Lombalgia acuta, oltre la terapia farmacologica

Per capire e diagnosticare una lombalgia acuta serve un metodo che prenda in considerazione moltissimi fattori con uno screening per eventuali patologie gravi, spiegazioni chiare e dirette al paziente della sua condizione proprio per diminuire paure e ansie.

La lombalgia acuta (Low Back Pain o LBP) è considerata una tra le patologie più diffuse maggiormente invalidanti. Comporta costi a carico: Proprio durante l’adolescenza si ha un incremento esponenziale di tale disturbo tanto che si valuta, all’età di circa 17 anni, che la percentuale sia simile a quella negli adulti! Di conseguenza si ha un aumento delle disabilità che spingono molti più ragazzi di quanto si creda a condizioni di vita faticose e spesso asociali per colpa del dolore.

Si è visto come la LBP si manifesti, in generale, dopo i 10 anni diventando poi una vera e propria piaga sociale. In Australia, per esempio, si stima che il 25% della popolazione ne soffra e che il 10-40% di questi abbiamo fastidi tanto forti da diventare una patologia realmente invalidante.

La lombalgia è anche una cosiddetta comorbidità, perché si manifesta con altri disturbi muscolo scheletrici, emicrania, mal di testa, irritabilità, stress, ansia, sindrome dell’intestino irritabile e altri ancora. Negli ultimi anni 15 anni metodi di gestione e cura della lombalgia cronica si sono focalizzati sull’aumento:

  • delle terapie fisiche,
  • delle iniezioni spinali,
  • degli interventi chirurgici,
  • della diagnosi per immagini,
  • dell’uso di farmaci.

Tutto ciò ha comportato un aumento esorbitante della spesa pubblica in ambito sanitario.

I punti chiavi per affrontare la lombalgia acuta

La LBP è, come detto, una condizione molto diffusa e assai difficile da affrontare, seguire un semplice decalogo può aiutare medico e paziente:

  1. I fastidi della lombalgia possono essere mitigati se la gestione della patologia va di pari passo con le diagnosi e le prove riscontrate durante le visite. Ad esempio l’utilizzo di Raggi X e Risonanza Magnetica da spesso falsi-positivi.
  2. L’approccio alla lombalgia acuta dovrebbe essere sistemico e prendere in considerazione non solo il dolore di per sé, ma anche una serie di fastidi e cambiamenti psicologici e umorali che colpiscono la persona affetta. Serve un approccio “olistico” e non miope basato solo sul dolore.
  3. Come detto gli strumenti diagnostici per immagini vanno usati con attenzione e solo quando si è certi che possano dare informazioni sicure e valide per una più precisa diagnosi.
  4. Medici, fisioterapisti ed esperti in generale hanno a loro disposizione un gran numero di strumenti basati su fatti, prove e sintomi precisi per gestire i malati di mal di schiena cronico.

Seguire queste linee guida, apparentemente banali, è un primo passo fondamentale, secondo moltissimi esperti, per approcciare in modo mirato e sistemico la lombalgia cronica.

Perché si commettono errori nella diagnosi della LBP?

È idea comune che la maggior parte dei fallimenti per curare la lombalgia acuta siano dovuti a un metodo diagnostico errato nonché alla mancanza di coerenza tra le prove ottenute e le stesse terapie. In pratica l’approccio corrente di tipo biomedico per la gestione e cura della lombalgia cronica sembrerebbe essere “obsoleto” e non del tutto efficacie.

Esso non prende in considerazione anche quella che viene definita “prospettiva biopsicosociale”. A ciò va aggiunta anche la mancanza di un approccio che metta il paziente al centro del problema e non la patologia stessa.

 

 

In effetti le migliori metodologie si basano su:

  • Una diagnosi iniziale costruita attraverso un processo di triage.
  • Sull’interpretazione della lombalgia cronica da un punto di vista più ampio, di tipo biopsicosociale.
  • Su una valutazione e soprattutto gestione personale, ad hoc, che quindi spinga il paziente a non subire passivamente l’attività di recupero e cura ma lo renda attivamente partecipe.

Si tratta di un processo semplice che, come detto, mette la persona al centro della cura in modo scientifico e mirato.

Un buon metodo di diagnosi e valutazione

Eseguire un valido triage (processo di smistamento) è una parte essenziale per una corretta valutazione della lombalgia cronica. In effetti nella maggior parte dei casi non siamo di fronte a nulla di grave se non una distorsione o anche un semplice carico eccessivo dovuto a fattori come stress, stile di vita, incidente non grave. In pratica nella visita iniziale si dovrebbero escludere le possibilità (minime) che si sia di fronte a qualche patologia grave. La percentuale di persone in cui la lombalgia cronica è il campanello d’allarme per qualcosa di preoccupante è minima, nell’ordine dell’1-2%. Si potrebbe trattare di:

  • Un tumore spinale.
  • Un disturbo sistemico infiammatorio.
  • Una infezione.
  • Una frattura alla colonna vertebrale.

Comporterebbero alcune condizioni e sintomi ben distinti come un dolore costante non di tipo meccanico (causato quindi da movimenti o posture particolari), dolore notturno, rigidità al mattino o altri sintomi che indichino un peggioramento del generale stato di salute del soggetto.

Recenti studi mostrano come le persone più a rischio di fratture sono quelle che hanno nella loro storia clinica la presenza di abrasioni, traumi o contusioni e donne di età superiore ai 74 anni (spesso affette da patologie come l’osteoporosi). Allo stesso tempo si deve prendere in considerazione che molte altre patologie sistemiche, pelviche o anche addominali possano causare fastidi e dolore alla colonna vertebrale facendo credere, inizialmente, che si tratti di una lombalgia cronica.

In un esiguo numero di casi (si stima tra il 5% e il 10%) di persone con LBP il dolore potrebbe essere associato a componenti “radicolari” in presenza o meno di una qualche forma di deficit neurologico. Potrebbe essere associato alla sindrome della cauda equina, ad una compressione del midollo spinale, un prolasso del disco o stenosi del canale vertebrale. La presenza di queste possibili patologie, deficit neurologici o segni che indichino la sindrome della cauda equina richiedono assolutamente altre analisi per valutare se son in atto patologie.

Il ruolo della diagnostica per immagini

In un recente articolo (I Raggi X e la Risonanza sono utili per il tuo mal di schiena?)  abbiamo analizzato se e quanto siano utili tali strumenti per diagnosticare una eventuale lombalgia.

Sappiamo che in caso non siano presenti le cosiddette Red Flag, ossia segnali e sintomi che indicano la presenza in atto di condizioni gravi come lesioni, deficit neurologici, traumi o altre gravi patologie, l’uso di Raggi X o RM potrebbe essere anche dannoso.

 

 

 

Spesso capita che, in persone che non hanno alcun tipo di dolore, vengano diagnosticate varie patologie con la risonanza magnetica dando dei falsi-positivi:

  • Degenerazione del disco (91%).
  • Rigonfiamento del disco (56%).
  • Protrusione discale (32%)

Come visto dall’articolo sull’utilità di questi strumenti diagnostici una errata valutazione non soltanto comporta dei costi elevati, ma anche il concreto pericolo di mettere in atto una terapia che spesso risulta addirittura deleteria per il paziente.

Non è solo una questione di “schiena”

Sono anni che si studia il mal di schiena in modo “sistemico” non focalizzandosi quindi in modo ottuso solo su quella zona del corpo che duole ma tentando di andare più a fondo e capirne la vera genesi. Ci sono ormai decine di studi che evidenziano come ci siano molti fattori di rischio per la lombalgia:

  • Stress
  • Ansia
  • Stile di vita.
  • incidenti

Tutti quanti svolgono un ruolo chiave sensibilizzando la struttura spinale e in modo particolare il sistema nervoso centrale portandolo a una forte infiammazione concausa importante della LBP. Va anche notato come anche le cosiddette “credenze popolari” sul mal di schiena siano in qualche modo correlate con la stessa intensità del dolore.

Ciò è dovuto al fatto che la paura del dolore potrebbe aumentarlo se non anche esserne una causa diretta. Il fattore psicologico è fondamentale così come saper gestire stress, ansia e soprattutto la paura associata a una lombalgia. In generale non c’è da preoccuparsi, i casi in cui il mal di schiena sia un sintomo di una patologia grave sono molto pochi (seppur presenti).

Si deve rompere il circolo vizioso nel quale molto malati cadono proprio per le convinzioni, spesso errate, sul mal di schiena. Come ad esempio che il dolore possa solo peggiorare, o che muoversi lo acuisce e in modo particolare che vadano evitati quei movimenti che lo provocano.

Anche l’idea che maggiore sia il dolore peggiore il danno, e quindi il rischio di una eventuale malattia o condizione grave è il più delle volte sbagliato. In questo articolo spieghiamo quando è giusto preoccuparsi per il mal di schiena.

Il vero paradosso è che tutte queste “credenze popolari” in realtà non sono dette dalla gente comune, ma dagli stessi operatori sanitari e medici che non conoscono il “mal di schiena” ma lo valutano usando strumenti e metodologie obsolete.

Si evidenzia quindi l’importanza della comunicazione, non solo nei contenuti ma anche nei modi, degli operatori sanitari che dovrebbero avere loro stessi un approccio psicologico più attento e mirato per non spaventare il paziente o dargli informazioni inesatte.

Ad esempio è stato studiato che una serie di “comportamenti difensivi” o anche un po’ “drammatici” per un mal di schiena come:

  • Smorfie
  • Zoppie
  • Irrigidimento dei muscoli.
  • Assumere determinate posture.

siano spesso dovuti a un riflesso psicologico per la convinzione che si sia di fronte a un problema grave anche in assenza di una vera lesione!

La paura e l’angoscia spingono il paziente ad aspettarsi sempre il peggio, fino anche a finire sulla sedia a rotelle o addirittura predicendo una possibile morte e questo condiziona il corpo spingendolo a comportamenti esagerati rispetto all’entità del vero problema.

In più sono comportamenti e pensieri che potrebbero comportare un carico non normale sulla colonna vertebrale già di per sé sensibilizzata con un aumento del dolore.

Chi continua ad avere uno stile di vita attivo e ha quindi un approccio positivo alla patologia tende a subire meno sia gli effetti del dolore, che le eventuali conseguenze future. In pratica un buon approccio da parte di operatori sanitari e malati è un elemento che ha un ruolo fondamentale per la cura della lombalgia cronica e del dolore ad essa associato.

Ci sono prove altrettanto valide sul fatto che gli “esperti” non siano in grado di identificare anche i fattori di rischio di tipo psicologico come: Condizioni associate quindi alla LBP evidenziando la necessità di sottoporre i pazienti non solo a valutazione medico-fisiche ma anche di tipo psicologico.

Non solo cura ma anche “gestione” della lombalgia cronica specifica

Per quanto riguarda i pazienti con lombalgia cronica causata da ernia del disco (con o senza deficit neurologico) la diagnosi è spesso buona. Si tratta di circa il 5% dei pazienti affetti da lombalgia.

Gli studi prospettici evidenziano che i tassi di recupero in questi casi sono molto incoraggianti, si stima di circa l’80% nell’arco di un anno dall’inizio delle terapie. Invece si necessita un intervento di tipo chirurgico in persone che soffrono di una neurologia progressiva o hanno i sintomi della cauda equina.

È altrettanto importante riuscire a mitigare il dolore specialmente negli attacchi acuti che possono essere davvero devastanti sia dal punto di vista fisico che psicologico. Sia con l’utilizzo di medicinali che attraverso un approccio psicologico per tranquillizzare il paziente supportandolo nella gestione del dolore intenso.

Una volta che si ha l’attenuazione del dolore è possibile mettere in pratica un programma di riabilitazione mirato per normalizzare il movimento e permettere alla persona di riprendere le normali attività. Invece in casi come ad esempio la stenosi del canale vertebrale, che può provocare dolori davvero disabilitanti e intensi, laddove non hanno avuto effetto cambiamenti nello stile di vita o altri metodi di prevenzione e cura, potrebbe essere necessario ricorrere alla chirurgia.

Responsabilizzare il paziente

La lombalgia aspecifica è spesso difficile non solo da diagnosticare ma anche da curare. Secondo gli ultimi studi è utile prima di tutto seguire un procedimento mirato di “triage” con un conseguente studio non solo medico, ma anche di tipo psicologico e sociale per evitare comportamenti (e convinzioni) malsani.

Si consigli di somministrare antidolorifici soltanto nei momenti in cui il dolore diviene davvero forte e insopportabile (ovviamente ogni individuo ha una propria personale soglia di sopportazione). Il lavoro va svolto sia in direzione di un miglioramento fisico del paziente, quindi curando la lombalgia cronica, ma anche psicologico aiutandolo e diminuendo stress e paura che hanno l’effetto di amplificare lo stesso sintomo doloroso.

Il paziente deve essere informato e responsabilizzato sulla sua malattia

Chi soffre di lombalgia acuta, soprattutto se cronica, tende a pensare sempre che si tratti di qualcosa di  grave. Un buon medico deve saper comunicare al meglio, in modo chiaro, sintetico ed empatico una eventuale prognosi che deve essere centrata sulle esigenze della persona:

  • Il medico deve capire cosa potrebbe scuotere o preoccupare maggiormente il paziente.
  • Capire cosa sa sulla lombalgia cronica e affrontare eventuali convinzioni errate.
  • Rassicurarlo sul fatto che si tratti di una patologia benigna che può essere affrontata senza stress o paure.
  • Spiegare la meccanica del dolore e perché si genera.
  • Spiegare anche quanto gli strumenti per immagini per la diagnosi siano limitati e non diano risultati certi.
  • Soprattutto far capire che si deve continuare a “muoversi” e trovare insieme una normalizzazione dei movimenti.

Per quanto riguarda l’uso di Raggi X o RM essa potrebbe mostrare condizioni comuni a moltissime persone che non hanno nessun genere di dolore o sintomo.

Quella che deve essere fatta è una sorta di “alfabetizzazione medica” con cui si spiega al paziente cos’è davvero la lombalgia acuta e questo permette di spazzare via molti dubbi e paure che contribuiscono in modo negativo all’evolversi della patologia.

ERNIA DEL DISCO E DISCOPATIA, CAPIRLE PER NON ALLARMARSI

Se invece le persone sanno, possono modificare il loro approccio passivo e divenire parte attiva nell’affrontare la LBP e questo permette un miglior recupero e maggiori possibilità di stare meglio.

Come affrontare la lombalgia acuta attraverso esercizio fisico, terapia manuale e movimento

Per migliorare un mal di schiena molto intenso è opportuno che la persona divenga partecipe del suo processo di guarigione. È essenziale che riprenda le normali attività e capacità funzionali della colonna vertebrale (lavoro, attività familiari, sport).

Si tratta di un passaggio necessario per arrivare a una completa guarigione sia mentale che fisica. Modificare le proprie attività è possibile e raccomandato solo nelle fasi acute in cui il dolore diviene ingestibile se non attraverso l’uso di farmaci e riposo.

È invece consigliato di continuare e mantenere la propria vita attiva e se si è appena usciti da un “attacco” molto forte di riprenderla in modo graduale senza però fermarsi del tutto. Si consiglia di seguire alcuni esercizi che offrano:

  • Rilassamento per ridurre la contrazione/protezione dei muscoli e migliorino la respirazione diaframmatica.
  • Che migliorino la funzionalità e la mobilità “delicata” delle anche e della colonna vertebrale.
  • Che rinforzino le zone attraverso un allenamento di tipo funzionale-mirato.
  • E anche esercizi di tipo prettamente aerobico scelti in base alla condizione fisica del paziente.

In effetti chi soffre di lombalgia acuta aspecifica tende a contrarre eccessivamente i muscoli della colonna portando a un aumento della rigidità e, di conseguenza, anche del dolore.

 

Rilassare tali fasce muscolari, e anche quelle del tronco, con movimenti mirati e “morbidi” permette di scaricare lo stress dalle strutture spinali sensibilizzate permettendo anche un miglioramento della mobilità.

Per quanto riguarda tutte le terapie manuali, in generale, hanno un miglior effetto per contrastare i sintomi (il dolore su tutti) nelle fasi acute o subacute soprattutto se sussistono blocchi che non permettono al soggetto di muoversi liberamente.

 

 

 

Come detto anche lo stila di vita può essere una causa, o comunque una aggravante di una lombalgia acuta. In generale i comportamenti a rischio sono:

  • Vita sedentaria.
  • Scarsa igiene personale.
  • Obesità.
  • fumo
  • Inattività.

È di grande importanza far capire quanto lavorare ed essere attivi, anche se all’inizio potrebbe sembrare difficile per via del dolore, sia utile per arrivare a una guarigione o comunque migliorare il quadro clinico. Esistono gruppi di persone che soffrono di lombalgia acuta che sono più a rischio.

Si tratta di persone con elevati livelli di paura, ansia, stress e angoscia. Gli interventi verso queste persone devono essere mirati a un lavoro sia dal punto di vista fisico che psicologico per alleggerire il carico psicosomatico della patologia. Andranno usate tecniche di tipo motivazionale, interviste e spiegazioni accurate della condizione per farne comprendere l’effettiva gravità.

A questo vanno aggiunte sessioni che permettano un ripristino del movimento normale attraverso la ripetizione anche di movimenti che invece provocano dolore intenso. Tale procedura permetterà una sorta di desensibilizzazione al timore del dolore e la ripresa di determinate attività.

Conclusioni

Ricapitolando per valutare e affrontare in modo più efficiente la gestione delle persone che soffrono di lombalgia acuta si dovrebbe seguire un percorso preciso in cui ci sia:

  • Un triage per la valutazione di specifiche patologie.
  • Una attenta valutazione che vada ad analizzare possibili rischi dal punto di vista psicosociale.
  • Dare al paziente le giuste conoscenze affinché lui stesso disattivi paure e stress che sono elementi aggravanti della LBP.
  • Una riabilitazione attiva che spinga la persona a diventare parte integrante della cura e non soltanto un elemento passivo.
  • E un uso sempre minore di strumenti diagnostici per immagini che spesso producono risultati errati.
  • Uno screening mirato, con analisi specifiche, per casi in cui il dolore sia molto acuto oppure siano presenti altri sintomi che potrebbero far pensare alla presenza di patologie gravi.
  • Gestione del dolore con strumenti psicologici, farmaceutici e terapeutici.