Ernia del disco e discopatia, capirle per non allarmarsi

Ernia del disco e discopatia, capirle per non allarmarsi

Ernia del disco, una frase oramai conosciuta da tutti noi, o perchè il nostro medico ci ha detto che il nostro problema è dovuto a quella o perchè oramai pensiamo che qualsiasi dolore a livello della schiena sia colpa di questa benedetta ernia del disco.

Sono un fisioterapista che mi occupo da diverso tempo dei disturbi della colonna vertebrale. Molto spesso giungono pazienti in studio e prima di sedersi per un anamnesi accurata esclamano: dottore ho un ernia L4 – L5!

Vogliono sapere come mai hanno dolore alla schiena, ma partono già dal presupposto che la loro ernia sia responsabile del dolore. Creano una patologia, un problema, la dove non ce n’è bisogno.

Ho un Ernia del disco! Cosa significa?

Il disco intervertebrale svolge un ruolo molto importante nell’ammortizzazione, nel supporto vertebrale, consentendo un ampia gamma di movimenti in tutte le direzioni.

Il disco intervertebrale è costituito da una parte periferica chiamata “anulus o anello fibroso”, e da una parte centrale “gelatinosa” detta nucleo polposo.

 

L’ernia del disco è la conseguenza di una piccola rottura o lacerazione dell’anulus fibroso, o un suo sfiancamento, con conseguente dislocazione del nucleo polposo.

Può compromettere le strutture nervose adiacenti responsabili della comparsa di parestesie:

  • formicolio,
  • intorpidimento,
  • riduzione della sensibilità cutanea,
  • dolore,
  • bruciore,
  • sensazione di caldo o freddo
  • impotenza funzionale dell’arto (es. riuscire a tirare su un piede).

ERNIA DEL DISCO, LA CLASSIFICAZIONE

Le ernie possono essere classificate a seconda delle condizioni dell’anulus fibroso, l’anello che circonda il nucleo:

Ernie Contenute (con fibre anulari intatte):     

  • Degenerazione del disco: il disco appare rigonfiato, ma le fibre anulari ed il legamento longitudinale posteriore appaiono intatti.
  • Protusione del disco: rottura delle fibre anulari interne, con quelle esterne che rimangono intatte.

Ernie non contenute (con rottura delle fibre anulari):

  • Estrusione del nucleo: rottura dell’anulus con il materiale discale che si estende nello spazio del disco.
  • Sequestro del nucleo: quando vi è una rottura dell’anello con fuoriuscita del materiale discale nel canale vertebrale.

 

 

Cos’è una protrusione discale?

La protrusione discale è invece una discopatia, ossia un’alterazione del disco intervertebrale. Consiste nello schiacciamento da parte del nucleo delle fibre dell’anello.

Tuttavia ciò non comporta una rottura delle fibre dell’anello stesso, come succede nell’ernia, ma il suo schiacciamento, soprattutto a livello del legamento longitudinale posteriore.

Focalizzarsi troppo sulla patologia può aumentare il dolore

Il dolore, non serve che lo dica, è qualcosa di estremamente complesso; l’esperienza dolorosa è multifattoriale e dipende da tanti svariati input tra loro tutti collegati:

  • chimici,
  • ormonali,
  • credenze personali,
  • opinioni,
  • esperienze passate,
  • contesto e altro!

COME L’ERNIA DEL DISCO VIENE TRATTATA CON LA FISIOTERAPIA

In Fisioterapia, si parla di approccio biopsicosociale al dolore.

Se tutti gli elementi concorrono tra loro e pesano tutti in egual misura nell’esperienza dolorosa, collegare tutte le ipotetiche cause anziché cercare di accanirci nel voler cercare una sola unica causa è la via migliore ed efficace per gestire il dolore.

È noto che fattori quali:

  • stress,
  • ansia,
  • depressione,
  • isolamento sociale,
  • credenze sbagliate sulla propria condizione,
  • basse aspettative di recupero

Contribuiscano al dolore stesso e alla sua percezione.

Potrebbe sembrare che il dolore sia “nella tua testa”. Tuttavia, con una buona spiegazione, ciò può essere evitato e si può aiutare le persone a riflettere sulla propria condizione e identificare quegli aspetti che devono essere migliorati.

 

La chiave è spiegare  come queste associazioni avvengono e perché influenzano il dolore.

 

  1. Le scarse aspettative di recupero potrebbero portare a non fare attività fisica perché non viene percepita come un beneficio. Questo potrebbe influenzare negativamente il livello di fitness, la forza muscolare, la resistenza, la salute ossea, ecc.
  2. Lo stress psicologico (ansia, depressione, ecc) può cambiare la tensione muscolare aumentando così il dolore.
  3. La solitudine o l’isolamento sociale possono alterare la qualità del sonno aumentando così l’infiammazione e riducendo l’umore e la concentrazione: tutto questo può avere un impatto sul dolore.

Le convinzioni dei pazienti sulle loro condizioni hanno dimostrato svolgere un ruolo significativo nella loro esperienza del dolore e nella risposta al tratt

amento, soprattutto quando il paziente vede la salute dei loro tessuti compromessa.

L’educazione è importante e può capovolgere queste credenze

GIONATA PROSPERI, FT, SPT, SM.

  • Esperto In Terapia Manuale nelle cefalee, emicrania
  • Fisioterapista dei disturbi dell’articolazione Temporo – Mandibolare
  • Fisioterapista dei Disturbi Vestibolari
  • C.E.O. del Centro della Colonna vertebrale di Massa
  • Fisioterapia ecoguidata

 

 

 

Ansia come causa del mal di schiena

Ansia come causa del mal di schiena

L’ansia è una sensazione di preoccupazione, nervosismo o disagio. Il disturbo d’ansia generalizzato rappresenta uno  stato continuo e persistente di preoccupazione per diversi eventi, che risulta eccessivo in termini di  intensità, durata e frequenza.

Sicuramente avrete confidato a un amico o a al vostro fisioterapista frasi tipo:

  • “mi sento teso”,
  • “quando sono sotto stress sento maggiormente i dolori”,
  • “ho l’ansia per il mal di schiena”

Questa dannata ansia è causa del dolore, o è il dolore a scatenarla?

La risposta è: entrambi!

Continui stati ansiosi sono correlati con il mal di schiena e con qualsiasi altro dolore persistente nel tempo.

Fattori psicologici infatti (come ansia, depressione  e kinesiofobia) possono influenzare il recupero in termini di persistenza del dolore, amplificandone la percezione, rendendoci sensibili a stimoli che sarebbero innocui per le persone “normali”.

Ansia e dolore secondo la scienza

Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata ad un danno tissutale in atto, potenziale o descritta in termini di danno (IASP 1994).

Nel nostro organismo sono presenti dei recettori, cioè terminazioni nervose, in grado di segnalare al nostro cervello la presenza di un danno tissutale (nocicezione). Tali recettori hanno un alta soglia di attivazione, ma la situazione cambia in presenza di un danno tissutale.

Tutto ciò si definisce come sensibilizzazione periferica

Se questi stimoli perdurassero nel tempo, tuttavia,  andremo incontro a delle manifestazioni di sensibilizzazione centrale, ovvero aumento della reattività agli stimoli dolorosi e non dolorosi ed un abbassamento della soglia di attivazione agli stimoli dolorosi e non dolorosi.

Inoltre si manifesteranno cambiamenti strutturali e funzionali della matrice corticale, in poche parole mantenimento del dolore.

Il dolore non è quindi una semplice risposta a questi stimoli esterni, è in gran parte costruito attivamente dal cervello, con il coinvolgimento di aree cerebrali il cui contributo alla percezione del dolore era stato sottovalutato.

Nel nostro cervello ci sono luoghi dove gli stimoli dolorosi, e non, vengono processati.

Che rapporto c’è tra dolore e ansia?

Proviamo a paragonare il dolore ad un sistema di allarme di una casa. Il nostro dolore in questo caso è rappresentato dall’allarme che scatta. Immaginiamo ora che questo sistema di allarme sia regolato da una serie di fattori ,che nell’insieme, giocano un ruolo nella sua attivazione. Questi fanno parte del contesto biopsicosociale.

L’ansia rende più sensibile l’allarme della vostra casa influenzando l’andamento del dolore, in termini di recupero ed intensità.

L’insonnia è un importante fattore di rischio per i disturbi dell’ansia, e di conseguenza qualsiasi cosa che possa interferire con il sonno è da prendere in considerazione.

Per molte persone risolvere il dolore rappresenta la miglior scelta terapeutica per i disturbi d’ansia, per altri invece viceversa se non addirittura entrambi.

L’ansia non è facile da gestire. È  come chiedere a una persona che non è calma di stare calma: mai nessuno si è calmato dicendogli di calmarsi!

Molte persone provano l’esercizio fisico come strumento per combattere l’ansia, ma a volte non è sufficiente:

  1. perché ci vuole una grande energia;
  2. si deve essere perseveranti;
  3. perché non ci si può esercitare per tutto il tempo.

Il massaggio è in grado di combattere l’ansia?

Gli unici benefici confermati del massaggio sono i suoi effetti sull’umore, in particolare la depressione e l’ansia. L’ansia e la depressione aggravano molti problemi di salute specifica e sono fattori che contribuiscono al mantenimento di un dolore persistente.

La psicoterapia cognitivo – comportamentale?

Attualmente considerata a livello internazionale uno dei più affidabili ed efficaci modelli per la comprensione ed il trattamento dei disturbi psicopatologici.

 

Conclusioni sul rapporto tra ansia e dolore

È noto che fattori quali:

  • stress
  • ansia
  • depressione
  • isolamento sociale
  • credenze sbagliate sulla propria condizione
  • basse aspettative di recupero

contribuiscono ad una maggiore percezione del dolore.

La chiave è aiutare le persone a riflettere sulla propria condizione e identificare quegli aspetti che devono essere migliorati.

Classicamente la salute viene interpretata dal paziente, e purtroppo anche dal medico di famiglia, come assenza di malattia.

Questa visione completamente biomedica (ho dolore perché ho un danno al tessuto) è un modello che, per quanto corretto, risulta incompleto e non risponde a tutte le sfumature che determinano la salute/il dolore e quindi la guarigione del paziente

Sono utili i farmaci per il mal di schiena?

Sono utili i farmaci per il mal di schiena?

Come ormai è ben noto, il mal di schiena è il disturbo muscolo-scheletrico più diffuso nel mondo. Spesso per il suo trattamento vengono consigliati e/o prescritti antinfiammatori, riposo assoluto o terapie che ad oggi si sono dimostrati inefficaci.

La maggior parte di interventi  che hanno lo scopo di prevenire il mal di schiena, come istruzioni ergonomiche sul posto del lavoro e l’utilizzo di materassi speciali si sono dimostrati prove di efficacia.

Il mal di schiena insorto senza una conosciuta causa viene definito come lombalgia aspecifica e le linee guida  raccomandano l’utilizzo di un modello biopsicosociale nella gestione clinica del paziente, considerando non solo gli aspetti biologici ma anche i fattori psicologici e sociali.

Dopo trenta anni si enfatizzano maggiormente trattamenti  di self management, fisioterapia ed approcci psicologici  rispetto ad approcci chirurgici e farmacologici.

Questo è il risultati di linee guida americano che raccomandano, come trattamento di prima scelta, l’opzione non farmacologica. Altre linee guida (Danesi, americane e del Regno Unito) raccomandano l’esercizio terapeutico ed altri terapie non farmacologiche, come il massaggio, l’agopuntura, la manipolazione vertebrale, il Tai Chi e lo Yoga.

La raccomandazione più importante nella gestione di un paziente con lombalgia aspecifica in presenza anche di irradiazione è quella di istruire il paziente sulla natura del loro dolore e raccomandare loro che non si tratti di una malattia seria e che i sintomi miglioreranno con il tempo.

SCOPRI COSA STA ACCADENDO ALLA TUA SCHIENA

 

Anche secondo queste linee guida (www.evidence.it/lombalgia) per quei pazienti che presentano una lombalgia o sciatalgia che potrebbero migliorare rapidamente è sufficiente rassicurarli, consigliare loro di mantenersi in attività e fornire indicazioni per il ‘self management’, mentre per quelli a rischio più elevato di esito sfavorevole è raccomandato un supporto complesso e intensivo (programmi di esercizio, terapia manuale o approccio psicologico). Da evitare in ogni caso l’agopuntura e il paracetamolo in monoterapia.

Sono quindi raccomandati trattamenti fisioterapici, in particolare per un mal di schiena persistente ( di durata superiore alle 12 settimane) che includano attività con carico graduale progressivo ed un programma di esercizi in base alle patologie e le disfunzioni neuromuscoloscheletriche più frequenti, ricordando che l’esercizio attivo non è una fase successiva al trattamento di mobilizzazione passiva, ma un elemento da inserire precocemente, indicato per ottenere mobilità, stabilità o ricondizionamento atletico e fisico.

Altre terapie fisiche passive, come per esempio l’utilizzo di ultrasuoni, stimolazione nervosa elettrica transcutanea, trazioni  e diatermia sono prive di efficacia.

Altre terapie sono raccomandate, come terapie comportamentali, psicoterapeutiche, terapia funzionale cognitiva e la terapia di Mindfullness, con lo scopo di ridurre lo stress permettendo di passare da uno stato di sofferenza e di ansia ad una percezione soggettiva di benessere.

E che fine fanno l’assuzione dei farmaci?

  1. Le linee guida ora raccomandano un trattamento farmacologico solamente in conseguenza di un mancato miglioramento del quadro clinico alle terapie sopra elencate.  In questo caso la prescrizione del paracetamolo in monoterapia non è raccomandato per il trattamento della lombalgia.
  2. Per quanto riguarda gli OPPIACEI, non si raccomanda una loro assunzione nella gestione di una lombalgia cronica, mentre per quanto riguarda una lombalgia acuta consigliare deboli FANS, tenendo conto delle potenziali differenze nella tossicità gastrointestinale, epatica, cardiaca e renale e i fattori di rischio individuali inclusa l’età

3 PASSI FONDAMENTALI PER ELIMINARE IL TUO MAL DI SCHIENA

 

Prevention and treatment of low back pain: evidence, challenges, and promising directions

http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(18)30489-6/fulltext