L’ansia è una sensazione di preoccupazione, nervosismo o disagio. Il disturbo d’ansia generalizzato rappresenta uno stato continuo e persistente di preoccupazione per diversi eventi, che risulta eccessivo in termini di intensità, durata e frequenza.
Sicuramente avrete confidato a un amico o a al vostro fisioterapista frasi tipo:
- “mi sento teso”,
- “quando sono sotto stress sento maggiormente i dolori”,
- “ho l’ansia per il mal di schiena”
Questa dannata ansia è causa del dolore, o è il dolore a scatenarla?
La risposta è: entrambi!
Continui stati ansiosi sono correlati con il mal di schiena e con qualsiasi altro dolore persistente nel tempo.
Fattori psicologici infatti (come ansia, depressione e kinesiofobia) possono influenzare il recupero in termini di persistenza del dolore, amplificandone la percezione, rendendoci sensibili a stimoli che sarebbero innocui per le persone “normali”.
Ansia e dolore secondo la scienza
Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno tissutale in atto, potenziale o descritta in termini di danno (IASP 1994).
Nel nostro organismo sono presenti dei recettori, cioè terminazioni nervose, in grado di segnalare al nostro cervello la presenza di un danno tissutale (nocicezione). Tali recettori hanno un alta soglia di attivazione, ma la situazione cambia in presenza di un danno tissutale.
Tutto ciò si definisce come sensibilizzazione periferica
Se questi stimoli perdurassero nel tempo, tuttavia, andremo incontro a delle manifestazioni di sensibilizzazione centrale, ovvero aumento della reattività agli stimoli dolorosi e non dolorosi ed un abbassamento della soglia di attivazione agli stimoli dolorosi e non dolorosi.
Inoltre si manifesteranno cambiamenti strutturali e funzionali della matrice corticale, in poche parole mantenimento del dolore.
Il dolore non è quindi una semplice risposta a questi stimoli esterni, è in gran parte costruito attivamente dal cervello, con il coinvolgimento di aree cerebrali il cui contributo alla percezione del dolore era stato sottovalutato.
Nel nostro cervello ci sono luoghi dove gli stimoli dolorosi, e non, vengono processati.
Che rapporto c’è tra dolore e ansia?
Proviamo a paragonare il dolore ad un sistema di allarme di una casa. Il nostro dolore in questo caso è rappresentato dall’allarme che scatta. Immaginiamo ora che questo sistema di allarme sia regolato da una serie di fattori ,che nell’insieme, giocano un ruolo nella sua attivazione. Questi fanno parte del contesto biopsicosociale.
L’ansia rende più sensibile l’allarme della vostra casa influenzando l’andamento del dolore, in termini di recupero ed intensità.
L’insonnia è un importante fattore di rischio per i disturbi dell’ansia, e di conseguenza qualsiasi cosa che possa interferire con il sonno è da prendere in considerazione.
Per molte persone risolvere il dolore rappresenta la miglior scelta terapeutica per i disturbi d’ansia, per altri invece viceversa se non addirittura entrambi.
L’ansia non è facile da gestire. È come chiedere a una persona che non è calma di stare calma: mai nessuno si è calmato dicendogli di calmarsi!
Molte persone provano l’esercizio fisico come strumento per combattere l’ansia, ma a volte non è sufficiente:
- perché ci vuole una grande energia;
- si deve essere perseveranti;
- perché non ci si può esercitare per tutto il tempo.
Il massaggio è in grado di combattere l’ansia?
Gli unici benefici confermati del massaggio sono i suoi effetti sull’umore, in particolare la depressione e l’ansia. L’ansia e la depressione aggravano molti problemi di salute specifica e sono fattori che contribuiscono al mantenimento di un dolore persistente.
La psicoterapia cognitivo – comportamentale?
Attualmente considerata a livello internazionale uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici.
Conclusioni sul rapporto tra ansia e dolore
È noto che fattori quali:
- stress
- ansia
- depressione
- isolamento sociale
- credenze sbagliate sulla propria condizione
- basse aspettative di recupero
contribuiscono ad una maggiore percezione del dolore.
La chiave è aiutare le persone a riflettere sulla propria condizione e identificare quegli aspetti che devono essere migliorati.
Classicamente la salute viene interpretata dal paziente, e purtroppo anche dal medico di famiglia, come assenza di malattia.
Questa visione completamente biomedica (ho dolore perché ho un danno al tessuto) è un modello che, per quanto corretto, risulta incompleto e non risponde a tutte le sfumature che determinano la salute/il dolore e quindi la guarigione del paziente