Soffri di mal di schiena? Pensi che la chirurgia sia l’unica soluzione per risolvere il dolore? Leggi questo articolo, potrebbe esserti utile!

La lombalgia è definita come un dolore o limitazione funzionale compreso tra il margine inferiore dell’arcata costale e le pieghe glutee inferiori con eventuale irradiazione posteriore alla coscia ma non oltre il ginocchio, che possa causare impossibilità di svolgere la normale attività quotidiana con possibile assenza dal lavoro.

Il mal di schiena ha un’altissima prevalenza (80%) ed un’incidenza del 5%, riconosciuta come il primo disturbo muscoloscheletrico, seconda patologia per prevalenza mondiale, e prima causa di disabilità sotto i 45 anni, senza differenza rilevante di genere. Il picco di prevalenza tra i 30 e 50 anni è un dato importante perché interessa popolazione in età produttiva con gravi conseguenze economiche.
La prognosi è benigna con una percentuale di cronicizzazione inferiore al 10%.

Quali sono le cause?
Per fare delle ipotesi diagnostiche possiamo fare riferimento ad una classificazione che viene da recenti linee guida.
Il dolore lombare di natura muscoloscheletrica (meccanico), essendo spesso frutto di una diagnosi per esclusione, viene spesso definito in letteratura aspecifico.

Altre tipologie di lombalgia fondamentali da individuare facendo screening per esclusione sono quelle di natura sistemica (ad esempio spondiloartropatia infiammatoria) o derivati da altre patologie diagnosticabili al di fuori dell’ambito muscoloscheletrico.
Altre due condizioni che spesso ci troviamo, ma non sono delle vere lombalgie, bensì patologie riferite agli arti inferiori (ricordandoci la definizione iniziale che esclude lombalgia quando c’è irradiazione oltre il livello del ginocchio), sono quelle condizioni che coinvolgono le radici nervose come una radicolopatia, oppure sindromi del canale stretto (ad esempio la stenosi cioè una riduzione del lume del canale vertebrale con possibili conseguenze neurologiche).

Cosa fare in caso di mal di schiena?
Il primo passo è consultare un professionista specializzato nel trattamento dei disturbi muscoloscheletrici che attraverso un’accurata anamnesi ed esame fisico indagherà la causa del vostro dolore.

Nella maggior parte dei casi non siamo di fronte a nulla di grave se non un semplice carico eccessivo dovuto a fattori come stress, stile di vita, incidente non grave. In pratica nella visita iniziale si dovrebbero escludere le possibilità minime che si sia di fronte a qualche patologia grave.

La percentuale di persone in cui la lombalgia cronica è il campanello d’allarme per qualcosa di preoccupante è minima, nell’ordine dell’1-2%.
Dopo aver escluso queste patologie ed aver capito che si tratta di una lombalgia aspecifica, lo specialista vi darà consigli ed informazioni che siano specifici per le vostre capacità e necessità, informandovi rispetto alla natura benigna del dolore lombare e incoraggiandovi a mantenere il vostro range di attività normale tenendo il dolore sotto controllo. Per migliorare un mal di schiena
è opportuno che la persona divenga partecipe del suo processo di guarigione.

Attraverso il ragionamento clinico, il fisioterapista definirà un programma di esercizi sulla base del paziente che ha davanti. Il piano di esercizi deve avere un approccio di natura funzionale, deve quindi mirare a quei movimenti che fanno parte del repertorio del paziente.

Questo risulta essere più utile sia in termini prognostici sia in termini di aderenza del paziente al trattamento per poter
poi integrare gli esercizi nella sua quotidianità. Il piano di esercizi deve poi rispettare una gradualità che dipende dalla presentazione clinica del paziente: in una fase iniziale l’esercizio sarà finalizzato più al recupero di un’abilità, intesa come uno di quei mattoncini necessari per ricreare un determinato movimento (forza, ampiezza articolare, capacità di rilassare la muscolatura in pazienti che attuano strategie di contrazione ecc.), mentre più avanti si faranno esercizi più incentrati sul recupero di una capacità funzionale.

 

Per ottenere degli adattamenti è fondamentale che il paziente aderisca al trattamento. L’aderenza è definita come il grado in cui il comportamento di un paziente corrisponde alle indicazioni del professionista sanitario.

Inoltre la terapia manuale riveste un ruolo importante nella gestione del dolore, è indicata più o meno in tutte le sue modalità e deve essere inclusa all’interno di un piano di trattamento che preveda anche esercizi ed anche altri tipi di approcci non manuali.

Quando ricorrere alla chirurgia?
I miglior candidati alla chirurgia sono quei pazienti che presentano un quadro specifico (si parla infatti di lombalgia specifica) ed identificabile con una patologia specifica, come tumore od ernia del disco sintomatica (rara). Infatti spesso sono presenti ernie in soggetti senza dolore: l’ernia non giustifica il dolore ma rappresenta spesso un normale processo di invecchiamento della colonna!

Per quanto riguarda l’ernia discale sintomatica, una indicazione assoluta per un consulto chirurgico immediato è la presenza di sintomi riconducibili ad una sindrome della cauda equina quali anestesia a sella della regione perineale, ritenzione e/o incontinenza fecale o urinaria e ipostenia agli arti inferiori bilaterale.

Rappresentano invece delle indicazioni relative la presenza di steppage dovuto alla comparsa di un deficit motorio ingravescente in un paziente con diagnosi certa di ernia discale di L4-L5, che richieda una attenta valutazione. Altre indicazioni relative sono una durata dei sintomi maggiore alle 6 settimane, un dolore resistente che non risponde agli analgesici, un fallimento del trattamento conservativo e la concomitanza di altre patologie gravi di colonna.

Per quanto riguarda invece la stenosi sintomatica (cioè la riduzione del lume del canale vertebrale con possibili conseguenze neurologiche), in generale le principali indicazioni riportate in letteratura scientifica sono sintomi severi e invalidanti che persistono da almeno 6 mesi e resistenti al trattamento conservativo, deficit neurologici importanti o ingravescenti, claudicatio neurologica,
segni evidenti di instabilità vertebrale, segni di stenosi radiologica avanzata.

A cura di:

Marinari Noemi

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