linea guida della North American Spine Society ha concluso che il trattamento fisioterapico basato sulla terapia manuale e sull’esercizio terapeutico, in quanto medicina basata sull’evidenza, possa produrre utili benefici per quei pazienti che presentano stenosi lombare e claudicatio neurogena
Gli esercizi individuali specifici comprendono:·
Deambulazione assistita sul tapis roulant (se la palestra è attrezzata);
Camminare su di un tapis roulant inclinato;
Camminare in Piscina ( in scarico);
Bicicletta;
Esercizi di mobilità in flessione e rotazione lombare;
Esercizi di mobilità delle anche.
Esercizi di rinforzo dei muscoli postero laterali dell’anca (glueti);
Esercizi di rinforzo della CORE, al fine di migliorare il controllo motorio della regione lombo pelvica;
Esercizi di auto-mobilitazione o stretching in estensione del torace.
L’attività fisica ha il beneficio di migliorarel’idoneità cardiovascolare (potenzialmentemigliorare l ‘ossigenazione dei piccoli vasi a livello della stenosi), così come contribuire al trattamento di qualsiasi concomitante malattia arteriosa periferica, permettendo al paziente di ottenere un miglioramento immediato in termini di mobilità e di forza, diminuendo la paura di muoversi andando ad agire su tutti quei meccanismi che stanno alla base della modulazione del dolore.
L’educazione del paziente comprende la definizione di Stenosi Lombare, la spiegazione degli obiettivi della terapia manuale, degli esercizi terapeutici e delle strategie di auto-trattamento, l’educazione alla scienza del dolore e la prognosi della patologia.
Le prove crescenti supportano infatti l’uso della terapia manuale combinata con l’esercizio terapeutico e l’allenamento aerobico. Un approccio del genere, ovvero educazione del paziente, terapia manuale, esercizi di mobilità e di rafforzamento e allenamento aerobico è raccomandato come standard di cura conservativa.
Se la pratica clinica non segue le linee guida basate sull’evidenze, non offriamo il meglio ai nostri atleti.
Il famoso Crunch, forse l’esercizio più noto per gli addominali, fa male? È pericoloso?
Ecco la verità supportata dalla scienza per spazzare via tutte le leggende metropolitane che ci sono a riguardo.
Ormai l’estate è giunta e tutti, anche in inverno a dire il vero, ambiscono ad avere una pancia piatta fino anche alla tanto ambita “tartaruga”. Si passano molte ore in palestra proprio per far venire fuori e mostrare con orgoglio i 6-packs!
In generale si è convinti che il Crunch sia valido per gli addominali ma pericolosoper la schiena. Ci sono un gran numero di trainer che arrivano addirittura a bandirlo dalle loro schede di allenamento portando a comprova fantomatiche ricerche scientifiche.
In realtà ci sono molti studi che indicano come, ad esempio, se si desideri un determinato incremento della massa muscolare, il Crunch come altre sue varianti, è invece un esercizio raccomandato.
A cosa serve il Crunch?
Se invece il fine ultimo dell’allenamento è di mantenere la flessibilità e tonicità, lo stesso Crunch può andar bene ma deve essere modificato sia come viene eseguito che diminuendo i pesi (lo sforzo).
È un esercizio come un altro, questo è il punto di partenza, e come tale offre alcuni benefici ma anche rischi se viene effettuato nel modo scorretto.
Farne un numero eccessivo, quindi sforzando troppo la zona addominale e di conseguenza obbligare il resto dei muscoli a una compensazione potrebbe essere rischioso.
Ma questo può accadere per qualsiasi esercizio: il problema non è il Crunch ma la disinformazione e la scarsa applicazione.
Partendo da queste considerazioni possiamo però dire, visti gli studi ormai conclamati, che forse il Crunch su palla potrebbe essere meno “rischioso” rispetto a quello classico a terra. Questo perché il primo, su palla, permette una più ampia varietà di movimenti, compresa la flessione spinale.
Che rapporto c’è tra Crunch, postura e funzionalità?
Secondo molti allenatori si tratta di un esercizio dannoso che ha anche il difetto di peggiorare sia la postura che la funzionalità, diventando quindi inutile se non addirittura dannoso per gli atleti.
Diciamo che credere che il Crunch modifichi la tua postura rendendola più flessa, che ti faccia quasi “chiudere su te stesso”, è un’idea folle!
A questo va aggiunto che alcuni trainer evitano proprio gli esercizi in cui c’è una “flessione spinale” per lavorare meglio gli addominali, isolandoli ritenendo che questo approccio sia più funzionale per la pratica sportiva.
Vengono chiamati esercizi di stabilità,ma in realtà si tratta solo di semplici esercizi isometrici. Gli esercizi di stabilizzazione a nostro avviso da soli non sarebbero in grado di togliere completamente il dolore, e di questo ne abbiamo discusso proprio in quest’altro articolo!
Dal calcio alla boxe, dal karate al golf… crunch tutti i giorni!
Dal combattimento in gabbia (MMA) al tennis è innegabile il ruolo fondamentale che riveste il movimento del tronco e la sua forza per effettuare determinati movimenti.
Non è di certo possibile immaginare Cristiano Ronaldo che stacca di testa e colpisce il pallone senza però muovere il busto! Sarebbe ridicolo ma soprattutto non riuscirebbe a imprimere al pallone alcuna forza.
Per capire la grande importanza che la schiena ricopre nello sport basta fare un esperimento banale che però darà un’idea chiara:
Prendi una palla medica di circa 3 kilogrammi e fai quello che è un tiro simile a un “fallo laterale”. In pratica lancia la palla con due mani facendola passare sopra la testa e usando anche la schiena per avere più forza.
Ora ripeti lo stesso esercizio questa volta, però, tenendo bloccata la schiena.
Immagino che tu abbia già compreso quale dei due tiri andrà più lontano!
Se si vuole massimizzare le proprie prestazioni sportive, o anche solo restare in forma, ha più senso allenare proprio quei muscoli responsabili della flessione vertebrale per massimizzare forza e resistenza.
Conclusioni
Possiamo dire che il Crunch non è un esercizio pericoloso, anzi. Aiuta a fortificare la muscolatura addominale dando aiuto e supporto anche alla schiena.
Il problema è sempre la qualità degli esercizi, non solo come vengono svolti ma anche il loro grado di intensità in base alle proprie condizioni. Il rischio di strappi, contratture o anche ernie è concreto se non si esegue un regime di allenamento strutturato e tarato sul se stessi. Abbiamo visto infatti in un altro articolo come spesso usiamo male la nostra potente e ben strutturata schiena.
Soprattutto se si soffre, ad esempio, di lombalgia, dolore cronico alla schiena o altre condizioni della colonna vertebrale, è opportuno allenarsi con moderazione e sotto l’occhio attento di un allenatore capace o, ancora meglio, di un fisioterapista.
Lo so che è brutto dirlo ma prima o poi qualcosa nella tua schiena cambierà: che sia per un infortunio, l’età o altro poco importa, e non potrai fare nulla per tornare indietro.
Un infortunio alla zona lombare è qualcosa che capita a ogni persona, sedentari in primis, il dolore è lancinante e i fastidi ad esso associati intensi.
Se già sei tra i fortunati che lo hanno sperimentato allora sai di cosa stiamo parlando, quella che affronti o affronterai è una dannata bestia ma che, con i giusti strumenti, può essere domata!
Sono stati fatti molti studi per capire come affrontare il problema della lombalgia e del dolore cronico che hanno portato a rendersi conto che:
La maggior parte di chi si infortuna alla schiena viene sottoposto a tecniche diagnostiche ed osteopatiche spesso obsolete.
Gli sportivi, specialmente gli agonisti, avevano il bisogno di continuare ad allenarsi anche mentre curavano il problema fisico.
In troppi si focalizzano quasi esclusivamente sulla diagnostica per immagini (es. Risonanza magnetica, Raggi-X) senza tenere conto, invece, dei sintomi e delle loro personali sensazioni.
Molti dei pazienti si informano con il Dott. Google, una sorta di medico virtuale, per poiconfrontarsi meglio con i medici e comprendere quanto veniva loro spiegato. Purtroppo si sono dimostrati più confusi che consapevoli a causa del grande numero di opinioni contrastanti a riguardo.
I più cercavano di tornare al vecchio regime di allenamento, una volta superato il problema fisico, trovando però una serie di controindicazioni da parte degli specialisti su ciò che non dovevano fare piuttosto che su ciò che potevano fare!
In questo articolo andremo a valutare i punti appena visti tentando di “risolverli” o almeno dare consigli utili per chi ha problemi di lombalgia.
Mal di schiena e allenamento
Ancora conosciamo molto poco del corpo umano, ad esempio i meccanismi profondi del dolore sono del tutto sconosciuti, ciò che è d’aiuto è proprio la consapevolezza che c’è ancora molto da imparare: la mente aperta permette di capire e affrontare problemi ignoti o complessi.
Il mal di schiena, per un atleta, non è solo debilitante e doloroso, ma un vero blocco della loro stessa natura e spesso anche mestiere che va quindi affrontato sia sul piano medico ma anche personale e psicologico.
È quindi essenziale non lavorare solo sulla cura ma anche, e forse soprattutto, sulla prevenzione agli infortuni e poi in caso sulla riabilitazione.
Quasi certamente avrai mal di schiena nella tua vita: l’attacco del gatto!
Le stime non sono di certo incoraggianti, ad esempio circa l’80% degli americani soffre di dolori lombari e circa il 25% è cronico. Va detto che per fortuna nel nostro Paese la situazione non è così drammatica, anche se è comunque allarmante.
Ciò deriva dallo stile di vita statunitense che predilige una vita sedentaria e in cui il tasso di obesità arriva a picchi per ora lontani dai nostri. Purtroppo la tendenza a fare sempre meno attività fisica, e una alimentazione ricca di grassi e zuccheri, ci sta conducendo ai loro stessi standard.
C’è un detto molto interessante di un professore dell’Università del Connecticut: “ Se vivi la tua vita in modo sano, probabilmente ti ritroverai nello studio di un ortopedico; se la vivi nel modo sbagliato finirai dal cardiologo!”.
Vediamola sotto un altro punto di vista: in quanti conoscono una persona che si è fatta male alla schiena semplicemente allacciandosi una scarpa o facendo altre azioni tanto banali?
Conosco un atleta che è riuscito a fare un esercizio di squat con più di 350 kilogrammi in una gara e si è infortunato raccogliendo da terra il suo gatto!
Il problema non è il gatto (sì, lo so è ovvio) ma neanche il movimento che ha fatto. Si è infortunato perché la maggior parte dei problemi alla schiena derivano da anni di traumi che si accumulano fino ad arrivare alla “rottura”.
Ciò che deve far riflettere è il fatto che circa il 5% dei bambini ha traumi già prima di iniziare l’attività sportiva, quindi forse non è sempre lo sport la causa di infortuni alla colonna vertebrale.
La diagnosi non è mai definitiva, purtroppo
Questa è una cosa che si deve comprendere per poter affrontare in modo sano ed equilibrato una lombalgia o un dolore cervicale o qualsiasi altro problema alla schiena.
Ci sono casi di persone che hanno sofferto per anni senza mai ricevere una diagnosi certa e univoca generando stress e ansia per il fatto che, oltre al dolore, aumenta la preoccupazione che possa trattarsi di qualcosa di grave.
Sappiamo, per esempio, come l’ernia sia responsabile del dolore in una piccola percentuale dei casi e come spesso rappresenta spesso un normale processo di invecchiamento della colonna!
Nella maggior parte delle situazioni si tratta di semplici traumi o infiammazioni, come in questo articolo: Quando preoccuparsi del dolore al collo… e quando no! in cui spiego i campanelli d’allarme e i casi in cui potrebbe essere una patologia grave.
Le diagnosi così poco precise non sono affatto rare, anzi potremmo dire che sono la consuetudine.
Anche se non hai sintomi potresti essere un “casino strutturale”
Per quanto “casino strutturale” sia un modo di dire molto poco scientifico credo renda l’idea sul fatto che, anche persone che non provano ad esempio dolore, potrebbero avere una conformazione strutturale non perfetta.
Per esempio uno studio effettuato su atleti professionisti spagnoli ha mostrato come la spondilolisi fosse presente in un gran numero di loro, pur non avendo reali sintomi. Solo la metà ha detto di soffrire di lombalgia!
Il dolore quasi certamente non è dovuto da cause gravi!
Questa forse è una buona notizia! Quando si soffre di lombalgia si tende a “drammatizzare” l’evento e pensare che sia sempre qualcosa di grave alla schiena.
L’idea che si tratti, ad esempio, di un tumore, affligge e ha il tremendo effetto di moltiplicare il dolore attraverso:
Ansia;
Paura;
Stress.
Tutti fattori che non fanno altro che modulare e far percepire ancora di più il dolore. Si finisce in un circolo vizioso che va rotto prima che degeneri in comportamenti psicologici al limite del patologico.
Per farlo i fisioterapisti più esperti e moderni hanno compreso l’importanza della cultura del paziente: spiegargli quindi in modo chiaro la sua condizione, rassicurarlo sul fatto che provi dolore.