Cosa s’intende per distorsione di caviglia?

È un infortunio traumatico acuto a livello del complesso legamentoso laterale della caviglia che si verifica in seguito ad un movimento d’inversione eccessiva o da una combinazione di flessione plantare e adduzione del complesso piede/caviglia e che determina un severo dolore, limitazione funzionale e disabilità. Tendenzialmente questo meccanismo si presenta in seguito al primo contatto del tallone con il terreno o dopo una caduta da un salto.

 

Chi coinvolgono?

Colpiscono sia la popolazione sportiva (più specificatamente gli sport di contatto, di sato o dove si hanno cambi di direzione) che la popolazione generale; dando qualche dato epidemiologico emerge che in Olanda si verificano circa mezzo milione di distorsioni di caviglia all’anno, negli USA trecentomila. Recenti studi dicono che le donne sono maggiormente soggette ad andare incontro a questa condizione clinica e ancor di più se sono giovani e sportive. 

Quali sono i meccanismi traumatici e qual è più frequente?

È possibile incorrere in questa condizione in due modalità: senza contatto o con contatto; il primo prevede un’eccessiva inversione/rotazione interna di caviglia nel contatto iniziale con il terreno durante una normale camminata. Il contatto prevede o un impatto con l’avversario sull’aspetto mediale della gamba che determina una posizione di caviglia in inversione o una flessione plantare forzata (ad esempio un calciatore che colpisce un avversario nel tentativo di calciare la palla).  Il meccanismo da contatto è meno frequente di quello senza contatto.

Quali sono le caratteristiche cliniche e il decorso?

Dolore, gonfiore e impotenza funzionale sono presenti sempre e vanno di pari passo con la gravità del quadro, il decorso clinico prevede una graduale riduzione dei sintomi nelle prime settimane ma molti individui dichiarano di avvertire dolore, gonfiore e distorsioni ricorrenti anche a 3 anni di distanza dal trauma.  Spesso questo disturbo tende a cronicizzare (determinando instabilità croniche di caviglia) perché la distorsione acuta di caviglia viene erroneamente considerato un infortunio non importante e di conseguenza la maggior parte dei soggetti non si rivolgono a personale sanitario, limitando il trattamento al ghiaccio e riposo. Inoltre il trattamento riabilitativo ha la tendenza ha basarsi solo su strategie passive mirate alla rimozione del dolore ed al ripristino della mobilità, senza alcun tipo di follow up per verificare il corretto recupero funzionale e di controllo motorio. Tutto ciò rende questo infortunio ad elevato rischio di recidiva! 

Quali sono i fattori predisponenti di questo infortunio?

Possono essere distinti in INTRINSECI ed ESTRINSECI; i primi prevedono l’aver avuto precedenti distorsioni di caviglia, il sesso femminile l’età, una dorsiflessione ridotta e uno scarso conotrollo motorio. I secondi sono relativi allo sport praticato, all’altezza dei tacchi, al non fare esercizi specifici di rinforzo neuromuscolare. La cosa importante però è sapere quali sono i fattori di rischio modificabili e quali no, al fine di considerarli nella pianificazione della strategia preventiva; va da se che l’aver avuto un precedente evento distorsivo non è modificabile ed è considerato il fattore di rischio per eccellenza. 

Esistono classificazioni?

Storicamente le distorsioni di caviglia sono classificate in tre gradi:

  1. Grado 1: nessuna perdita funzionale, nessun danno legamentoso
  2. Grado 2: limitazione funzionale moderata, interessamento del legamento peroneo-astragalico anteriore (LPAA)
  3. Grado 3: limitazione funzionale importante con interessamento del LPAA e del legamento peroneo-calcaneare.

Ma questa classificazione non ha alcuna evidenza scientifica ed è basata solamente sull’opinione degli esperti.

 

Come si fa diagnosi di distorsione di caviglia? E soprattutto com’è possibile dare una diagnosi differenziale con una frattura?

Fondamentalmente una corretta anamnesi associata a un esame fisico accurato dovrebbero condurre ad una diagnosi funzionale fisioterapica corretta.

È sempre necessario fare una radiografia? La risposta è NO! Esistono delle regole di predizione clinica chiamate Ottawa Ankle Rules che permettono al clinico di escludere una frattura clinicamente rilevante; facendo ciò si otterrà una serie di benefici, sia in termini prognostici per il paziente sia per il sistema sanitario nazionale determinando una riduzione del numero di esami strumentali inutili e danni iatrogeni. L’obiettivo di una diagnosi corretta è valutare la gravità del trauma e cercare di prevedere una prognosi.

 

Una volta accertata la diagnosi, come si tratta?

L’obiettivo del trattamento riabilitativo è quello di massimizzare la funzione, far si che il paziente torni alle proprie attività sportive/lavorative allo stesso livello pre infortunio, rispettando sempre quelle che sono le sue richieste/aspettative.

La riabilitazione può essere distinta in due fasi:

  • Prima fase: ossia la fase acuta, prevede la protezione del movimento (bendaggi/tutori) al fine di proteggere il tessuto da ulteriori danni.
  • Seconda fase: training a carico progressivo che mira al ripristino delle capacità neuromuscolari.

Nella fase acuta viene utilizzato il protocollo POLICE ossia Protezione, Optimal Loading (ovvero stimolare il processo di guarigione dei tessuti danneggiati con la giusta quantità di carico e di attività), Ice (ghiaccio)per rallentare/prevenire l’edema post trauma ed Elevazione per favorire il ritorno venoso.

La seconda fase è incentrata su tecniche di terapia manuale ed esercizio terapeutico specifico al fine di recuperare la mobilità articolare, la forza ed il controllo neuromuscolare, fino al ritorno al gesto sport-specifico; possono essere utilizzate tecniche Maitland (mobilizzazioni anteroposteriori dell’astragalo), tecniche Mulligan (mobilizzazioni con movimento) le quali hanno un effetto immediato sul movimento. L’esercizio terapeutico ha l’obiettivo di ripristinare forza, controllo motorio e posturale.   

A cura di:

CLAUDIO CECCARELLI, PT – OMPT

  • Fisioterapista
  • Orthopaedic Manipulative Physical Therapist (OMPT)
  • Assistente alla Didattica Università di Roma “Tor Vergata”, Master in Terapia Manuale Applicata alla Fisioterapia
  • Specializzato nella Riabilitazione dei Disordini Muscoloscheletrici di Spalla, Gomito e Mano
  • Membro del gruppo di ricerca scientifica G.E.R.I.C.O (Generic Elbow Rehabilitation and Integrated Orthopaedic Collaboration)