Artrosi dell’anca: PREVENIRLA E CURARLA

Artrosi dell’anca: PREVENIRLA E CURARLA

Sicuramente sarà capitato a molti di sentir parlare di artrosi dell’anca, o di conoscere qualcuno operato di protesi all’anca a causa dell’artrosi.

Ma come si manifesta? Dolore all’inguine che si irradia nella coscia, fitte profonde a livello inguinale, difficoltà a compiere alcuni movimenti con l’anca (perdita di intrarotazione), difficoltà a mantenere determinate posizioni o difficoltà a eseguire certe attività della vita quotidiana, come per esempio allacciarsi le scarpe o alzarsi da sedie troppo basse.

L’ artrosi dell’anca è un problema molto comune, sia nelle donne che negli uomini, e non necessariamente incorre in età avanzata: i primi sintomi si possono avere anche intorno ai 45-50 anni.

L’artrosi è un processo lento: non si sviluppa cioè dall’oggi al domani.

Si può cominciare ad avvertirlo improvvisamente, senza alcuna avvisaglia, ma se alla radiografia si evidenzia  artrosi significa che il problema stava “covando” da mesi o anni.

Quando si ha un dolore all’ anca, non è assolutamente automatico che ci sia già un processo artrosico: molto spesso i dolori sono legati a rigidità capsulari o infiammazioni articolari e periarticolari. Il prolungarsi di una situazione di rigidità muscolare forte provoca prima sintomi da usura (infiammazioni) e  poi  artrosi.

L’ artrosi dell’anca va quindi considerata come la conseguenza di un sovraccarico muscolare: a meno di rari casi, non si sviluppa spontaneamente, ma è conseguenza di un sovraccarico sull’articolazione.

COME CURARE L’ ARTROSI ALL’ANCA?

Innanzitutto non è mai troppo tardi recarsi da un fisioterapista di Fiducia. Spesso i pazienti lamentano dolore nella regione inguinale, in profondità, con il dolore che spesso di irradia nella parte antero mediale della coscia.

Si presenta magari quando ci si alza da una sedia troppo bassa, quando si accavallano le gambe, o quando entriamo o usciamo dalla macchina.

La cura dell’artrosi dell’anca si basa principalmente attraverso:

– mobilizzaziooe articolare, per migliorare l’elasticità della capsula articolare e l’escursione articolare, intra rotazione specialmente.

– allentamento delle tensioni muscolari tramite esercizi di stretching

– rinforzo della muscolatura tramite esercizi appositi, special modo i muscoli postero – laterali di anca ( i glutei per intenderci)

Tale protocollo è applicabile anche in quei casi di dolore all’anca senza ancora chiari segni di artrosi.

L’affidarsi ad un professionista è sicuramente raccomandabile, ma anche da soli si può fare molto.

Chiedi maggiori informazioni presso la nostra segreteria, (0585 40672) oppure, se già ne conosci uno, recati presso un fisioterapista esperto nella terapia manuale ortopedica.

RIABILITAZIONE PAVIMENTO PELVICO A PHYSIOTHERAPY

RIABILITAZIONE PAVIMENTO PELVICO A PHYSIOTHERAPY

SOLUZIONE RIABILITATIVA PER LA MUSCOLATURA PERINEALE

Cos’è il pavimento pelvico?

Con il termine pavimento pelvico si intendono le strutture muscolo-tendinee che racchiudono il piccolo bacino, che sono da esso delimitate e deputate al sostegno degli organi pelvici quali utero, vescica e retto che si trovano racchiusi proprio nel bacino stesso. Oltre alla funzione di sostegno, questi muscoli sono di fondamentale importanza per il mantenimento di una corretta continenza urinaria e fecale, svolgono un ruolo importante nella sfera sessuale e riproduttiva, nella statica pelvica, intervengono nella biomeccanica di tutto il cingolo pelvico e inoltre il loro corretto funzionamento è indispensabile durante il parto.  

Cos’è la riabilitazione perineale?

La riabilitazione pelvi-perineale è un insieme di metodiche fisioterapiche manuali e strumentali finalizzate a migliorare il tono, la contrattilità e l’elasticità di queste strutture muscolari. Grazie ad un mirato e personalizzato training è possibile imparare a percepire questi muscoli, a migliorare e potenziare le loro competenze con lo scopo di prevenire o correggere le problematiche legate a questo complesso sistema muscolare.

Come per ogni ambito riabilitativo prima di impostare una strategia di trattamento è indispensabile procedere con una valutazione del piano muscolare eseguibile per via endocavitaria; la continenza ad esempio, implica un’integrità del muscolo elevatore dell’ano la cui contrattilità deve essere valutata tramite esame obiettivo.

La valutazione dei muscoli perineali è dunque essenziale per impostare un adeguato trattamento fisioterapico.

Per raggiungere i suoi obiettivi la rieducazione perineale si avvale di diverse tecniche, prima tra tutte l’informazione e spiegazione della zona genito-urinaria-anale e delle strutture muscolari che devono essere allenate. Questo è un punto indispensabile di partenza per rendere cosciente il paziente di questa regione corporea e ciò lo si realizza tramite l’utilizzo di tavole, disegni e modelli anatomici. Un altro pilastro cardine è sicuramente la chinesiterapia che prevede specifici esercizi di allenamento scelti e programmati in base alle potenzialità e capacità di ogni paziente, individuati in modo del tutto personalizzato dal fisioterapista di riferimento. Più del 30% delle donne non è in grado di contrarre correttamente i muscoli del pavimento pelvico (Benvenuti et al 1987, Bø et al 1988,Hesse et al 1990), per questo motivo un altro aiuto importante per conoscere questa zona muscolare su cui il paziente deve lavorare è il biofeedback che, tramite un apposita sonda collegata ad una specifica apparecchiatura, registra l’attività muscolare sottoforma di tracciato ed utilizza segnali uditivi o visivi per aiutare il paziente a prendere coscienza di tale zona.

Altro strumento utilizzabile in quest’ambito riabilitativo è l’elettrostimolazione che determina un aumento del tono muscolare, un miglioramento della percezione dell’attività muscolare, oltre ad avere anche effetto antalgico.

La rieducazione del pavimento pelvico non sarebbe tale se non anche accompagnata da una terapia comportamentale, da una correzione delle cattive abitudini minzionali o defecatorie, da una corretta gestione del proprio corpo nello spazio e del proprio perineo in relazione a sforzi fisici, posture scorrette e a tutte le attività della vita quotidiana.

Quando è consigliata?

La riabilitazione pelvica è il primo step terapeutico, efficace e non invasivo che l’individuo può prendere in considerazione, dal momento che offre grandi vantaggi in molteplici condizioni patologiche quali :                 

– incontinenza urinaria nelle sue forme da stress, da sforzo o mista

– incontinenza fecale

– ipertono muscolare

– iperattività vescicale

– prolasso rettale, uterino e vescicale di 1° e 2° grado

– pre e post chirurgia pelvica

– difficoltà defecatoria quando correlata ad una dissinergia del puborettale

– dolore pelvico

– pre e post parto

– menopausa

A chi è consigliata?

La riabilitazione del pavimento pelvico si rivolge principalmente alle donne nei casi di incontinenza post parto, debolezza muscolare in menopausa, alterazioni della statica pelvica ma non esclusivamente. Alcune condizioni patologiche possono infatti condurre anche l’uomo verso questo tipo di riabilitazione, ad esempio nei casi di incontinenza urinaria e disfunzione erettile legate ad intervento chirurgico di prostatectomia radicale.

La rieducazione perineale non è indicata solamente ad individui con problematiche e sintomi già conclamati, ma anche a tutte quelle donne che vogliono prevenire e non solo curare!

Quando è meglio iniziare?

Il momento migliore per iniziare è adesso!

Quali sono i fattori di rischio per alterazioni pelviche?

– l’età provoca dei cambiamenti strutturali e funzionali delle strutture vescicali, pelviche e del sistema nervoso centrale

– la gravidanza

– il parto per via vaginale, con eventuale lacerazione dei tessuti

– l’obesità

– il fumo di sigaretta

– le infezioni delle vie urinarie

ALCUNE STATISTICHE

” Si calcola che almeno il 20% delle donne affette da disturbi delle basse vie urinarie lamentino  significative limitazioni della vita di relazione “

La prevalenza della incontinenza urinaria nella popolazione femminile raggiunge percentuali pari al 20-30% nella fascia giovanile, al 30-40% nella fascia di mezza età e al 30-50% nella categoria degli anziani “

“Purtroppo per molte donne ammettere di avere questo disturbo è ancora un tabù: solo il 20% delle donne con incontinenza urinaria chiede aiuto al proprio Medico, preferendo chiudersi in casa e limitarsi in ogni attività “

” Il fumo aumenta la prevalenza dei sintomi a carico dell’apparato urinario con un range di 1.5 volte se confrontata ai non fumatori, la diminuzione dell’uso di sigarette fa, perciò diminuire la probabilità di cui sopra “

La causa iatrogena per eccellenza della incontinenza urinaria da sforzo maschile e’ la prostatectomia “

Pazienti con dolore cronico? Sensibilizzazione centrale del dolore

Pazienti con dolore cronico? Sensibilizzazione centrale del dolore

Alcuni pazienti con dolore cronico, inclusi pazienti con dolore persistente al collo, mal di schiena, fibromialgia, sindrome sub acromiale, mal di testa, tendinopatia etcetc mostrano caratteristiche che suggeriscono una sensibilizzazione centrale del dolore (CS), un processo caratterizzato da una ipersensibilità generalizzata del sistema somatosensoriale. Definito come un’amplificazione del segnale neurale a livello del sistema nervoso centrale, questo studio, assieme ad altri, fornisce un’evidenza in supporto di una sensibilizzazione centrale  in pazienti con dolore cronico attraverso l’osservazione di immagini cerabrali, test psicofisici con variati stimoli o studio sul metabolismo cerebrali.

La sensibilizzazione centrale del dolore riflette un aumento delle vie ascendenti del dolore ed un mal funzionamento delle via inibitorie discendenti che esita in una disfunzione del controllo endogeno analgesico.

In più la neuromatrice del dolore è probabile essere iperattiva in pazienti con CS: un incrementata attività è presente nelle aree cerebrali che sono coinvolte nella percezione del dolore acuto e nella sua sensazione, come la corteccia insulare, la corteccia cingolata anteriore e la corteccia pre frontale, ma non la corteccia somatosensoriale primaria e secondaria.

Un’iperattività della neuromatrice comporta inoltre attività cerebrali in regione in genere non coinvolte nella senso percezione del dolore acuto come nuclei cerebrali di cellule staminali, corteccia frontale dorso laterale, e corteccia associativa parietale.

I risultati di ricerche suggeriscono:

  • uno specifico ruolo del tronco encefalico nella mantenimento della CS negli adulti;

  • un aumento a lungo termine di sinapsi neuronali nella corteccia cingolata anteriore, nucleo accumbens, corteccia insulare e corteccia sensomotoria;

  • una diminuzione del neurotrasmettirore acido gammaamminobutirrico(GABA)

Di conseguenza una riabilitazione di un mal di schiena cronico, per esempio, potrebbe suggerire l’utilizzo nella pratica clinica di strumenti che potrebbero invertire l’abnorme funzione cerebrale riducendo l’iperattività del sistema nervoso centrale ed incrementando il volume corticale prefrontale.

Viste le molteplici sfaccettature del dolore cronico suggeriamo quindi l’importanza di un approccio multidisciplinare,  per lo sviluppo di strategia di trattamento di questa alterazione della modulazione centrale del dolore.

Fascite Plantare: esercizi per i running e non solo

Fascite Plantare: esercizi per i running e non solo

La fascite plantare è un’infiammazione che colpisce molti corridori ed è assai limitante nella fase acuta.

Chi di noi ha avuto un esperienza di fascite plantare è consapevole di come sia debilitante e frustante. Ogni mattina è come se dovessimo camminare sui vetri rotti dal dolore che proviamo con i primi movimenti. La prevalenza tra la popolazione generale va dal 3,6% al 7%, con un picco che si avvicina all’8% nei corridori.

Molti studi al riguardo analizzavano trattamenti come la combinazioni di plantari, stretching specifico della fascia plantare ed esercizi. Questi interventi si sono dimostrati efficaci in qualche modo e sappiamo siano superiori rispetto al trattamento placebo. Tuttavia una grande percentuale di pazienti presentava gli stessi sintomi anche due anni dopo la diagnosi.

Tutto questo rappresenta una sfida per noi, medici o fisioterapisti, soprattutto per quei pazienti che manifestano un quadro clinico doloroso da diversi mesi. Quindi la domanda è questa: qual’è o quali sono i trattamenti più efficaci per una fascite plantare?

Cosa molto importante è che ci stiamo rendendo conto che la fascite plantare ha un quadro clinico che assomiglia molto ad una tendinopatia, e di conseguenza un programma basato sulla forza ad alto carico potrebbe produrre gli stessi benefici che si manifestano in una tendinopatia.

Lo scopo di questo studio è stato quello di investigare gli effetti di un programma di forza ad alto carico comparato con un programma di stretching sulla gestione di una fascite plantare.

Sono stati reclutati 48 pazienti a cui è stata diagnosticata, mediante ecografia, una fascite plantare. Sono stati randomizzati in due gruppi:  al primo gruppo sono stati somministrati esercizi di rinforzo ad alto carico mentre al secondo gruppo esercizi di stretching specifico. Inoltre ad entrambi i gruppi è stato consegnato un foglietto illustrativo con consigli sul dolore, sulla gestione della fascite e sulle modifiche delle attività quotidiane.

Il programma di stretching specifico, come mostrato in figura, consisteva in un auto trattamento da parte del paziente direttamente sulla fascia plantare, 10 movimenti, per 10 secondi, almeno 3 volte al giorno.

Il programma di rinforzo ad alto carico invece, come mostrato in figura, consisteva nel sollevare il calcagno, bilateralmente, con un asciugamano arrotolato sotto le dita del piede. Fase concentrica a salire (con entrambi i piedi) e fase eccentrica a scendere ( solo con l’arto doloroso). 3 secondi la durata della fase concentrica, 3 secondi la durata dell’eccentrica e 2 secondi isometria.

Serie: 3 serie da 12 ripetizioni massimali iniziali, per poi aumentare il carico dalla terza settimana(utilizzando uno zaino con dei libri al suo interno) fino ad eseguire 10 ripetizioni massimali. Dopo 4 settimane aumentare ulteriormente il carico con 8 ripetizioni massimali, 5 serie.

Come in figura, eseguire le ripetizioni lentamente.

Questo tipologia di trattamento con esercizi di rinforzo ad alto carico non è affatto un trattamento miracoloso. Tuttavia, può essere la strada verso i trattamenti più efficaci, in termini di riduzione del dolore, per la fascite plantare.

References

  1. Hill CL, Gill TK, Menz HB, Taylor AW. Prevalence and correlates of foot pain in a population-based study: the North West Adelaide health study. J Foot Ankle Res 2008;1(1):2 doi: 10.1186/1757-1146-1-2[published Online First: Epub Date]|.

  2. Dunn JE, Link CL, Felson DT, Crincoli MG, Keysor JJ, McKinlay JB. Prevalence of foot and ankle conditions in a multiethnic community sample of older adults. Am J Epidemiol 2004;159(5):491-8

INFORMAZIONI UTILI PER RUNNERS DI MASSA E CARRARA

INFORMAZIONI UTILI PER RUNNERS DI MASSA E CARRARA

Sei un appassionato di running della Versilia? hai bisogno di migliorare i tuoi risultati attraverso una migliore economia della corsa?

ECCO ALCUNE INFORMAZIONI UTILI PER VOI RUNNERS

Durante la clinica quotidiana ci si ritrova spesso a chiedere a pazienti a cui piace correre lunghe distanze informazioni riguardo al tipo di allenamento effettuato settimanalmente. Ci si sente solitamente rispondere che la resistenza è l’unico parametro che viene allenato.

Si può fare meglio? Si può fare qualcosa veramente semplice che migliora l’economia della corsa?

Senza entrare troppo nel dettaglio dell’allenamento ecco un breve riassunto di una recente meta-analisi [1] riguardo a due modalità efficaci per migliorare l’economia della corsa.

“Explosive Training and Heavy Weight Training are Effective for Improving Running Economy in Endurance Athletes: A Systematic Review and Meta-Analysis”

  • Heavy Weight Training= esercizio che usa ≤10 RIPETIZIONI ed un carico ≥ 70% 1RM (1 ripetizione massima) Un buon esempio è il Single Leg Dumbell Row, il Crossover Lunge with Weights ed il Box Step Ups
  • Explosive Training= esercizio che usa ≤ 40% 1RM eseguendo la fase concentrica più veloce possibile e/o esagerando lo Stretch-Shortening Cycle (movimenti pliometrici).

Questo tipo di allenamento dà beneficio nel giro di 6-8 settimane. Un risultato ancora migliore può essere raggiunto con un periodo di allenamento più lungo.

Sei un paziente con dolori ricorrenti o persistenti durante la tua preparazione? Richiedi maggiori dettagli ad un Fisioterapista specializzato in questo ambito allo 0585 40672. PHYSIOTHERAPY – SPECIALISTI NEL RUNNING

 

Referenze

  1. Denadai, B.S., et al., Explosive Training and Heavy Weight Training are Effective for Improving Running Economy in Endurance Athletes: A Systematic Review and Meta-Analysis. Sports Med, 2016