Il mal di testa rappresenta un sintomo molto frequente nella nostra pratica clinica,. Fra tutte le tipologie di mal di testa, la cefalea mio tensiva o tension-type è la più frequente (TTH), anche se la patogenesi è tutt’oggi ancora incerta.
Si caratterizza per:
* mal di testa bilaterale
* mal di testa di origine muscolare
* mal di testa di tipo costrittivo
I muscoli giocano un ruolo chiave sempre più confermato dalla ricerca scientifica. La presenza di trigger points miofasciali in alcuni muscoli va indagata accuratamente sempre: un trigger point mio fasciale viene definito come “spot”, cioè aree iper-irritabile all’interno dei muscolo scheletrico, associato a banda tesa, lungo la quale sono palpabili aree ipersensibili. Il muscolo in cui sono presenti questi trigger non è interamente “duro”, “contratto” o dolente, ma la dolorabilità è limitata all’area delle bande tese. Sono infatti dolorosi alla compressione ed allo stretching e possono produrre dolore locale e riferito (lontano dal punto di palpazione) o altri sintomi, nonché fenomeni autonomici (sudorazione localizzata, vasocostrizione, vasodilatazione, attività pilomotoria).
Per quanto riguarda la cefalea mio tensiva, i muscoli sub occipitali, a livello del rachide cervicale superiore, possono sviluppare questi trigger point miofasciali, i quali alla compressione o stiramento provocano la cefalea propria dei nostri pazienti. Il dolore partirà dalla regione sub occipitale fino a riferire nella regione temporale e temporale. Questo dolore riferito può diffondersi su entrambi i lati, essendo percepito come un mal di testa bilaterale.
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Alcuni autori suggeriscono che alterazioni posturali della cervicale alta potrebbero essere responsabili dell’attivazione di trigger point miofasciali di questi muscoli.
Una frequente alterazione posturale rilevata è rappresentata da un’eccessiva anteposizione del collo (FORWARD HEAD POSITION, o FORWARD HEAD POSTURE FHP): Un’iperestensione della cervicale alta od un incremento della lordosi cervicale è una comune conseguenza di questa postura, e di solito si presenta con accorciamento dei muscoli posteriore estensori della cervicale (muscoli suboccipitali, semispinali, splenio e trapezio superiore) così come un accorciamento del muscolo sternocleidomastoideo.
Di conseguenza, oltre alla presenza di trigger point miofasciali anche la presenza di alterazioni posturali specifici del rachide cervicale potrebbe essere implicata nella genesi e/o nel mantenimento della CEFALEA MIOTENSIVA.
Infatti, in uno studio scientifico di pazienti con cefalea mio tensiva cronica tutti i pazienti presentavano trigger point attivi o latenti a livello dei muscoli sub occipitali. I muscoli sub occipitali che si estendono dal collo fino alla giunzione atlante occipitale (muscolo retto posteriore maggiore e minore ed il muscolo retto obliquo) non sono palpabili direttamente. In aggiunta, è stato dimostrato che un alterazione posturale del rachide cervicale era molto comune nei pazienti con cefalea mio tensiva cronica.
Inoltre, input nocicettivi dei trigger point a livello dei muscoli sub occipitali possono produrre un continuo bombardamento afferente del nucleo caudale del nervo trigemino, producendo una sensibilizzazione del sistema nervoso centrale.
Per quanto riguarda il trattamento i risultati di una recente meta-analisi (Mesa-Jiménez et al, 2015) “suggeriscono che l’utilizzo della terapia manuale sembri maggiormente efficace nel breve termine della gestione farmacologica nella riduzione della frequenza, intensità e durata degli episodi acuti nei soggetti con con cefalea mio tensiva (TTH). “Tuttavia, non si osservano differenze nel lungo termine (24 settimane) nell’intensità della cefalea”.
Le implicazioni cliniche che si possono desumere da questo articolo sono importanti: l’utilizzo della terapia manuale come integrazione alla gestione farmacologica, può portare nuove sinergie tra il fisioterapista e il medico nella presa in carico dei soggetti con cefalea mio-tensiva.
E’ stato dimostrato che la terapia manuale (tecniche di manipolazione, tecniche miofasciali e esercizi specifici) può:
– ridurre la frequenza degli attacchi dal 50% al 100%;
– ridurre del 60% il consumo di medicinali (prendere farmaci 4 volte invece di 10 non è male);
– ridurre l’intensità dei sintomi, migliorare la capacità di movimento e la disabilità, nonché ridurre il livello di alcuni parametri psicologici: l’ansia e la depressione.